Principalmente lettere (dal delegato di p.s. Ernesto Bellavia al Questore di Montelusa e dal Maresciallo dei RR. CC Paolo Giummàro al Capitano), ma anche pagine di giornali, murales, avvisi pubblici, etc. Nelle mani sapienti del Maestro Camilleri, ogni fonte serve allo scopo: provare a spiegare il come e il perchè, subito dopo la rappresentazione del "Mortorio" nel Venerdì Santo del 1890, il ragioniere Antonio Patò, Direttore della locale filiale della Banca di Trinacria, sia improvvisamente scomparso.
Nei panni di Giuda, dopo il suicidio di scena con annessa caduta nella botola del palco, del ragioniere Patò non c'è manco l'ummira: perdita di memoria, omicidio, fuitina?
A indagare, la polizia col delegato Bellavia e i Carabinieri, con il maresciallo Giummàro, dapprima in evidente, scontata competizione; di poi, mano a mano che l'affaire Pato s'ingrossa e che s'appalesa la volontà nella alte sfere di incastrarli, grandi compagni e sodali.
E di comunione d'intenti, per venire a capo della scomparsa, ce n'è bisogno, e pure tanto: tra la sollecitazioni dello zio dello scomparso (nientemeno che un sottosegretario), i conti della banca che, a dispetto della decantata rettitudine del ragioniere, sembrano non proprio in ordine, la mafia che quando si tratta di vicende siciliane, c'entra sempre come il classico cavolo a merenda...insomma, un bel busillisi.
Eppure, per chi ha la costanza di raccogliere e impilare indizio su indizio, le cose cominciano a dipanarsi: c'è il superiore del Patò a casa del quale il ragioniere stesso si reca puntualmente per fare il punto della situazione finanziaria della banca. Tutto normale, se non fosse che il Direttore provinciale soffre di improvvi attacchi di sonno che non gli consentono di presenziare fino alla fine agli incontri col sottoposto, e che la moglie del Direttore, bellissima e sensuale, all'improvviso scompare pure lei.
Ma che c'entra? Per la signora in questione si tratta di morte e non di sparizione, eppure...
Quando ormai la matassa è dipanata, e il Bellavia e il Giummàro redigono rapporto ai propri superiori in cui spiegano ogni cosa, la trappola è pronta per scattare proprio ai danni dei solerti rappresentanti delle forze dell'ordine.
Per non saper nè leggere nè scrivere, occorre prepararsi il famigerato "saltafosso": all'uopo, si può sempre ricorrere a un beccamorto capace di raccattare una salma che abbia fattezze e costituzione assimilabile a quelle del ragionier Patò. Si piazza dove è opportuno farla trovare, e la scomparsa del "Giuda del Mortorio" è bella e spiegata.
D'altronde, se i primi a non voler giustizia (troppo perigliosa e disturbante per il quieto vivere) sono proprio i vertici delle forze dell'ordine che dovrebbero perseguirla senza tentennamento alcuno, tanto vale adeguarsi e attaccare lo scecco dove dice il padrone.
Mosaico di documenti di varia natura, questo La scomparsa di Patò del Camilleri, che supera ben presto il diaframma del burocratese per incantare, ancora una volta, il lettore.