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Visualizzazione dei post con l'etichetta Agricoltura e diritti

Il paese dai frutti sull'albero

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C’era una volta un paese in cui, non appena un frutto s’adagiava sul ramo o un ortaggio s’inturgidiva al sole, non c’era esitazione che teneva: un esercito di barbari , al costo di qualche moneta al giorno, coglieva l’uno e incassettava l’altro. Poi venne l’orco con corona virulenta e, sortilegio mefistofelico, immobilizzò le braccia operose: “Ti vuoi spostar per campi? Prego, documento attestante lavoro regolare !” L’antro della tendopoli di San Ferdinando , allora, si richiuse sconfortata, in attesa che qualcuno trovasse l’ “apriti-sesamo” liberatore. E i cinquecento e passa ospiti della baraccopoli (soluzione temporanea per un bisogno permanente) rimasero lì, a piluccarsi il grappolo della quarantena : 8 persone per ogni straccio di plastica blu, per una decina di bagni complessivi. Frattanto i frutti, ormai rubizzi, se ne stavano in panciolle a ciondolar dal ramo; gli ortaggi, per non esser da meno, si stravaccavano, corpulenti e satolli, all’ombra del solco. Il con...

È colpa mia

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Certo, la colpa è mia, se la quarantena da Covid-19 dovrò scontarla in un basso di 40 mq, se convivono con me una mamma demente e una sorella tossica. Sicuramente è colpa mia, se l’umidità che stagna sulle pareti mi imputridisce il cuore, se i vaneggiamenti di mammà non zittiscono il collasso delle vene di Flavia che elemosinano dannazione. Senza dubbio è colpa mia, se quando scoprii che il diploma a pieni voti bastava a  legittimare l’acquisto di terreni da imbottire di munnezza, me ne spogliai inorridito; se quando Amìn ci lasciò la vita nel solco di pomodori a 11 ore al giorno , denunciai il bastardo e persi il lavoro. Ovviamente è colpa mia, quando avrei voluto iscrivermi all’università, ma papà aveva bisogno di braccia da sacrificare alle zolle ereditate; quando, quel giorno di maggio, il cuore di mio padre si fermò appena dopo l’ingente prestito ottenuto dal cravattaro. Colpa mia di sicuro, quando la giustizia del capitale purchessia ci spogliò della nostra c...

Il mandarino della devozione

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Il grado di maturazione del frutto ha scelto il suo raccoglitore. Mi sarebbe bastato accontentarmi di arance meno aspre per avere la comodità di riceverle a casa senza pagar pegno. E invece, quest’anno, ho deciso di piantare i piedi per terra. Voglio fare incetta di spremute e allora…«le vuoi “arraggiate”come il fiele? E vai va’, vattele a raccogliere tu!». È troppo tardi per raggiungere un compromesso. Il guanto di sfida è stato lanciato. Eccomi qui, quindi, in precario equilibrio sullo scaletto, mentre riempio le due cassette più che sufficienti a raccogliere la provvista di quest’anno. Nonostante il vento freddo che, a tratti, mi puntella i lembi del giubbotto sui rami con cristalli acuminati di gelo, il lavoro è ormai giunto al termine: zac, e altre due arance alla mia sinistra guadagnano il fondo della cassetta; zic, e pure il frutto qui a destra collassa tramortito nel contenitore ben posizionato a intercettarne la caduta. Mi guardo intorno. Porto, infine, lo sg...

Il Ciliegio di don Ciccillo

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Don Ciccillo, a novant’anni suonati, li aspetta. Fosse stato per lui, si sarebbe fatto portare fuori al balcone fin dalle 6. Quell’intordonuto di Muhammad, però, se non si fanno le 7,30, col cavolo che si butta giù dal letto! Poco male tanto, all’andata, prima delle 8,30, i ciclisti non passano. Muhammad lo aiuta ad alzarsi, a lavarsi e a vestirsi; infine, gli prepara la sdraio sul balcone. Oddio, nei giorni ventosi come questo, dovrebbe impedirgli di piazzarsi lì ma…«i soldi te li do io, e tu fai quello che ti dico!». Autoritario? Macché: don Ciccillo gli vuole, ricambiato, un bene dell’anima a Muhammad. Solo che il vecchio appartiene a una generazione di stenti poco incline ai sentimentalismi. In ogni caso, come tutte le domeniche è lì, appollaiato sul trespolo della solita visuale: un angolo di tornante che sfocia in un tratto pianeggiante e il suo albero succoso di ciliegie . Al primo passaggio, ancora freschi di gamba, i ciclisti ignorano la te...