martedì 21 gennaio 2014

Ma lo scrittore?


No, ma, per dire, io ancora non ho capito come si faccia a diventare scrittore. Mi arrovello fino a perdere la proverbiale trebisonda, ma non c'è verso di raccapezzarmi.
Certo, uno mi potrebbe chiedere che cosa io intenda per scrittore. E sarebbe la domanda giusta da fare visto che, dalla notte dei tempi, per voler far parte di una categoria occorre quanto meno averne una visione di insieme, di questa categoria; anche perché, diversamente, non so fino a che punto uno possa sentirsi legittimato, con lo sguardo gemebondo e trasognante, a  sospirare: "Ah, lo scrittore!".
Ebbene, io, per scrittore, intendo un tizio che magari passi la giornata a zonzo, in una città piuttosto che in un'altra, per raccogliere sempre nuovi spunti di riflessione...beh, a pensarci bene, anche il vagabondo fa più o meno la stessa cosa.
Sì, ecco: lo scrittore è chi si sente e si dimostra protagonista e che, come indefettibile corollario di ciò, può dire tutto quello che gli pare perché il suo verbo (soprattutto quello custodito dalla scrittura) è un concentrato di ambrosia e di suggestioni paradisiache...già, me c'è già il politico di turno che si comporta alla stessa maniera.
Calma e gesso. Vediamo un po'...ci sono: per scrittore si può intendere colui che viaggia in una macchinona e che è sempre circondato da femmine sofisticate che si lasciano sedurre dall'arguzia dal suo essere personaggio...nooo, questo è il cantante impasticcato costruito dalla major discografica!
Va bene, accantoniamo per un attimo il problema dell'essere e concentriamoci sull'aspetto del fare.
Che sfaccimma, cioè, di azioni deve compiere lo scrittore per essere definito tale?
Sgomberiamo il campo da un immediato, pernicioso fraintendimento: per diventare scrittore, non necessariamente occorre scrivere bene. Sorpresi? Beh, basta guardare me.
Tutti dicono che le mie "cose" sono egregie, che la caratterizzazione dei personaggi "è la morte mia"; e non basta, perché aggiungono pure che "ho la cultura colta delle parole" (questo, a dire il vero, non è che l'abbia capito benissimo...è una cosa positiva, no?). Ciononostante, a parte qualche piccola soddisfazione editoriale, non c'è l'ho fatta a raggiungere le vette del Parnaso (la vetrina della Feltrinelli, sul corso Vittorio Emanuele); che poi, a dirla tutta, mi farei bastare anche un angolino, magari pure dietro, molto dietro, l'ultimo best seller di Fabio Volo.
Ma non divaghiamo. Quindi, dicevamo, non è condicio sine qua non, per assurgere al rango di scrittore, lo scrivere bene. Che poi, questa affermazione, oltre che dal mio lampante esempio personale (modestia, questa sconosciuta!), viene corroborata anche da quanto si legge su alcuni siti di case editrici: "non è fondamentale saper scrivere in maniera perfetta (i correttori di bozze, altrimenti, che esisterebbero a fare?) quanto, piuttosto, avere cose originali da raccontare".
Ebbene, mi è capitato di leggere storie in cui si pigliavano i classici due piccioni con una fava: far lavorare i correttori di bozze grazie a congiuntivi alla comevieneviene e, contestualmente, intessere trame così originali che nemmeno un marziano tradotto a Saturno potrebbe tessere.
Solo che, anche questa volta, c'è stato il classico buco nell'acqua.
A questo punto, solo et pensoso i più deserti campi (d'asfalto, ndr) vo mesurando a passi tardi et lenti. Mi trovo, come mi capita frequentemente, a osservare la vetrina della libreria sotto casa. Stavolta però, dominato dal demone dell'essenza dello scrittore che continua, imperterrito, a celarsi ai miei occhi pur facendomi sentire la sua pervasiva presenza, guardo quella festa di titoli con rinnovato spirito critico.
Accartoccio le palpebre, sintonizzo la mente.
Un'improvvisa illuminazione connette le mie sinapsi, anche quelle più periferiche.
Le ricette raffinate di miss Odette, Il miracolo della prestidigitazione, Il cuore con le ali appollaiato sul trespolo della mente....
Ecco chi è finalmente lo scrittore: la ragazza che tiene in mano un libercolo di un colore sommesso, che già pregusta la gioia di perdersi in quelle pagine ingrigite per la troppa lontananza dai clangori della vetrine ammiccante.
Ella, infatti, porterà quel romanzo a casa e, in groppa a qualche feconda suggestione letteraria, si nutrirà del distillato di quei caratteri di stampa, fino renderne satolla l'anima. E sarà allora che, inoltratasi nelle lussureggianti praterie dell'immaginazione, avvertirà il bisogno insopprimibile di sedersi davanti al monitor di un pc. Inumidirà i propri polpastrelli con il calore della creazione, e inizierà a scrivere.
Ecco chi è, allora, lo scrittore. E' un fervido sognatore che se ne frega del successo, delle strategie editoriali, dei soldi.
Lo scrittore è un dio di terza classe che si diverte a creare storie e a viverle come se anche quelle degli altri gli appartenessero senza dubbio.
È un affamato ghiottone di anni che non si rassegna a consumare solo quelli che sono apparecchiati sulla sua tavola, divertendosi, così, a spiluccare  anche su quella degli altri
Ordunque, sulla scorta di queste definizioni, posso tranquillamente affermare che anch'io lo sono. Anch'io sono, cioè,...un attimo che recupero lo sguardo gemebondo e trasognante...uno SCRITTORE.

giovedì 9 gennaio 2014

La miopia, ti fa bella la vita

La prima volta, è successo ventitré anni fa.
Era il tempo in cui avrei dovuto avere un rapporto quindicinale con il mio oculista. Ma si sa come vanno certe cose quando ci si inumidisce l'indice con la saliva e lo si struscia sui peli del polpaccio per dimostrare alla bella della scuola che anche noi siamo grandi! Si ha paura, in buona sostanza, di peggiorare una situazione che già di per sé è sminuente.
Insomma, proprio non volevo ammettere che, ancora un volta, le mie lenti già colpevolmente spesse, non riuscivano a focalizzare con nitidezza chi avesse bussato al citofono. E allora, puntualmente, mi ripromettevo di smettere di leggere di notte, alla fioca luce dell'abat-jour; così come di praticare quell'attività forsennata che da più parti veniva considerata deleteria per la vista.
Ora, se al primo proposito riuscivo a tenere fede cercando di recuperare nelle ore di religione, per quanto riguarda il secondo...beh, diciamo che, malgrado l'impegno profuso rafforzato financo dalla convinzione che si trattasse di pratica "sporca" e "infernale", non sono riuscito propriamente a portarlo a termine. D'altronde, provateci voi a silenziare una voce quando l'ugola ha uno sfrenato bisogno di ballare il tuca-tuca! 
Comunque stiano le cose, sta di fatto che la mia miopia la iniziai ad apprezzare proprio quel ventotto dicembre di ventitré anni fa.
Una serata di giochi natalizi qualsiasi, almeno nelle premesse e fino a quando non si decise di giocare all'immarcescibile "gioco della bottiglia".
Un giro, tre giri, cinque giri: il collo della bottiglia si ferma a filo della mia sagoma.
L'azione è il baciare.
Le mie labbra ingorde sono già su quelle turgide di Angela che sicuramente avranno il potere di fermare la bottiglia proprio su di lei.
Un giro, tre giri, cinque giri: a volte la morte si sconta vivendo.
Carla è lì ad attendere il responso della sorte beffarda.
Chi è Carla Dell'Oglio? All'epoca (non l'ho più rivista e non posso apprezzarne "gli sviluppi"), un bulldog con il fermacapelli.
I debiti di gioco, però, vanno onorati, costi quel che costi.
Marco, più avvezzo alle pratiche adolescenziali, m'invita, con il sorriso "sfottitore" ancora sulle labbra, a togliermi gli occhiali per baciare meglio.
Ormai incapace di decidere alcunché dopo il ferale responso, seguo il suo consiglio.
Miracolo! Portento!
Vedo i contorni fumosi di Carla prendere a friggere come le patatine nell'olio. E' materia cangiante prona al mio volere.
Felicemente stupito, inizio a lavorare a ritagliare il suo profilo e, con maestria degna di miglior sorte, a divellerlo dai suoi stomachevoli confini e a sostituirlo con quello della celeste Angela.
Un lavoro di mastro d'opira fina.
Il bacio, grazie alla mia immaginifica miopia, è stato, stando ben attento a non aprire gli occhi nel momento in cui infrangevo la copertura delle mie diottrie appannate, il più bello della mia vita.
Ora, a distanza di ventitré anni, divenuto più esigente, quando voglio modificare qualcosa di brutto, mi tolgo gli occhiali e inizio il lavorio di cesello.
Lenti a contatto permettendo, ovviamente.


lunedì 30 dicembre 2013

(discorso alcolico su) Il Tempo, il consumo e Ungaretti


Nella notte dei tempi, il Tempo scorreva anonimo. La Misura, difatti, non era ancora stata inventata perché sul globo terracqueo non era discesa, con le sue manie ordinatrici, la Mente. E anche quando l'uomo, custode spesso ignaro della Mente, si affacciò sul palcoscenico della vita...ebbene, anche allora, il principio vitale venne ravvisato in elementi che nulla concedevano alla Misura. E quindi, l'Acqua, l'Aria.
Il primo embrione che invece fece presagire un cambio di rotta, fu l' "apeiron" di Anassimandro. Oddio, non che prima non si fosse diviso il Tempo in frazioni più o meno lunghe; anche perché, se così non fosse, sarebbe stata, per certi versi, addirittura impossibile la vita, in special modo quella "relazionale". Ergo, la Misura, la scansione temporale è nata con l'uomo. Solo che, a quel tempo, ancora era legata, solo ed esclusivamente, al campo della necessità.
Poi venne Anassagora con il suo "Nous" (la Mente, per l'appunto) e si aprì il vaso di Pandora del tempo inteso anche come orpello; alla stregua, cioè, di porzioni di durata da sfruttare per scadenzare pure i momenti non strettamente legati al necesse est.
Cibo della Mente, infatti, non può e non deve essere solo il binario troppo spesso monotono del dovere ma anche il firticchio della passione, del passatempo, del piacere slegato dai dogmi della quotidianità.
E quindi eccoci, attraverso un volo pindarico di secoli e secoli, arrivare alla disamina, ancora seriosa, del Tempo da parte di Sant'Agostino: "Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell'anima ('distensio animi'). Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un'istante inesistente di separazione tra passato e futuro."
Poi sul proscenio della Storia ci siamo affacciati noi che abbiamo iniziato ad appioppare ad una data sì, e all'altra pure, la misura confacente al nostro animo aggiogato al demone del Consumo. Ed ecco, quindi, l'Armani per capodanno, il Lindt per l'Epifania, il Versace per San Valentino,  la 1a Classe per Pasqua, il Sony per Natale. Senza contare, ovviamente, le strenne di denominazione varia per i compleanni, gli onomastici, gli anniversari e compagnia cantando.
Tutto buono, tutto giusto. Tutto intrinsecamente commisurato e valutato sulla scorta della nostra capacità di consumo, con buona pace di Marx e sodali.
(E con questo...ih...siamo al quarto calice di Ferrari).
Come concludo...ih....?
Ah, già, ecco:tanti auguri di un megagalattico capodanno con l'unico...ih....avvertimento di non "consumare" tutto il capitale. Tra poco, infatti, tra capo e collo ci arriverà la befana, poi S. Valentino, poi....hi,hi....insomma, il Tempo chiederà il tributo di altre misurazioni a cui non possiamo per nulla al mondo sottrarci.
Felice...hi...anno nuovo!

NATALE

di Giuseppe Ungaretti



Non ho voglia

di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Napoli, il 26 dicembre 1916

venerdì 27 dicembre 2013

Nascere il 04 gennaio


Parafrasando il titolo di un libro…:“nato il 04 gennaio”!

Troppo tardi per lasciarsi rapire dai festoni natalizi, troppo presto per capire che, ancora una volta, bisogna riprendere la mano. Fuori tempo per credere ad una rinascita, appena in tempo per capire che un’altra illusione si è infranta.

Nascere il 04 gennaio è una scorpacciata di regali che ti piovono addosso senza soluzione di continuità, che non ti lasciano il tempo di apprezzarli e che quando sei nell’animo giusto per farlo, proprio allora…blitz, ecco che sono bell’e svaniti.

Chi compie gli anni in questi giorni, è abbacinato da troppo “lume di chiesa” per credere veramente in un’alterità, da troppa officina dell’animo per illudersi ancora che qualche “sol dell’avvenire” ce la faccia a nutrire le appassite speranze.

Il 04 gennaio non è una data. E’ una frontiera troppo vicina al divino e al magico ma troppo distante dai rigori ferrosi di un impegno serio.

Compiere gli anni il 04 gennaio vuol dire guardare al futuro troppo lontano, con la zavorra di un passato troppo presente per dimenticarsene del tutto.

Nascere il 04 gennaio, insomma, è un bel problema e io…”lo nacqui”.

Auguri!   

mercoledì 11 dicembre 2013

Intercettazione di 2 particelle inquinanti nella Terra dei Fuochi.



A:<È la quarta volta che te lo ripeto, ma tu…>


B:<Sì, ma che posso fare?>

A:<E beh, a pensarci bene, semplici sostanze inquinanti siamo, mica possiamo decidere noi la destinazione?!>

B:<Per questo ti dicevo. Anche se il faccendiere napoletano…>

A:<Bingo!>

B:<Già, è venuto pure su in Trentino, non solo alla Per.Co., ma pure alla La.To. S.p.A.>

A:<Ah,ah,ah, lasciami indovinare:all’udire la somma che avrebbe risparmiato nello stoccaggio se solo avesse firmato il contratto, il dottor Giacchetti…ah,ah,ah, già me lo vedo con i polpastrelli sudaticci per l’emozione…oddio, che risate…>

B:<Eh,eh,eh. Quindi, se tanto mi dà tanto…>

A:<Oh, stanne pur certo, amico mio:anche tu e la tua famiglia farete parte degli eletti; pure a voi toccherà in sorte il privilegio di avere un ruolo da protagonisti nella contaminazione della Campania Felix.>


B:<Amen!>

A:<Sicuro come la morte. La presenza dell’avvocato napoletano è il passepartout per la mitica Terra dei Fuochi….tatààààààààà. Te l’avevo detto, no?>


B:<Sì, sì, solo che abituato a quei quattro trogloditi che a spiaccicare una parola d’italiano…!>

A:<Eh, bello mio:trattasi di rivoluzione copernicana. Si è passati dal guappo con la testa di Gesù Cristo affondata nella peluria del petto…>

B:<…all’avvocato con la cravatta di Marinella di un blu appena accennato.>

A:<Ah, vedo che stai già studiando gli usi e costumi, eh?>

B:<Eh,eh,eh, sai com’è, il desiderio di contaminare il paese del sole e del mare è tanto che…a proposito, ma davvero è una terra così bella questa in cui tu e i tuoi sgherri avete messo radice?>

A:<Porca puttana!>

B:<Che è stato?>

A:<Senti, patti chiari e amicizia lunga. Sono disposto a dirti tutto, ma ad una sola condizione: non usare più il termine "radice" con me, ok?>

B:<Ma…>

A:<Vuoi che ti descriva il posto o no?>

B:<Va bene.>

A:<Ecco. Io sono intombato qui, a poca distanza dal mare. Alla mia destra, c’è una distesa sterminata di campo di pomodori. A sinistra, diversi appezzamenti di terreni coltivati alcuni a zucchine, altri a broccoli, altri ancora a insalata. Ad una spanna dal mio capo, poi, l’aranceto.>

B:<Le Bucoliche!>

A:<E non è tutto. Ogni tanto, in particolari condizioni climatiche, anche da qui sotto riesco a sentire l’afrore d’o mare…>


B:<Romanticone! Ma non è che mi ti stai diventando un po’ troppo smielato?>

A:<Già, proprio come la diossina al cospetto di una masnada di corpi pronti ad ospitarne l’essenza…ahahahaha.>

B:<Che meraviglioso figlio di puttana! Ma sto’ fatto della radice?>

A:<Ahhhhhhhhh!>

B:<Dai, sono o non sono il tuo compare di contaminazioni?>

A:<Non puoi capire quanto solo parlarne mi dia sui nervi!>

B:<Suvvia!>

A:<Ma no perché è proprio ‘sta fottutissima radice di quercia, che non secchi in questo stesso momento, che impedisce alla nostra colonia di arrivare alle falde acquifere.>

B:<Addirittura?>

A:<Già. Hai voglia di sforzarci a sprigionare tutto il nostro potenziale inquinante. Niente da fare. E, se proprio t’interessa saperlo, è da lei che sento ‘ste cazzate del mare, del sole e via dicendo.>

B:<Ih,ih,ih, lo dicevo io che la cosa puzzava!>

A:<Eh, ci vorrebbe solo….>

B:<Ma che è sto’ rumore?>

A:<Aspe’…sì, sì, vai. Ancora. Di più. Urrà!>

B:<Caspita…>

A:<Che goduria, mi sa che con quest’ultimo carico…>

B:<Ma ancora scaricano?>

A:<È il terzo sversamento da stanotte alle due.>

B:<Eddai, speriamo che anch’io ti possa venire al più presto a darti una mano.>

A:<La dobbiamo bruciare fin nelle nervature più profonde, ‘sta zoccola di quercia.>

B:<E una volta raggiunta la falda acquifera….>

A:<Zitto. A parlarne, le cose belle non si avverano.>

B:<E allora non diciamo niente! Si sta così bene nel corpo dei napoletani!>

A:<Peccato il soggiorno duri troppo poco.>

venerdì 22 novembre 2013

Vincenzo De Luca e le facce di San Matteo

La Preistoria è stata divisa in ere geologiche. La Storia, almeno fino all’Epoca Moderna, in secoli.
In seguito, si è iniziato a percepire in maniera meno lunga questo arco di tempo fino a parlare, per quanto riguarda quello scorso, di "secolo breve".La chiave interpretativa dei fatidici 100 anni è data da un acronimo. O meglio, da due: “a.C.” (avanti Cristo)” e “d.C.”(dopo Cristo).
Per la ridente (mi si passi l’aggettivo scontato) cittadina di Salerno, oltre, ovviamente, a questa summa divisio, ve n’è un’altra. Per l’esattezza, da circa una ventina di anni, “a.D.L.” e “d.D.L” (da non confondere, quest’ultimo, con il d.d.l. disegno di legge).
Qual è questa divinità così potente da addirittura mettersi in competizione con il Cristo? Semplice, Vincenzo De Luca. Esagerazione? Venite a farvi un giro il 21 settembre alla processione di San Matteo, santo patrono  della città campana!
Il giovane compagno “Vicienz’”, con alle spalle la fiammante falce e martello della cospirativa sezione, abbaiava come un ossesso contro le magagne del governo cittadino; poi, si sa, la responsabilità imborghesisce, il fervore si prende la patente di diplomazia.
Da Masaniello (per carità, però, non lo apostrofate mai in maniera da ricordargli l’odiata Napoli), duro e puro, alla carica di vicesindaco.
Che insinuate? Ciucci: la rivoluzione del Sol dell’Avvenire si può portare avanti, oltre che dall’esterno (e parliamo di ribellione) anche dall’interno del Sistema (sovversione).
Da vice a Sindaco, il passo è stato breve.
In estrema sintesi, lungo l’arco di un ventennio…sì, proprio ventennio, embe’?...dicevo, lungo l’arco di un ventennio, abbiamo avuto le seguenti metamorfosi (ndr, non si segue, nell'elenco, un rigido ordine di successione cronologica), tutte cristallizzate dal soprannome via via appioppato all’illustre concittadino: 1) “Vicienz’ ‘a funtana”: il De Luca della realizzazione dei lussureggianti giardini, dell’abbellimento dell’arredo urbano, del recupero delle aree dismesse,  della rivendicazione dell’Orgoglio Salernitano in contrasto con il “napolicentrismo”; 2) “Vicienz’ Frullino battito d’ali”: il moralizzatore che ogni venerdì, su un’emittente gemella di TeleKabul, digrigna improperi e invettive contro i cafoni che insozzano la città con scritte, per l’appunto, del tipo “Frullino sei il mio battito d’ali”; 3) “Vicienzo ‘e sicchie”: il sindaco riciclone che ha avuto il merito  di portare ad una apprezzabilissima percentuale la raccolta differenziata in città; 4) "Vicenz' e 'e figli delle chiancarelle", come, con spocchia sprezzante, il Nostro definisce tutti coloro che sono refrattari alle magnifiche sorti e progressive dei suoi ripetuti "miracoli" amministrativi; 5) “Vicienz’ ‘o pinguino”: l’ideatore delle luci di artista che attirano folle entusiaste di turisti da ogni parte d’Italia e d’Europa;
In conclusione, ma chi è Vincenzo De Luca?
Come tutte le persone complesse, è uno spettro a diverse tinte, a volte anche l’un contro l’altre armate. Per intenderci, e a solo fine esemplificativo: è il realizzatore del Parco Mercatello, della Villa Comunale, del Parco Pinocchio/Valle dell’irno (…) ma è anche colui che si ostina a concepire la grande opera solo come un agglomerato di cemento capace di immortalare la grandeur salernitana.
E’ un politico con uno spiccato senso dell'etica quando si tratta di pontificare sul cursus honorum degli altri politici, ma è anche quello che sguazza nell’incompatibilità di due funzioni di per sé inconciliabili.
E’ un convinto democratico quando parla (il fine dicitore) in tv, ma poi ama circondarsi, nelle cariche importanti e che potrebbero costituire un contraltare al suo dominio, di mezze calzette che mai potranno succedergli o, almeno, mettergli i bastoni tra le ruote.
E’ un fervido difensore della legalità salvo essere indagato per diversi e vari reati.
E' l'artefice del "centro" rutilante ma anche il gestore pavido e balbuziente delle periferie trascurate.
In conclusione, una domanda: ma non è che De Luca riscuote tanto successo a Salerno (ogni volta che si presenta in qualche elezione, sono pronte per lui percentuali bulgare bramose di tributargli preferenze) proprio perché, come e più del suo patrono (che ne ha solo due), anche il sindaco è dotato di un buon armamentario di “facce”?





 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




martedì 12 novembre 2013

La Vecchia Signora bastona e la Nocerina s'infortuna

Bianco-Nero, Bianco...Nero, Nero?
Sabato, cinque minuti prima della partita. Il borbonico piagnone, sporco (lo gridano pure loro, no?), con l'atavico, strisciante senso d'inferiorità, se ne sta davanti al televisore, pregustando il riscatto.
Llorente che segna in fuorigioco ("e ti pareva, non potendoci superare in bravura, ricorrono, com'è loro tradizione, alle ruberie...rubentini!!), sarà solo il pretesto per dimostrarci ancora più violenti nella reazione ("teutonico, m'hai provocato? E io me te magno").
Una magaria di Pirlo e una staffilata di Progba, interrompono la metamorfosi. Quella da borbonico piagnone, con il senso d'inferiorità incorporato, a borbonico che mette sotto il giogo dello "scuorno" la Vecchia, con il culo alla fossa, Signora. E come se non bastasse, si ritorna pure ad essere sporchi, perchè la rivendicazione sul primo bidet ("strano oggetto a forma di chitarra" per i “Savoiardi”) installato nella Reggia di Caserta, non ha più diritto di essere fatta.
Si è perdenti, e ancora una volta non si a diritto di replica.
Il giorno dopo, a Napoli sconfitto, una testata giornalistica campana apre con il dilemma della Terra dei Fuochi.
Ma vuoi vedere che la bastonata della Vecchia Signora potrebbe essere addirittura salutare per la risoluzione degli atavici (quelli sì) problemi della (fu) Campania felix?
Oddio, almeno fino al prossimo big-match, s’intende.
 
Rosso-Nero, Rosso…Nero, Nero!!
In Lega Pro, La Nocerina abbandona lo Stadio “Arechi” di Salerno. “’O fatto è chist’, statemi a sentire”: i “Molossi”, come molto opportunamente vengono definiti i giocatori della compagine rosso-nera, per scongiurare le mazzate promessegli a piene mani da un manipolo di ultrà (la rima con “quaquaraquà” sorge spontanea)  nel caso avessero disputato la partita senza la loro eccellentissima presenza, decidono di anticipare (figata!) le conseguenze di quelle mazzate. Ed è un florilegio di infortuni da cinema muto di Chaplin. Fino a quando l’arbitro si vede costretto a interrompere la partita perché la Nocerina è  rimasta con un numero talmente esiguo di molossi in campo che pure un Chihuahua avrebbe potuto mettegli paura.
Una sola cosa, seriamente. Questi giocatori dovrebbero vergognarsi perché, dall’alto della loro “fama”, dei loro soldi (elementi, questi, che gli avrebbero sicuramente assicurato l’incolumità e, comunque, nel caso peggiore, una protezione degna di un capo di Stato) hanno fatto passare il messaggio che pure il teppistello più sprovveduto può condizionarli. Con l’ovvia conseguenza che tutti saremo portati a pensare, ancora una volta, che il calcio fatto da codesta genia di ignorantucoli arricchiti, può e/o potrà tradire, per l'ennesima volta, la passione di milioni di bambini.
Vergogna!