Il commissario Maigret è a Moulins. Probabilmente, se si fosse trattato di un altro luogo, non ci sarebbe neppure andato.
Come infatti prestare fede a quel foglio di carta quadrettata comparso all'improvviso negli uffici del quai des Orfèvres?
Vi informo che sarà commesso un delitto nella chiesa di Saint-Fiacre durante la prima messa del Giorno dei Defunti.
Il castello di Saint-Fiacre che il padre del commissario aveva amministrato.
La contessa che agli occhi del piccolo Maigret rifulgiva di un alone di inarrivabilità.
Il prestigio della casata che sembrava inscalfibile dagli eventi.
Il commissario adesso respira, amareggiato, l'area di decadenza che sembra avvolgere tutto e tutti: il castello, ipotecato fin nelle suppellettili; la contessa di Sant-Fiacre, che cambia segretari su segretari, tutti giovani, tutti scioperati, e nei confronti dei quali il chiacchericcio pruriginoso continua imperterrito.
Alla fine della funzione religiosa, tra un gelo che avvolge ogni pagina del romanzo, effettivamente si verifica quello che è stato preannunciato nel bigliettino anonimo: la contessa muore, davanti al messale squadernato: un ritaglio di giornale (vero?) che qualche mano infida fa scivolare tra un'orazione e una preghiera, riporta la notizia del suicidio di suo figlio, Maurice di Saint-Fiacre.
Il colpo è di quelli ferali.
Frattanto il figlio della contessa, che aveva chiesto alla mamma l'ennesimo prestito per evitare un disdicevole arresto, giunge al castello.
Maigret, com'è sua abitudine, studia i vari personaggi che si trova di fronte: Maurice di Saint-Fiacre, per sua stessa ammissione scapestrato e buono a nulla, eppure con una lealtà di fondo difficile da decifrare; l'attuale amministratore, signor Gautier e il di lui figlio, Emile, impiegato in una banca, che non perdono occasione per rimarcare le difficoltà economiche in cui versano le finanze del castello e della famiglia Saint-Fiacre; il curato, con gli occhi ebbri di una denuncia silente verso i costumi corrotti del tempo; il dottor Bouchardon, che sembra non rassegnarsi all'idea di una morte innaturale.
La sala del castello illuminata dalle sporadiche candele e innaffiata da vino e liquori, è qui. I protagonisti di questa oscura vicenda, Maigret compreso, sono tutti seduti all'imponente tavolo. D'altronde, per ammissione dello stesso Maurice di Saint-Fiacre, "prima della mezzanotte, l'assassino di mia madre sarà morto!".
Al centro del tavolo, a una distanza equanime dai convitati, una pistola che armerà il destino.
Nella sala di sopra, dove non c'è nessuno a vegliare la salma della defunta, a mezzanotte si ode uno sparo: la rivelazione, indiretta e contorta, del vero colpevole per la morte della contessa.
Uno stanco Maigret che forse per la prima volta si è limitato a osservare gli eventi senza indirizzarli in maniera decisiva verso un approdo o l'altro, ha il tempo comunque di intervenire: a seconda della verità che sarebbe trapelata, infatti, ha capito che la versione del piccolo Ernst, il chierichetto nelle vesti del quale era stato nascosto il messale incriminato, sarebbe cambiata. Manco a dirlo, per far ricadere la colpa sull'uno o sull'altro.
Nulla è quello che sembra. O davvero molto poco.
Ancora una volta, un Simenon magistrale.