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Visualizzazione dei post con l'etichetta Giovi

Giovi, la strada per il parto

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C’è una strada, a Giovi . Oddio, detta così la cosa, sembrerebbe che ce ne fosse solo una, di strada a Giovi.   E invece no. Quello che voglio dire, è che c’è una strada in particolare, a Giovi: quella che si snoda tra l’unico ufficio postale di Piegolelle e l’ultima curva panoramica di Bottiglieri . Ebbene, questa strada è un unicum per tutta Salerno . È si asfaltata, ci mancherebbe, ma lo strato di asfalto presenta, in ordine sparso, fossi, balze, crateri, dislivelli, gobbe, pantani, grattugie bituminose. Il tutto, manco a dirlo, amalgamato dalle bestemmie più o meno peccaminose di chi si trova a percorrerla. Eppure, da circa un mese, anche questa strada ha trovato la sua ragion d’essere. Dopo infatti che gli autisti, i ciclisti, i cinghialotti multistrato del footing hanno rotto, nell’ordine, semiassi, ruote e caviglie, a Marcovaldo il tabaccaio si è accesa la lampadina. Come tutte le cose destinate a cambiare il mondo, l’idea è nata per caso “Tu vuoi favorire le co...

Giovi all'acqua pazza

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Probabilmente sarebbe bastato che l’automedica si fosse parcheggiata di fronte al civico 88 un minuto dopo il passaggio del pullman. E invece, proprio in contemporanea, l’automedica inchioda e il funzionario dell’Asl in tuta lunare è già col dito sul citofono. Dai finestroni del bus, quindici paia di occhi sgranati intessono collegamenti ostinati tra la croce rossa sullo sportello dell’automedica e il civico 88, tra il civico 88 e la croce rossa. Finché la voce occupante il sedile in fondo a destra non sentenzia: “È la figlia di Cosimo ‘o tratturista. Il virus l’ha presa.” Il tempo per l’autobus di arrivare all’ultima fermata di Giovi , che sono stati allertati proprio tutti: dal conestabile Bentivoglia “senza il qual non si move foglia”, al monumentale Cicciotto, il mastino di Ciccillo ‘o bllillo. Qualche bene informato racconterà poi che l’abnorme e contestuale traffico telefonico tra l’avvistamento dell’automedica e il fine corsa del bus, abbia shakerato la mente dei mosc...

Il mandarino della devozione

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Il grado di maturazione del frutto ha scelto il suo raccoglitore. Mi sarebbe bastato accontentarmi di arance meno aspre per avere la comodità di riceverle a casa senza pagar pegno. E invece, quest’anno, ho deciso di piantare i piedi per terra. Voglio fare incetta di spremute e allora…«le vuoi “arraggiate”come il fiele? E vai va’, vattele a raccogliere tu!». È troppo tardi per raggiungere un compromesso. Il guanto di sfida è stato lanciato. Eccomi qui, quindi, in precario equilibrio sullo scaletto, mentre riempio le due cassette più che sufficienti a raccogliere la provvista di quest’anno. Nonostante il vento freddo che, a tratti, mi puntella i lembi del giubbotto sui rami con cristalli acuminati di gelo, il lavoro è ormai giunto al termine: zac, e altre due arance alla mia sinistra guadagnano il fondo della cassetta; zic, e pure il frutto qui a destra collassa tramortito nel contenitore ben posizionato a intercettarne la caduta. Mi guardo intorno. Porto, infine, lo sg...

Dalla Libia a Giovi

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In Libia , ma potrebbe essere in qualsiasi altro posto del mondo. Io so che tu non dirai di più. Tu sai che io non chiederò altro. Le missioni militari e la sensibilità dell’amico c’impongono la consegna del silenzio. E nelle sporadiche dirette whatsapp, tra gli equilibrismi di Al Sarraj , l’invito a cena appena torni a Giovi, gli appetiti di Erdogan , il provino di calcio di tuo figlio, si arriva al consueto, divertito punto morto: “sei il solito comunista.” Un altro paio di minuti in cui tu mi rinfacci di aver comunque fatto il militare e io che giustifico la mia naja con un improbabile soldato alla Thomas Sankara , che il tempo ci porta sottobraccio verso l’arrivederci. Ormai ho imparato a riconoscere tutte le gradazioni dei tuoi silenzi. Ora, per esempio, ti sei zittito non appena hai accennato all’ultimo incontro con la popolazione locale. Io ho capito. La tua pausa trasuda rispetto per la dignità di quella povera gente martoriata. Taccio anch’io, ristabilendo quel...

La fontanella che brucia

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La fontanella del paese ha segnato la mia infanzia. Più precisamente, è stato un accadimento che l’avrebbe dovuta riguardare, a marcare a caratteri di fuoco la mia esistenza; quella stessa esistenza che, in seguito e in conseguenza di tale, presunto evento, sarebbe stata rischiarata dalla logica e poi, finalmente, dal ragionamento. A cosa mi riferisco? Al suo incendio. Sì, insomma, al dispiegamento di lingue di fuoco che, almeno a detta di Franco il Terribile , avrebbero avviluppato la stitica fontana del paese. Ora, lo so da me che l’ incendio di una fontana non è cosa possibile. Provate a mettervi, però, nei panni di un bambino di otto anni che sente dalla bocca irregolare di Franco il Terribile che la fontana di Giovi si sta «appicciando»! Il pargoletto in questione, infatti, era a tal punto spaventato dall’effige lupigna di Franco da non poter attivare, sia pur ne fosse stato capace, quel collegamento neuronale pronto a sgamare l’illogicità del binomio acqua-fuoco . ...