Canta Carosone è il titolo di questo libro, nel ventesimo anniversario dalla scomparsa del geniale cantante-pianista-compositore Renato Carosone.
Il titolo, ça va sans dire, fa il verso all'onnipresente "Canta Napoli!" che il talentuoso imbonitore/pazzariello Gegè Di Giacomo faceva precedere a ogni pezzo.
Come risulta chiaramente dalle pagine dell'opera, la vita e la carriera dell'artista sono improntate alla più disarmante originalità.
Per quanto riguarda la sua biografia, basti pensare alla decisione di Renato di arruolarsi volontario nel terzo battaglione granatieri di stanza in Africa. Qui conosce la ballerina veneta Italia Levidi, detta Lita, di cui s'innamora follemente nonostante (scandalo per l'epoca!) la sua condizione di ragazza madre. E Pino, il figlio di Lita di cinque anni, resterà il suo unico figlio.
A Lita dedicherà l'intensa Maruzzella, la sua prima canzone di successo.
Come non menzionare poi, sempre in tema di originalità, la scelta improvvisa e folle per una certa logica commerciale, di abbandonare la carriera al culmine del successo discografico? E sì perchè l'artista napoletano, quando annuncia il ritiro dalle scene (settembre 1959) a soli 39 anni, è una star internazionale, con molti brani primi in classifica (l'arrembante Torero, ad esempio, rimane per due settimane in testa alle classifiche Usa ed è tradotta in ben dodici lingue).
E cosa vi è di originale nella carriera dell'artista dalle "mani staccate dal corpo"?
Innanzitutto le sue canzoni che sostituiscono l'imperante "malinconia da bastonate" (Erri De Luca) con la contaminazione tambureggiante e irriverente. Con alla base però, sempre una profonda conoscenza del pianoforte (a 14 anni sostiene e supera l'esame di V anno al Conservatorio di San Pietro a Majella) e una solida cultura musicale. Prova di questo assunto, è la geniale parodia di un pezzo strappacuore di Gino Latilla, piazzatosi a Sanremo al terzo posto. Ebbene, allo struggente refrain E la barca tornò sola, il virtuoso pianista aggiunge un rivoluzionario E a me che me ne importa declamato, manco a dirlo, dallo scenografico Gegè.
Un'altra prova della sua originalità professionale, è il fatto di essere stato un pecursore di quella che oggi si chiamerebbe "world music", con alle spalle una solida formazione classica (e il Pianofortissimo della maturità, vera summa di tecnica pianistica, è lì a dimostrarlo) quasi nascosta nella sua indole schiva e bonaria, lontana anni luce da certa napoletanità sguaiata da operetta.
Il libro infine raccoglie numerose testimonianze di artisti e amici (Renzo Arbore, Edoardo Bennato, Pino Daniele, Giovanni Block, Gigi D'Alessio, Enzo Avitabile, Stefano Bollani, Rosario Fiorello, etc.) che l'hanno conosciuto, hanno suonato con lui, o sono stati semplicemente ispirati e affascinati dalle sue canzoni immortali: tra le tante, Tu vuo' fà l'americano, 'O Sarracino, Pigliate 'na pastiglia, Caravan Petrol. Senza contare i tanti classici (Io mammeta e tu, Lazzarella, La donna riccia, Malafemmena) messi in repertorio ma rivisitati alla sua maniera; alla maniera cioè inconfondibile e sublime del maestro Carosone, la cui "mano destra è un cecchino, la sinistra è una farfalla dalle ali di piombo. La destra il week-end, la sinistra tutto il resto della settimana" (Joe Barbieri).
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