Leggere il Montalbano di Camilleri, magari uno degli ultimi come in questo caso, ha il sapore del ritorno a casa.
E sì perché, dopo un più o meno lungo viaggio tra le pagine di altri libri, dopo essere stati catafottuti in anfratti claustrofobici o, di converso, in esangui pozze di impressioni e suggestioni altre, l'approdo (l'ennesimo) a Vigata, sullo scoglio chiatto proprio sotto il faro dove Montalbano si fa la passiata (un pedi leva e l'autro metti) appena soddisfatto il pititto lupigno con pasta al nivuro di siccia, triglie allo scoglio e frittura di calamaretti, ha il fascino della strada che sa di bucato e ragù dopo un anno di Fifth Avenue.
Questo Montalbano di Camilleri, assugliato dalle vicchicaglie del tempo, riesce ancora una volta, come nelle migliori pillicole 'mericane, a venire a capo di una storia dove tutto sembra trovarsi in un posto diverso, scangiato, rispetto a quello indovi le cose stesse si dovrebbero attrovari: la giostra degli scambi, per l'appunto.
Eppure, malgrado, nell'ordine, il tiatro di ben tre sequestri di persona messi in scena senza torcere un capello (almeno nei primi due) e senza rubare niente alle malcapitate di turno; nonostante la farfanteria della scenografia pure apparecchiata di una possibile rivalsa contro gli istituti di credito; a dispetto dell'aver individuato (troppo presto, per gli scafati lettori del Camilleri-Montalbano) il puparo dell'opira dei pupi, il commissario Montalbano si arritrova, alla fine della giostra, di pirsona pirsonalmenti come direbbe Catarella, di fronte all'eterno guazzabuglio dal quale prende le fattezze ogni assassino e, soprattutto, ogni movente delle storie di Camilleri: l'abisso, insondabile e imprescindibile, dell'animo umano. A ben vedere, topos, quest'ultimo, praticamente incontrato in ogni indagine di Montalbano ma che adesso, ancora di più (ed eccola, la metabolizzazione della vecchiezza), affascina e arricchisce in primisi il commissario, in secunnisi il lettore.
A Camilleri occorre il saltafosso, il trucco per avere la confessione finale. E' indispensabile, però, scegliere il momento giusto, il fiat passato il quale non ci sarebbe soluzione alcuna perché, perso quello, movente e assassino scomparirebbero in un vidiri e svidiri.
<Ora!> disse a se stisso il commissario. <Ora che si sta rilassanno, ora che si senti fora periglio, ora che ha abbasciato le difise...>
In alcuni punti più farraginoso di altri libri di Camilleri incentrati sulla figura del commissario Montalbano, La giostra degli scambi è il romanzo del rovello interiore del protagonista (testimoniato anche da un utilizzo più diffuso del dialetto), alle prese con un'età che non gli consente più la notatina dalla spiaggia di Marinella alle setti di matina ma che, in fondo in fondo, lo appaga per la sempre maggiore 'spirienza circa l'animo delle persone e le cose del mondo.
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