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Il librivendolo pazzo di Polla

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  Ci sono diversi modi per incoraggiare la lettura, specie nei bambini. Lo si può fare scrivendo storie con accuratezza e onestà intellettuale; ma anche pubblicando libri ben scritti a prescindere dalla fama dello scrittore di turno, troppo spesso acquisita per altri meriti. Ci sarebbero poi le politiche messe in campo dai diversi livelli istituzionali (?), così come il ruolo imprenscindibile dei maestri e degli insegnanti. Poi ci sono i librai che, indipendenti o “griffati”, non si limitano a impilare libri nelle scansie, ma li cullano gelosamente in attesa del giusto destinatario. Alla fine della catena o all’inzio, fate un po’ come vi pare, c’è…un pazzo. Sì, proprio così, un mentecatto che, inchiavardato nella sua “Ex libris cafè” di Polla, a distanza quindi siderale dagli snodi letterari che contano, non perde giorno che non se ne inventi una per raggiungere lo scopo: portare libri in ogni casa, alleggerire gli occhi (soprattutto dei bambini) dallo sproposito del display per ...

L'ingegnera che sapeva scrivere

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  «No, Vince’, non è proprio possibile. Io domattina, la prima cosa che faccio, è chiederglielo.» Il “domattina” per telefono è diventato l’“oggi” dell’udienza. Provo a dissuaderlo per l’ultima volta, ripetendogli come non ci sia scritto da nessuna parte che un ingegnere non possa saper scrivere bene in italiano. «Ancora, Vince’? Da che mondo è mondo,» - precisa uno stizzito Gaetano - «gli ingegneri, i chimici…sì, insomma, tutti i tecnici, fanno a cazzotti con la grammatica e la sintassi un giorno sì e l’altro e l’altro pure; a meno che…Ingegnere, mi scusi» - il tecnico in questione, nonostante la mascherina che le lascia una fisiologica zona d’ombra sul volto, si rivela di una conturbante avvenenza. «…» - deglutisce Gaetano, provando ad approntare una qualche difesa a quella che mi appare fin da subito come “un cavallo, un gatto, un'ondata di mare nordico al sole”. «Ingegnera, prego. Mi dica, avvocato.» La baldanza di un minuto prima del mio amico-collega si aggrovig...

Tra precauzioni e rischio zero

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  Diciamocela tutta, il Covid 19 continua a gettarci in uno stato di prostrazione profonda perché ha minato le nostre sicurezze. I progressi della ricerca, il benessere sociale, infatti, ci avevano persuasi che l’unico pericolo per la sopravvivenza dell’uomo potesse venire da un attacco esterno (guerre, terremoti, terrorismo). Questo non significa, beninteso, che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, non abbia dovuto fare i conti con qualche virus. Ricordo ancora con terrore, ad esempio, le lacrime di Pinuccio alla guida del Sì Piaggio trasportate dal vento nelle mie pupille che gli guardavano la schiena (“Sono perduto, mi ha mischiato sicuramente l’Aids!”). Eppure, dopo una prima fase irrazionale che materializzava untori a ogni angolo di strada, subentrava la consapevolezza che, evitando certi comportamenti a rischio, si era pressoché sicuri di scamparla: “Non mi drogo, non vado con gli omosessuali…a parte Giuseppina in odor di santità, non conosco altra donna, evito aghi e...

La capsula del congedo

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Prendersi un Tanto che a volte, quando ci troviamo al cospetto di chi ci dice che non prende caffè, restiamo contrariati per lo scarso acume dell’interlocutore che rifiuta la nostra offerta-richiesta di tempo. Che dietro il caffè ci fosse innanzitutto un pretesto per la discussione , il confronto , lo dimostra anche la volontà di Pietro Verri di chiamare il suo periodico proprio così, “Il Caffè”, per l’appunto. Bene. Se tutto questo è vero, è altrettanto vero che se m’inviti a casa tua e anziché servirti della moka con i suoi canonici cinque minuti “mentre esce il caffè”, fai ricorso alle capsule istantanee , probabilmente non hai tempo/voglia da dedicarmi nonostante l’invito. Vuoi mettere l’attesa del borbottio della caffettiera riempita da premesse di confronto con l’ “ecco qua” di una bevanda che prima di essere pensata già è pronta per il consumo? “Tutta n’ata storia”, direbbe il rimpianto Pino Daniele . Senza contare che il caffè preparato con capsule, nell’ordine: ...

Il mare risarcito

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L’ultimo bagno nel mare di Salerno , l’ho fatto a diciassette anni. Poi l’avvistamento di una blatta che ratta s’infratta nel chiavicone insieme al ferro arruginito che per poco non mi “spertusava” il piede, mi hanno fatto esclamare: “ Mai più !”; non prima, ovviamente, di aver mandato giù un bestemmione che solo la distrazione del buon Dio mi ha impedito di espiare con la dannazione eterna. Da qual momento, ho preferito la faticosa qualità alla comoda quantità: piuttosto che andare al mare tutti i giorni e scialarmela tra Se a tutto questo ci aggiungi la nervatura che inevitabilmente monta per il viaggio in queste condizioni e il Sabato scorso, però, “ e che cazzo!”, e giù l’ennesimo bestemmione (ancora una volta il buon Dio, per consentirmi di riportare il motivo di tanta rabbia, dev’essersi distratto): dopo il bagno ricco di tutte gli appesantimenti di cui sopra, nessuno escluso, mi dirigo, stanco ma soddisfatto, alla macchina. Mi blocco: No, stavolta no, non ho bestemmiato....