Il Paolo Conte di “Snob”: forse, mai come questa volta, davvero “Con quella faccia un po’ così/quell’espressione un po’ così…”
Già, proprio un manuale di conversazione per permettere al Maestro di farsi intelligere dalla musica, troppe volte stracciona (“Oggi si fanno canzoni con solo 2 -3 accordi, cosa che, ai miei tempi, era inconcepibile”), del nostro presente.
A rompere la classicità della foto di copertina, lo “Snob” amaranto posto in basso a destra. Proprio “snob”, “sine nobilitate“, come gli studenti di Cambridge definivano chi non apparteneva al mondo universitario. E, come volevasi dimostrare, Paolo Conte non può appartenere all’università (musicale) del contemporaneo. A rimarcarlo, qualora ce ne fosse bisogno, basterebbe far riferimento alla presentazione dell’album uscito il 14 ottobre: ai salotti paludati delle emittenti TV, alle frequenze psichedeliche delle radio, il Maestro ha preferito… la cantina. Sì, proprio così: il nuovo cd è stato presentato, al cospetto di una quindicina di giornalisti, nella cantina Rocchetta Tanaro di Asti.
La “vendemmia della cultura“, come qualcuno ha felicemente definito l’evento.
Ed eccoli qui i quindici colori, le quindici “interpretazioni di gusto” del vino (supremo) del Maestro.
1) Si sposa l’Africa: due telefonini stregoni (“io non posseggo il telefonino”) s’incontrano e, dopo essersi parlati due volte, decidono di sposarsi.
Nella prima parte, l’Africa antica, dove gli invitati arrivano tra capre e nuvole. Nella seconda, l’Africa moderna, con la terra rossa dei campi da tennis: son tutti soci di Wimbledon.
Musica etnica (fisarmonica “tambureggiante”) corredata dalla voce “tribale” di Conte che ripete il mantra Kunta Kinte;
2) Donna dal profumo di caffè: un sogno, una donna declinata con le virtù del caffè (bevo un caffè da aviatore/che sta ascoltando un motore…).
Suoni onirici e pianoforte “suggestivo”.
3) Argentina: terra d’immigrazione, dove i bastimenti gridano partiamo.
Ne abbiam frustato scarpe a Buenos Aires.
Pianoforte arrembante di malinconia.
4) Snob: le erre arrotate della propria donna fanno temere una simpatia per qualcuno dai tre cognomi. Il provinciale, però, con le sue cose “sostanziose” (parole, cibo), con le canzoni che van ben per i soldati e i muli, la riconquisterà.
Virtuosismi pianistici al limite della classicità.
5) Tropical: le ultime sambe degli anni cinquanta quando le parole bastavan da sole.
Ritmi swing come pennellate di colore.
6) Fandango: ermetismo poetico della statua di luna su lucidi ghiacci.
Atmosfere musicali dark.
7) Incontro: l’uomo incatenato e perduto al cospetto della luce d’amore (gatto d’estate che vaga e insegue un romanzo suo).
Musica “tanghera”.
8) Tutti a casa: c’è una vita nelle strade d’inverno, come nel cuore del protagonista; la stessa vita non comprensibile alla donna che si scalda le gambe davanti ad un falò.
Ballata cantilenante.
9) L’uomo specchio: un uomo che si fa specchio per esprimere la vera, segreta personalità della sua amata.
Intro: connubio d’autore sax-pianoforte. Scampoli d’elettronica.
10) Maracas: ritmo coinvolgente, tra Genova e le Americhe dove vuoi o non vuoi, hanno sorrisi più larghi di noi.
Samba in dialetto (parte finale) genovese.
11) Gente (csidn): occhi, piedi, mani, vite di Gente Che Stava Innamorandosi Di Noi.
Trionfo di chitarra acustica.
12) Glamour: un condor rosso in lingua tedesca.
Voce calda e roca del Maestro.
13) Manuale di conversazione (v. sopra).
14) Signorina Saponetta: la signorina che valzeggia, volteggia e poi marzuccheggia.
Revival musicale dei primi decenni del Novecento.
15) Ballerina: ballerina sei di legno, ma t’insegno io…
Gioco musicale d’antan.
Chapeau, Maestro.
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