Mi sono
occupato di editing per una piccola casa editrice. Per chi non lo sapesse,
l’editing consiste nella revisione contenutistico-formale di un testo prima della
sua pubblicazione.
Non vi
nascondo che, dilettandomi anch’io di scrittura, fin dal primo momento mi sono
imposto di svolgere questa attività in punta di piedi, in maniera, cioè, quanto
meno invasiva possibile. So per certo, infatti, che non è mai piacevole, per
uno scrittore, assistere alla «manomissione» del proprio libro da parte di uno
sconosciuto. È come presenziare alla violazione del proprio microcosmo
letterario.
Consapevole
di ciò, ho iniziato umilmente la mia attività. Non che non mi siano pervenuti
manoscritti validi, beninteso. Molte storie avevano una trama avvincente, anche
un taglio «cinematografico» apprezzabile. Laddove, invece, le braccia ben
presto si sono stancate di cadere, è sulla grammatica.
Credetemi, e
lo dico davvero preoccupato, ci troviamo di fronte a un’emergenza nazionale: abbiamo
disimparato a scrivere, questa è la verità. Sarà l’abuso dei social dove ognuno
scrive un po’ come crede, l’aver rimpiazzato quasi del tutto la lettura con le
serie televisive, l’aver introiettato il mantra becero-capitalistico del «con
la cultura non si mangia»; sarà quel che sarà, ma la nostra grammatica viene
vilipesa e violentata a ogni piè sospinto anche da chi dovrebbe avere una
conoscenza sintattico-grammaticale un filino più strutturata degli altri.
Niente da fare. Tanto che, a un certo punto, quando dalla lettura in ordine
sparso di una decina di pagine mi rendevo conto che i cedimenti grammaticali
erano costanti e rovinosi, passavo direttamente alla bocciatura del testo; con
la morte nel cuore, sia chiaro, perché conosco il sacrificio e le aspettative
che si condensano nel manoscritto sottoposto all’attenzione di chi fa editing,
ma non potevo fare altrimenti. Sovente, infine, mi sono imbattuto in un’altra
degenerazione dei tempi moderni: il cedimento alla paratassi; in altri termini,
all’abitudine di scrivere senza le subordinate. Ebbene sì, il presente televisivo,
e più ancora quello social, hanno bandito le subordinate. Errore gravissimo
«perché se includi una subordinata nel discorso, vuol dire che esiste la
causalità, la temporalità e la modalità delle azioni. Che esiste la responsabilità.»
(Chiara Valerio) Estrometterle, in buona sostanza, significa sottacere la
complessità della natura umana.
In
conclusione, grazie a questa mia esperienza, ho capito quanto importante sia
impegnarci, ognuno per la parte che gli compete, in una lotta senza quartiere a
tutela dell’impalcatura della nostra lingua; con la convinzione che scrivere
senza una grammatica accettabile, è come danzare Il lago dei cigni con un braccio legato dietro la schiena e gli
scarponi militari ai piedi. Semplicemente, non si può.
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