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giovedì 30 luglio 2020

Il mare risarcito

L’ultimo bagno nel mare di Salerno, l’ho fatto a diciassette anni. Poi l’avvistamento di una blatta che ratta s’infratta nel chiavicone insieme al ferro arruginito che per poco non mi “spertusava” il piede, mi hanno fatto esclamare: “Mai più!”; non prima, ovviamente, di aver mandato giù un bestemmione che solo la distrazione del buon Dio mi ha impedito di espiare con la dannazione eterna.

Da qual momento, ho preferito la faticosa qualità alla comoda quantità: piuttosto che andare al mare tutti i giorni e scialarmela tra

Se a tutto questo ci aggiungi la nervatura che inevitabilmente monta per il viaggio in queste condizioni e il

Sabato scorso, però, “ e che cazzo!”, e giù l’ennesimo bestemmione (ancora una volta il buon Dio, per consentirmi di riportare il motivo di tanta rabbia, dev’essersi distratto): dopo il bagno ricco di tutte gli appesantimenti di cui sopra, nessuno escluso, mi dirigo, stanco ma soddisfatto, alla macchina. Mi blocco:

No, stavolta no, non ho bestemmiato. La mia lucida incazzatura ha scatenato il mio indomito diritto: agirò contro l’

Non esiste una

Il risarcimento

Vuoi mettere la soddisfazione di ricongiungersi con il proprio mare, finalmente pulito e ospitale, dopo ben ventisei anni di allontanamento?

sabato 7 dicembre 2019

Preziose terre rare


Diciassette metalli, diciassette fottutissimi metalli.

Fino a un centinaio d’anni fa, erano praticamente sconosciuti. Poi la loro scoperta e

un nome atto a qualificarli: «terre rare».

«Terre», perché così si chiamavano, nel XVIII e XIX secolo, i minerali che non

potevano essere modificati dalle fonti di calore; «rare», per la bassa concentrazione

(normalmente meno del 5%) dei loro depositi.

Perché mi è venuto lo schiribizzo di parlare di questi minerali dai nomi impossibili

(scandio, lantanio, ittrio, praseodimio, etc.)? Semplice, perché oggi è praticamente

impossibile che un componente tecnologico nei campi più disparati (cellulari, computer,

cavi di fibra ottica, energia nucleare, aerospazio e difesa, acciaio,

automobili elettriche) non sia costituito da una percentuale più o meno importante di

terre rare.

Per capire meglio la pervasività di questi metalli, portiamo l’esempio dell’automobile:

ebbene, le dozzine di motori elettrici di un’auto tipica, i suoi diffusori audio, i suoi

sensori elettrici, il convertitore catalitico, i fosfori degli schermi ottici, il parabrezza,

gli specchi, le lenti e gli altri componenti di vetro, perfino la benzina o il gasolio

(raffinati con catalizzatori di cracking con lantanio e cerio) contengono o sono trattati

con preziosissime terre rare.

Tutto bene (da qualcosa, il nostro sistema produttivo deve pur dipendere, non vi

pare?) se non fosse che le terre rare sono estraibili solo con manovre altamente

inquinanti e che oltre il 90% delle terre rare utilizzate nel mondo provengono dalla

Cina. In soldoni ciò significa, nell’ordine: a) che stante la fame insaziabile della nostra

società di prodotti soprattutto hi-tech composti da questi metalli, l’inquinamento da

estrazione aumenterà sempre di più; b) che se le terre rare vengono estratte

praticamente in un solo Paese (Cina), presto o tardi il mondo si troverà a dipendere,

economicamente e non solo, da quel Paese.

Ma vi è di più. Si conoscono bene le condizioni di lavoro degli uomini e dei bambini

che ogni giorno estraggono, schiacciati in cunicoli scuri e nauseabondi, i minerali

indispensabili per il display touch del nostro cellulare; quello stesso cellulare che così

frequentemente cambiamo, irretiti dalle novità del mercato e dai diktat rapsodici del

consumismo.

A guardarli bene, questi uomini e bambini non sono altro che schiavi, pedine di un

sistema congegnato per raggiungere due obiettivi: il benessere del consumatore e il

profitto dell’impresa.

Si tratta, citando il sempre (troppo) attuale Marx, di un «esercito di riserva»:

manodopera, cioè, facilmente sostituibile anche per la scarsa specializzazione di cui è

connaturata; lavoratori, quindi, condannati allo sfruttamento più bieco e a una

miseria insopportabile, come lo è sempre quella che permane nonostante la fatica

profusa.

Triplice ordine di problemi, in conclusione: geopolitico (con il monopolio di Pechino

nella estrazione delle terre rare), ambientale e delle condizioni di lavoro: questo è il

portato dei diciassette metalli, per altri versi, importantissimo.

Soluzioni? Tornando al cellulare, basterebbe avere il coraggio di capire che

quell’insignificante graffio sul display non ci obbliga a comprare un telefonino nuovo.

Comportamento rivoluzionario, questo, nel presente monopolizzato dal Black Friday

perenne.


 

giovedì 27 settembre 2018

L'indifferenziato scostumato

Con la prontezza con cui il buongustaio assocerebbe il giovedì agli gnocchi, noi, ricicloni convinti, non avremmo alcuna esitazione a far seguire al lunedì l’indifferenziato della raccolta.

E sì perché noi, incuranti dell’accusa di fanatismo, troviamo normale separare la carta della busta da fattura dal suo occhiello di plastica; così come, con lo “stomaco” del tirocinante alla prima autopsia, non abbiamo remore ad affondare le dita nelle interiora delle alici confinate nell’organico per agguantare lo scontrino e gettarlo nel secchio dell’indifferenziato; alla stessa maniera, infine, del self control di cui diamo prova al cospetto del malefico tubo delle Pringles, certi che il coperchio e la base del tubo vanno nel contenitore di plastica, acciaio e alluminio mentre il cilindro, quello sì, è da gettare nel raccoglitore della carta.

Ebbene, noi sacri officianti della raccolta differenziata, prostrati al cospetto della sua magnificenza, non possiamo non notare una falla nel sistema, soprattutto con riguardo al conferimento dell’indifferenziato.

Vengo e mi spiego. La percentuale della raccolta differenziata a Salerno si aggira, stando agli ultimi dati di cui sono venuto in possesso, attorno al 61%. E qui la grancassa dell’amministrazione comunale, al ricordare questo lusinghiero risultato, suona a tutto spiano. Senza parlare della stampa compiacente che, un giorno sì e l’altro pure, incensa la virtuosa Hippocratica civitas in tema di monnezza.

Tutto bello, tutto degno di lode, se non fosse per una constatazione.

Piccola premessa a scanso di fraintendimenti: il ragionamento che sto per fare è di tipo meramente induttivo. Quindi, rispetto al “lo so. Ma non ne ho le prove” dell’inarrivabile Pasolini, io, nel mio piccolo, un indizio che faccia da architrave alla mia speculazione, ce l’ho. Ed è proprio questo relativo alla raccolta dell’indifferenziato del lunedì.

Cosa bisognerebbe far confluire nel sacchetto dell’indifferenziato? Semplice, tutti quei materiali che, per l’appunto, non possono essere differenziati.  Nello specifico, come recita il calendario di conferimento del Comune di Salerno, “posate di plastica, stracci, lampadine a incandescenza, carta carbone, cocci di ceramica, porcellana, terracotta, spazzolini, calze di nylon, lamette usa e getta.” Bene. Finita la lettura dell’elenco, una persona di media intelligenza capisce subito una cosa: il sacchetto dell’indifferenziato avrà una capienza ben misera rispetto, mettiamo, a quello dell’organico o all’altro contenente plastica, acciaio e alluminio.

Invece, proprio nella giornata di lunedì, troviamo dei sacchetti pantagruelici che sfidano la forza di gravità dei ganci alle ringhiere.

Ma vi è di più. Provate a farvi un giro, le sere del lunedì salernitano, davanti ai sacchetti dell’indifferenziato e guardateci dentro. Nossignore, non vi sto chiedendo di fare come De Crescenzo e sodali vari quando, ne “Il mistero di Bellavista”, rovistano nei sacchetti della spazzatura dei condomini. È sufficiente, allo scopo, buttare un occhio distratto a ciò che contengono ‘sti sacchetti. Ebbene, esperienza insegna che nella maggior parte dei casi, ci troverete proprio quegli stessi materiali (plastica, carta, etc.) per i quali è previsto un conferimento in giorni ad hoc (mercoledì per la plastica, giovedì per la carta, etc.).

Come si spiega il busillis? Semplice, con il fatto che molti salernitani sono convinti che l’indifferenziato abbracci anche tutti quei rifiuti, in gran parte riciclabili, che negli altri giorni della settimana, vuoi per dimenticanza, vuoi per comodità, non si è provveduto a raccogliere. Con l’ovvia conseguenza, quindi, che i sacchetti dell’indifferenziato sono fuorilegge sia per quanto riguarda la quantità dei rifiuti che contengono sia per ciò che attiene alla qualità. Insomma, il lunedì sera, si conferisce troppo e male.

Senza contare il fatto che la probabilità del tuo sacchetto fuorilegge di venire raccolto, spesso, dipende anche dall’operatore ecologico che copre la tua zona: se è scrupoloso, magari lascia lì il sacchetto improprio, sperando in un tuo futuro ravvedimento ecologico; se invece la fretta, la superficialità o a volte, purtroppo, la conoscenza diretta della famiglia incivile, gli impone di passare oltre, prende il sacchetto “sbagliato” e va via.

Per concludere, il mio timore è che la battaglia di civiltà della raccolta differenziata, sia sfuggita un po’ troppo di mano all’amministrazione comunale, attenta più al dato statistico che alla veridicità dello stesso. E quando penso al culto della percentuale a prescindere dalla sua corrispondenza al vero, non posso non riandare con la mente agli sparuti marinai borbonici che avevano avuto l’ordine di spostarsi ininterrottamente da poppa a prua e da prua a poppa (c.d.“fare ammuina”), solo per dare l’impressione di essere in tanti.

Sappiamo com’è andata a finire.