lunedì 9 giugno 2014

A una processione

Visto dall’alto, l’argento sfavillante della statua di San Matteo sembra un rostro finemente decorato di una nave antica, con la poppa già inghiottita da onde gigantesche di folla in tripudio.
In primissimo piano, subito sotto la prua schiumante calca festante, vi è la classe dirigente ammantata di consenso comunque conquistato. 
Tra solerti benedizioni e sorrisi dispensati a iosa, l’alto prelato serba ancora in bocca il sapore del frutto proibito di Karim. “Sia ringraziato Dio per cotanta goduria del corpo e dello spirito. E poi per le sue labbra, capaci d’elevare l’anima fino alle soglie del Paradiso. Peccato? E perché mai? Le sue cosce, il culo da puledra insaziabile e ancora le zizze sode sono nient’altro che la giusta ricompensa per averla tolta dal marciapiede. Date e vi sarà dato, no?
“Padre, Figlio e… - “guarda chi ci sta, ’sto cornuto del sindaco! Eccolo qui, sorridente come un mongoloide. Ha avuto, ‘sto comunista del cazzo, il coraggio di portare i porci musulmani ad abbeverarsi alle fontane della Curia” - …Spirito Santo.”
“San Matteo mio, lo vuoi fare un vero miracolo invece di startene qui come un…con rispetto parlando… allocco? Ebbene, non appena varchi la soglia del comando della Guardia di Finanza… pure tu eh, che madonna di protetti ti sei scelto!... ebbene, stavo dicendo, appena entri, fammi ‘sta cazzo di cortesia, fai crollare non solo questo ma, contemporaneamente, tutti i comandi in ogni parte d’Italia. ‘Sti bastardi, – saluta calorosamente con la sua mano tozza e corta un manipolo di elettori – per un regalo di cinquantamila euro mi stanno controllando anche quante chiavate mi faccio con quell’altra zoccola di Caterina che continua a spillarmi soldi.”
Munnezza, questo siete! – ciò pensa il Presidente, mentre predica calma ad una selva inferocita di disoccupati che approfittano dei riflettori accesi sulla processione per chiedere un posto di lavoro – Mentre io sgobbavo sui libri, voi che cazzo facevate?Andavate ad ubriacarvi e a mangiare a sbafo nei ristoranti, eh? E quando io passavo i sabato sera a studiare per qualche esame, mi dite voi quante sciammereche vi facevate con quelle puttanelle rimorchiate nei locali? E ancora, voi a fine mese, ciucci di fatica, introiettavate guadagni mentre io invece… sì va bene, mio padre… ma è la stessa cosa, non c’è differenza… dovevo sborsare un bel gruzzoletto per professori sempre più sfondati in corpo.”
A metà processione, la prua della nave è praticamente inghiottita dai marosi. Solo l’erma del povero San Matteo la si vede annaspare disperata, alla ricerca di una sempre più faticosa spiritualità. Al suo capezzale, in posizione defilata, avanza Costantin, il muratore albanese. 
Si porta appresso giornate lavorative di dodici ore alle dipendenze del capofila della processione; una paga di seicento euro al mese; la qualifica di clandestino; quattro fogli di via; cinque figli e una moglie da sfamare. 
Dettaglio del tutto trascurabile: capace, nonostante tutto, di incommensurabili slanci d’amore. 

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