mercoledì 23 ottobre 2024

10 e non più di 10 #18

L'afa dei trapassati pomeriggi

inzacchera la fiamma dei fornelli.

La caffettiera cova magmatici assoluzioni.

L'ultimo brontolio in cattività

è il basso che dà l'abbrivio alla campanella.

Dalla scuola di prossimità indiscrete

i bambini squarciano la pinguedine estiva.

Il caffè scorbutico

increspa un riflusso di spensieratezza.

Inestimabile.

"Mia suocera beve", di Diego De Silva

In questa seconda opera del corrosivo De Silva, poco cambia: l'avv. Malinconico è sempre qui a rimuginare su atteggiamenti, a fare le pulci a convinzioni e idiosincrasie del nostro (complicatissimo) vivere quotidiano.

Ma allo sguardo rivolto su se stesso che non può prescindere dalla codifica dei comportamenti esteriori, si aggiungono, nell'ordine, il processo in diretta imbastito dall'ing. Romolo Sesti Orfeo (tra il banco frigo e i pelati del supermercato) e il "cattivo male" che viene diagnosticato alla suocera, la mamma di Nives.

E se per il processo a favor di telecamera a circuito chiuso ripreso, manco a dirlo, dalle tv di ogni ordine e grado, vi è la critica feroce alla giustizia celebrata nei tribunali (lenta, goffa, impacciata...praticamente inconcludente), per ciò che attiene ad Ass, la suocera di Malinconico, ci troviamo di fronte a un personaggio di una causticità senza pari. Spirito indomito, quest'ultimo, che solo sa apprezzare la trovata (geniale, perchè qualche volta, anche il Nostro brilla di luce propria) della bottiglia di wisky recapitata al capezzale dell'ammalata.

C'è odore di riscatto, caro Vincenzo: da un lato, infatti, vi è il figurone coram populo (l'ospitata dalla Bignardi è lì a certificarlo) rimediato quando ti sei messo a rintuzzare il populismo esasperato dell'ingegnere che, oltre al delinquente che gli ha ucciso il figlio, tiene sotto scacco l'Italia intera; dall'altro, il fatto che l'imprevedibile suocera vuole che sia proprio tu, più della figlia e degli amati nipoti, a farle compagnia (una compagnia che rifugge da ogni retorica) in questo esiziale momento della sua vita.

Ma vuoi vedere, che gira gira, ti stai affrancando dall'insuccesso sempre in agguato? Chiedere al mandrillo Ragionier (finto dottore commercialista) Espe, coinquilino di studio, per averne conferma.

Sullo sfondo, accanto all'immancabile canzone, possibilmente d'annata, da scandagliare (Se bruciasse la città di Massimo Ranieri e Diario dell'Equipe 84) vi è la storia con Alessandra Persiano che ormai è giunta ai titoli di coda. Ma poichè, come per la prima legge di Newton, un corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finchè non intervengono forze esterne a modificare tale stato, la realtà, adesso è chiaro, non supera la fantasia, l'abbassa solo di livello. E allora, caro Malinconico, sai cosa ti dico? Che il telefono che "squittisce e vibra" come un topo che ti vorrebbe riconsegnare tra le grinfie della femme fatale, fai bene a ignorarlo. Altrochè.

Benvenuto nel mondo dei grandi, Vincenzino bello, in cui puoi permetterti anche il lusso di avvalerti della facoltà di non rispondere e lasciare che le cose se la sbrighino da sè, una volta e per sempre. Già, proprio così: come si cucinano, si "minestrano", e a fanculo tutto il resto.

10 e non più di 10 #17

Uscite fuori,

eletti col bagaglio di quiz a risposta multipla,

marci del qualunquismo delle liste civiche,

nullafacenti delle amicizie influenti,

stercorari dalle zampette instancabili.

Jatevenne,

adepti della vacuità multiuso,

praticanti del cerchiobottismo senza ritegno,

vuoti a perdere dopo la grande abbuffatta,

cono d'ombra di ogni singulto di dignità.

"Ragionevoli dubbi", di Gianrico Carofiglio

Guido Guerrieri, stavolta la cosa si fa compromettente, e a livello sentimentale, e dal punto di visto professionale.

Andiamo con ordine: Margherita vuole parlargli, e Guido s'immagina già intento a cullare il bambino che verrà. Che dovrà venire. Ma, a volte, si sa, le aspettative vengono tradite dal cinismo della realtà.

La sua compagna ha ricevuto una proposta di lavoro che la porterà via per molto tempo. E nel momento in cui glielo dice, Guido Guerrieri ha la netta sensazione che dietro questa comunicazione c'è già una decisione. Di cui occorre solo prendere atto.

L'avvocato Guerrieri si ritrova solo, in un'età in cui le rotture cominciano a far presagire esistenze spaiate.

Dal passato riemerge una figura, Fabio detto Raybàn, che ha segnato l'adolescenza di Guido. Erano i tempi della contrapposizione tra i picchiatori fascisti e gli idealisti di sinistra e, manco a dirlo, attraverso quel Fabio, il Nostro si è imbattuto per la prima volta nei soprusi al retrogusto di manganello.

Ora, a distanza di tanti anni, il picchiatore viene a chiedere aiuto proprio all'avvocato Guerrieri: è stato sorpreso con un rilevante carico di droga di ritorno dal Montenegro assieme alla moglie Natsu e alla piccola Anna Midori, ma lui giura di non saperne niente. Per giunta il difensore che gli si è offerto con modalità alquanto sospette, un tale Macrì dal passato non proprio adamantino, sembra spingerlo verso una condanna inevitabile.

L'avvocato Guerrieri, scelto perchè, oltretutto, lei è una persona onesta, capisce ben presto che di quel Raybàn della gioventù non è rimasto niente. A ribadirglielo, è la conturbante Natsu. Già, Natsu: una bellezza destabilizzante, che ha il fascino di una promessa di condivisione.

Attento, Guido: la faccenda, con i suoi cortocircuiti, è maledettamente rischiosa. Occorre infatti, nell'ordine, difendere chi per logica appare inesorabilmente colpevole, andare contro il dogma intoccabile della solidarietà tra colleghi e, infine, porre argine alla piena di un trasporto (una donna, la figlia mai avuta che, a questo punto, probabilmente mai si avrà) che tu proprio non ti puoi permettere.

La matassa, alla fine, verrà sbrogliata, sebbene la vittoria processuale si alimenti della rinuncia agli affetti appena lambiti. Non resta che citare la battuta finale di "Casablanca" (Louis, credo che questo sia l'inizio di una bella amicizia) mentre il prezioso Carmelo Tancredi e Guido si perdonano a vicenda una provvidenziale alzata di gomito. Poi, quando si tratterà di fronteggiare malinconie e angosce, ci sarà sempre qualche libro notturno de L'Osteria del Caffellatte pronto alla bisogna.

10 e non più di 10 #16

Ora sei mansueto. Rassegnato.

Gli occhi acquosi che implorano compassione.

Il rivolo di saliva che oltraggia il tuo machismo.

Le botte di una vita che mi hanno deformato le ossa.

La mia volontà annichilita dal tuo dispotismo.

Sono padrona della tua dignità, adesso.

Non c'è vincolo matrimoniale nè carità.

Soffri. E voglio vederti soffrire.

Lentamente. Bene.

Fino alla mia redenzione.

"La scomparsa di Patò", di Andrea Camilleri

Principalmente lettere (dal delegato di p.s. Ernesto Bellavia al Questore di Montelusa e dal Maresciallo dei RR. CC Paolo Giummàro al Capitano), ma anche pagine di giornali, murales, avvisi pubblici, etc. Nelle mani sapienti del Maestro Camilleri, ogni fonte serve allo scopo: provare a spiegare il come e il perchè, subito dopo la rappresentazione del "Mortorio" nel Venerdì Santo del 1890, il ragioniere Antonio Patò, Direttore della locale filiale della Banca di Trinacria, sia improvvisamente scomparso.

Nei panni di Giuda, dopo il suicidio di scena con annessa caduta nella botola del palco, del ragioniere Patò non c'è manco l'ummira: perdita di memoria, omicidio, fuitina?

A indagare, la polizia col delegato Bellavia e i Carabinieri, con il maresciallo Giummàro, dapprima in evidente, scontata competizione; di poi, mano a mano che l'affaire Pato s'ingrossa e che s'appalesa la volontà nella alte sfere di incastrarli, grandi compagni e sodali.

E di comunione d'intenti, per venire a capo della scomparsa, ce n'è bisogno, e pure tanto: tra la sollecitazioni dello zio dello scomparso (nientemeno che un sottosegretario), i conti della banca che, a dispetto della decantata rettitudine del ragioniere, sembrano non proprio in ordine, la mafia che quando si tratta di vicende siciliane, c'entra sempre come il classico cavolo a merenda...insomma, un bel busillisi.

Eppure, per chi ha la costanza di raccogliere e impilare indizio su indizio, le cose cominciano a dipanarsi: c'è il superiore del Patò a casa del quale il ragioniere stesso si reca puntualmente per fare il punto della situazione finanziaria della banca. Tutto normale, se non fosse che il Direttore provinciale soffre di improvvi attacchi di sonno che non gli consentono di presenziare fino alla fine agli incontri col sottoposto, e che la moglie del Direttore, bellissima e sensuale, all'improvviso scompare pure lei.

Ma che c'entra? Per la signora in questione si tratta di morte e non di sparizione, eppure...

Quando ormai la matassa è dipanata, e il Bellavia e il Giummàro redigono rapporto ai propri superiori in cui spiegano ogni cosa, la trappola è pronta per scattare proprio ai danni dei solerti rappresentanti delle forze dell'ordine.

Per non saper nè leggere nè scrivere, occorre prepararsi il famigerato "saltafosso": all'uopo, si può sempre ricorrere a un beccamorto capace di raccattare una salma che abbia fattezze e costituzione assimilabile a quelle del ragionier Patò. Si piazza dove è opportuno farla trovare, e la scomparsa del "Giuda del Mortorio" è bella e spiegata.

D'altronde, se i primi a non voler giustizia (troppo perigliosa e disturbante per il quieto vivere) sono proprio i vertici delle forze dell'ordine che dovrebbero perseguirla senza tentennamento alcuno, tanto vale adeguarsi e attaccare lo scecco dove dice il padrone.

Mosaico di documenti di varia natura, questo La scomparsa di Patò del Camilleri, che supera ben presto il diaframma del burocratese per incantare, ancora una volta, il lettore.

10 e non più di 10 #15

Appena la mia auto arrivava all'incrocio, la coincidenza: un'altra macchina si immetteva sulla strada principale. Da una traversa secondaria. Sempre.

Ho cambiato lavoro. Mi sono trasferito in una città nuova.

Alla guida dell'auto, intraprendo la rotatoria di giornata. Ho appena il tempo di intercettare una scaglia di vernice che un Suv mi precipita addosso.

La morte aveva allestito il set, quello della coincidenza.

La soddisfazione di averla costretta a cambiare location.