martedì 17 febbraio 2015

Festival archiviato: ma i testi delle canzoni?

Pensate che dopo una settimana di Festival nazional-popolare ne possiamo avere abbastanza?

Anch’io. Solo che, “tagliato” con le “sostanze” più disparate (dal glamour all’antropologia), non vedo perché solo io debba esimermi dal compito di dire la mia in proposito. E quindi, dall’alto del nostro appuntamento di letteratura e dintorni del martedì, mi accingo ad analizzare, sotto il mio particulare punto di vista, l’appena concluso festival di Sanremo.

Pronti, via.

Basta spendere i canonici dieci minuti per leggere tutti i testi delle canzoni in gara, però, che il “mi ci provo” delle intenzioni auliche, lascia il passo al “mi ci impicco” delle constatazioni avvilenti: anche utilizzando la manica più larga che posseggo in dotazione, infatti, scorgo ben poco all’orizzonte.

Le uniche canzoni del Festival che lasciano trasparire qualche frase almeno non banale (ed è tutto grasso che cola… o tempora…!) sono Sogni Infranti di Gianluca Grignani, Vita d’inferno di Biggio-Mandelli, Oggi ti parlo così di Moreno, Io sono una finestra di Di Michele-Coruzzi, Adesso e qui (nostalgico presente) di Malika Ayane (vincitrice del Premio della Critica), Che giorno è? di Marco Masini.

Orbene, sia chiaro: niente di sotto lo sguardo vitreo/dei bicchieri di boemia di Paolo Conte (frase che avrebbe fatto gridare al miracolo, specie in un Festival da “diabete autoreferenziale a go-go” come questo appena passato), ma nemmeno di porta la mia vita a correre da qualche parte/stancala, by Mario Venuti di appena qualche Sanremo fa. Insomma, niente di tutto questo. E, ovviamente, rispetto a sì elevate vette di pensiero trasfuso in canzone, tutto il resto non può essere nient’altro che noia. Ma tant’è. Ci sono volte nella vita in cui bisogna fare le nozze coi fichi secchi.

Ed ecco, allora, che ci dobbiamo accontentare di: i ragni fanno i nidi sulle tue rovine come su un ramo, di Gianluca Grignani “fiori del male-Baudelaire“; si soffre come ai tempi degli antichi, ma in un modo più moderno, dei Soliti Idioti (!) “stoici alla Seneca di è l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi“; è la passione il pass per arrivare al cuore e tenerlo vivo come un bypass, di Moreno “Medicina 33“; crisalide perenne costretta in mezzo al guado, di Di Michele-Coruzzi “al limitar di gioventù salivi; silenzi per cena, di Malika Ayane “ioperlamiastradatuperlatua”.

Infine, tra le frasi “laureate” del Festival di Sanremo 2015, non si può non menzionare lo Smettila di smettere del pur bravo Marco Masini “Baricco girato a prestito da Renzi“. Lontani i tempi in cui il toscanaccio della musica italiana addirittura coniava un neologismo (Malinconoia) che veniva riportato paro paro nel dizionario Devoto-Oli.

Altri tempi, quelli. Altri Festival.

Era un mondo adulto: si sbagliava da professionisti (Paolo Conte).

P.S. Significherà qualcosa che il Maestro Conte ha sempre preferito il Premio Tenco al Festival di Sanremo? Temo di sì.


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