C’era
una volta un paese in cui, non appena un frutto s’adagiava sul ramo o un
ortaggio s’inturgidiva al sole, non c’era esitazione che teneva: un esercito di
barbari, al costo di qualche moneta al giorno, coglieva l’uno e incassettava
l’altro.
Poi
venne l’orco con corona virulenta e, sortilegio mefistofelico, immobilizzò le
braccia operose: “Ti vuoi spostar per campi? Prego, documento attestante lavoro
regolare!”
L’antro
della tendopoli di San Ferdinando, allora, si richiuse sconfortata, in attesa
che qualcuno trovasse l’ “apriti-sesamo” liberatore. E i cinquecento e passa
ospiti della baraccopoli (soluzione temporanea per un bisogno permanente)
rimasero lì, a piluccarsi il grappolo della quarantena: 8 persone per ogni
straccio di plastica blu, per una decina di bagni complessivi.
Frattanto
i frutti, ormai rubizzi, se ne stavano in panciolle a ciondolar dal ramo; gli
ortaggi, per non esser da meno, si stravaccavano, corpulenti e satolli,
all’ombra del solco.
Il
contadino, solo e derelitto, già mortificato da un obolo da sempre devoto ad
altre tasche, infiacchiva le membra per l’inane sforzo.
L’imprenditore,
dal canto suo, starnazzava soluzioni, bestemmiava l’inerzia che avrebbe
trasformato ogni terreno arricchito dal “mover de le frondi e di verzure”, nello “scatolone di
sabbia” di salveminiana memoria.
Il
PIL, l’economia, il debito pubblico: il governante, allarmato da presagi di
sventura e maledicendosi per la protezione umanitaria cancellata, si spremeva
le meningi ministeriali.
Un
accordo con la Romania per far arrivare braccianti dall’Est?
Ottimo,
così si sarebbero evitati anche i lavoratori extracomunitari con i loro
problemi da permesso.
Prima
che l’apprendista malaccorto, ringalluzzito dalla trovata geniale, si
approssimasse all’antro per liberare i lavoratori, lo stregone obiettò: “Bravo,
bene ma...gli stagionali non arrivano, per la maggior parte, da Marocco, India,
Pakistan?”
E
ancora, urticante come l’Uriah Heep di Dickens, il mago s’interrogava: “E poi,
chi si farebbe carico del loro sostentamento per i 15 giorni di quarantena
obbligatoria all’ingresso in Italia?”
All’improvviso,
una ventata lusitana: la regolarizzazione degli immigrati in attesa del
permesso di soggiorno.
La
trovata portoghese, però, sembrò da subito troppo ardita e oltremodo scostumata
per le costumate usanze italiche.
C’era
una volta un paese in cui, mentre le intelligenze manageriali s’impiccavano a
un manipolo di neuroni, i frutti e gli ortaggi se la scialavano a contaminare
la terra di polpa e di vitamine, bastevoli a sé stessi e alla rigenerazione
della natura. Frattanto, lo spettro della lattuga a 10 euro turbava le notti insonni
dei sudditi.
In
tutto questo, i braccianti ammassati nell’antro?
Non
pervenuti, liberi di estinguersi per contagio in una spicciolata di metri quadri.
E vissero tutti famelici e marcescenti.
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