Il Congresso di Vienna viene visto, dall'insigne storico antifascista Guglielmo Ferrero, come la ricostruzione dell'ordine prestabilito dopo l'ubriacatura rivoluzionaria che ha sconquassato l'Europa.
Tre uomini più di tutti, ognuno a suo modo "bizarro ed enigmatico", hanno liberato la Storia dall'impasse in cui era sprofondata: Alessandro I, zar di Russia, Charles Maurice Talleyrand de Perigord, Luigi XVIII, re di Francia.
Lo zar Alessandro ha preso l'iniziativa nel 1812.
Appena trentacinquenne, Alessandro I capisce che la sua vittoria in patria non avrà alcun valore e che anzi sarà il principio di una guerra senza fine, se non riuscirà a ricostruire il sistema europeo. Tutto giusto, ma ricostruirlo con chi? Innanzitutto con il protagonista dell'intera opera di Ferrero, quel Charles Maurice Talleyrand de Perigord, il grande "irregolare" che aveva sempre servito la Rivoluzione e lo spirito d'avventura ma che era sostanzialmente un epigono (a sua insaputa?) della Ricostruzione. E questo fin da quando, a venticinque anni, a causa di un "piede difettoso", dovette subire la vestizione "suggeritagli" dall'influente famiglia.
Con la sua spiccata intelligenza, avrebbe potuto diventare in pochi anni arcivescovo di Parigi. E invece Talleyrand, nove anni dopo, per la sua vita volutamente scandalosa e ribelle alla gerarchia ecclesiastica, è ancora abate. Poi, certo, riesce a diventare vescovo "per segnalazione", ma quasi a voler mettere subito le cose in chiaro, prende moglie nonostante la carica ricoperta. Naturale, quindi, la simpatia per uno spirito ribelle come Napoleone: è stato infatti dapprima ministro del Direttorio, poi del Consolato, infine dell'Impero. Eppure, quando la ragion di Stato lo ha richiesto, non ha esitato a tradire Bonaparte. Tradimento, quest'ultimo, che la posterità non gli ha ancora perdonato, sebbene con questo voltafaccia Talleyrand ha salvato tutta l'Europa, Francia compresa.
La verità, intuita ben presto dal vescovo che ha rinnegato la Chiesa non appena ha potuto, è che "per ristabilire l'ordine e la pace in Europa bisognava far cessare la gran paura; cioè sostituire alle usurpazioni i governi legittimi", avendo come principio ispiratore quello della legittimità: gli stati sopravvivono solo quando la trasmissione del potere avviene secondo regole collaudate dal tempo e legittimate dalla maggior parte dei cittadini.
Il terzo personaggio senza il quale gli incastri (più o meno riusciti) del Congresso di Vienna non si sarebbero verificati, è sicuramente Luigi XVIII, re di Francia, chiamato dal suo esilio, che solo poteva far la pace perchè i francesi riconoscevano ancora la sua autorità, il suo potere.
Il Congresso di Vienna (proverbiale anche per i suoi balli sontuosi e per le relazioni d'alto rango intessute durante il suo svolgimento), secondo Ferrero, non è stato il "concilio ecumenico dell'assolutismo europeo", bensì un gran successo. Certo, "non tutte le soluzioni che esso ha dato ai grandi problemi posti dalla Rivoluzione sono state buone. Alcune sono mediocri e hanno posto nuovi problemi" (ad es. l'Italia e la Germania) ma ha liberato l'Europa dalla grande paura.
E tanto basta per confutare il giudizio poco lusinghiero che normalmente si dà del Congresso di Vienna.