mercoledì 23 ottobre 2024

"Storia del nuovo cognome (L'amica geniale)", di Elena Ferrante

L'abbiamo lasciata al suo matrimonio, la Lila del primo libro. Occhi sbarrati, volto esangue nel vedere le scarpe, quelle disegnate e costruite dalle sue mani bambine, ai piedi di Marcello Solara.

In quel preciso momento Stefano "si smargina" davanti ai suoi occhi, perde consistenza fino a rifluire nella voracità e nella crudeltà di don Achille, il padre di Stefano che ha ghermito le bambole di Lenuccia e Lila anni addietro.

La giovane sposa realizza da subito che quel matrimonio, a dispetto della casa nel rione nuovo, degli agi e della ricchezza, sarà un'altra pagina nera della sua esistenza. E mentre Lila capisce che "Cerullo in Carracci" è un moto a luogo, "come se fosse una specie di Cerullo va in Carracci, vi precipita, ne è assorbita, vi si dissolve" Elena, pur affastellando tassello su tassello di una brillante carriera scolastica, si interroga perplessa sulle "migliaia di parole della scuola compresse nella testa e non spendibili" tra le strade del rione.

C'è poi il bisogno di "bagni di mare" per invogliare il ventre di Lila a mettersi finalmente all'opera e sfornare un bel pargolo incancrenito dai traffici di Stefano e dagli appetiti dei Solara.

Deve esserci pure Elena a Ischia, Lila ha bisogno di lei per difendersi dalla grettezza della vita.

Appare Nino Sarratore e il cuore di Elena si apre. All'agguato, però, c'è il fascino animale di Lila a cui nessuna intelligenza, prima che qualsivoglia corpo, può resistere.

Lila, spalleggiata proprio da una reticente Lenuccia, si dà anima e corpo al figlio del ferroviere-poeta.

Elena, per quanto brighi per separare le due sorti, non può rompere la simbiosi, per contrasto o affinità, con l'animo dell'amica geniale. E quindi, del tutto casualmente, proprio mentre per la prima volta Lila assapora l'amore vero, lei perde la verginità annichilita dalla sensibilità pelosa e dal sentimentalismo stucchevole di Donato Sarratore, il padre del "suo" Nino.

Le cose cambiano, nel rione e nella testa delle persone.

Lila non riesce a staccarsi da Nino, al punto da abbandonare Stefano e andare a vivere con lui. Non è solo un allontanarsi dal marito, ma è anche un ripiombare nella miseria che stavolta però, nutrita da continui e stimolanti confronti mentali, pare ammantarsi di irrilevanza.

Elena prende la licenza liceale col massimo dei voti, vince una borsa di studio per frequentare la Normale di Pisa.

Lila è costretta a tornare da Stefano col figlio di Nino in grembo, che lo stesso Stefano però decide che debba essere incontrovertibilmente suo.

Elena si laurea col massimo dei voti mentre Lila riesce una volta per tutte a lasciare Stefano e trova in Enzo il suo encomiabile supporto.

C'è una novità che potrebbe essere sconvolgente: la dottoressa Greco sta per pubblicare un libro (il sogno delle due bambine che si realizza). E proprio mentre Elena si reca nella fabbrica di salumi in cui lavora una sgualcita Lila tronfia della sua superiorità di scrittrice, l'amica le racconta della sua nuova passione per i calcolatori e per il linguaggio binario.

L'ennesimo traguardo che nonostante la ricomparsa de "La fata blu" (il libriccino di Lila che, anche a distanza di tanto tempo, fa sentire l'arte di Elena semplicemente uno sviluppo del talento dell'amica) precipita la neolaureata in quell'eterna ammirazione per le curiosità intellettuali e per l'acume dell'indomita "sorella".

Ancora una volta, apollineo e dionisiaco, razionalità e genialità che si intersecano e si allontanano, senza mai essere capaci di stare l'uno definitivamente lontano dall'altro.

"Hercule Poirot, l'ora della verità", di Agatha Christie

Questa voluminosa raccolta della Arnoldo Mondadori Editore del 1975 contiene ben 3 libri della regina del giallo (Poirot non si sbaglia, Dopo le esequie, Corpi al sole) e Sei indagini lampo dall'agenda di Hercule Poirot che, come fa supporre l'aggettivo del titolo, sono deliziosi racconti.

Ne La cassapanca di Bagdad campeggia, per l'appunto, "un mobile che il maggiore Rich aveva portato dall'Oriente" e nel quale, seguendo " una grossa macchia che coloriva il tappeto", si scopre un cadavere. Il corpo è quello del signor Clayton che era stato invitato, assieme alla consorte, a trascorrere una serata col maggiore Rich. Peccato che, causa una improvvisa convocazione in Scozia, mister Clayton ha solo il tempo di recarsi dal maggiore per avvertirlo che lui non ci sarà, a quell'evento.

E allora che ci fa adesso privo di vita nella cassapanca? E, soprattutto, perchè il mobile ha dei buchi sulla parte posteriore?

Il tenente Simpson de L'espresso per Plymouth è colpito dal persistente odore di cloroformio presente nello scompartimento ("Gli ricordava la degenza in ospedale e l'operazione alla gamba"). In seguito, dopo aver prelevato dalla valigia un fascio di giornali e delle riviste, prova a far scivolare il bagaglio sotto il sedile dirimpetto. C'è però un ostacolo che impedisce l'operazione. È il cadavere di una donna pugnalata al cuore.

Il signor Halliday, padre della defunta, si affida all'unico uomo in grado di scoprire movente e colpevole: manco a dirlo, Hercule Poirot.

Cosa ci fa il variopinto Arlecchino steso supino sul pavimento con un coltello nel cuore? Avrebbe dovuto semplicemente partecipare a un ballo, Il ballo della Vittoria, in cui cui una compagnia rappresentava i personaggi della Commedia dell'Arte italiana. Ma si sa: a volte si può recitare pure più parti in commedia come, nel caso specifico, quella di Pierrot e di Arlecchino. Basta sfilarsi un costume per restarsene tranquillamente, almeno fino a quando non interviene l'ometto con le ipertrofiche cellule grigie, con un altro indossato sotto alla bisogna.

Ne L'eredità dei Lemesurier un triste destino sembra incombere sulla famiglia Lemesurier: nessuno dei primogeniti arriverà mai a ereditare le cospicue fortune familiari. E questo perchè un avo aveva negato una paternità che poi sarebbe risultata legittima, condannando a morte la moglie e il figlio.

Le maledizioni però non possono reggere il confronto con la razionalità del Nostro.

La signora Pengelley di Accade in Cornovaglia, una donna con poca avvenenza e alquanto sciupata, è convinta che il marito voglia avvelenarla, probabilmente per rifarsi una vita con l'assistente dello studio dentistico. Poirot sembra in un primo momento non dare eccessiva importanza alla cosa senonchè, quando si decide finalmente a recarsi a casa della signora Pengelley, non gli comunicano che davvero è morta.

E se i timori della donna fossero stati fondati? Il colpevole, anche per la giustizia, sembra essere lui, il dottor Edward. Si arriva a questa conclusione soprattutto per le illazioni del compagno della nipote della defunta. Già, quello stesso signor Radnor che appare alquanto ambiguo nelle sue manifestazioni d'affetto.

Ne Il rubino un avventato principe indiano, poco prima del matrimonio, si fa rubare un prezioso rubino che avrebbe dovuto regalare alla sposa. Lo scandolo è dietro l'angolo. Almeno fino a quando Hercule Poirot, lasciatosi convincere a trascorrere un Natale tradizionale nella campagna inglese, non riesce a trovare la pietra preziosa e ad acciuffare la coppia che si è infiltrata nella compagnia.

La neve, il vischio, il camino e un dolce che avrebbe dovuto essere servito per Capodanno ma che, provvidenzialmente per l'acuto Poirot, è stato presentato al pranzo di Natale.

"L'amica geniale - volume primo", di Elena Ferrante

C'è un'intercapedine nel lungo fluire dei decenni che vanno dagli anni '50 del secolo scorso ai giorni nostri; una terra di nessuno in cui l'umanità bramosa di superare lo stallo (economico, politico, sociale) di un conflitto annichilito dall'olocausto nucleare, ha la necessità di abitare. Vieppiù nella periferia napoletana in cui, da quando si ha memoria, l'umanità è sempre stata divisa tra i vicerè e i lazzari, tra i bassi di Forcella e i villini del Vomero.

C'è sempre un rione dal quale si deve fuggire, soprattutto quando ci si accorge di essere diversi. La vita, però, come la pentola di rame che raccoglie l'ultimo schizzo di sangue di Don Achille e quella che si squarcia al centro per le continue "smarginature", fa il suo corso, incurante delle umane meschinerie.

Elena e Lila, due bambine la cui miseria (più o meno identica, più o meno invalidante) le confinerebbe nei rodati ingranaggi di un'esistenza viscerale, hanno le capacità per uscirne fuori, per andare oltre i traffici dell'usciere (Elena) e le tomaie "tristi" dello scarparo (Lila).

La scuola, come ancora poteva accadere, è lì a portata di mano per attribuire meriti, indicare direzioni, scrollare pesi.

E sono simili, Elena e Lila, pur nella loro diversità. Sono la catapulta "caricata" fino allo stremo per il lancio più lontano possibile dai margini paludosi del rione.

Per Elena c'è una maestra che riesce a vincere le resistenze della mamma con l'occhio fuori fuoco, l'andatura claudicante, il peso del donnone che si è ormai acquattata sugli ancestrali influssi di un brulicare "minimo". Per Lila, invece, è proprio la stessa maestra di cui sopra a fallire nel proposito: Nunzia, la mamma analfabeta, ha avuto l'ordine da Fernando lo scarparo, suo marito, di non piegarsi. Nonostante sua figlia sappia miracolosamente leggere quando gli altri bambini, compresa la bravissima Elena, si destreggiano a fatica tra "mazzarelle" e i primi ghirigori, Lila non ha accesso all'affrancamento dall'ignoranza. Per lei non c'è futuro diverso dallo smarrimento tra gli istinti atavici del rione.

L' "amica geniale", però, non ci sta: strizza gli occhi come quando sta per liberare le sue inesauste energie, e prova a seguire per vie solitarie e accidentate i progressi scolastici di Elena, fino ad anticiparli e addirittura superarli.

Elena legge i libri consigliati a scuola, lei ne legge dieci volte di più, prendendoli a prestito dalla biblioteca del maestro Ferraro anche ricorrendo al nome dei suoi familiari pressochè analfabeti; Elena si iscrive al ginnasio con l'obbligo di essere sempre la migliore pena l'immediato avviamento al lavoro, e Lila le rivela che il grammofono ha un'etimologia greca, e che se ha un po' di tempo, gli scriverà i loro nomi di battesimo con l'alfabeto greco.

Poi c'è la vita reale, quella che intreccia amori, amicizie, ripicche e violenze. Fin da quando le due amiche del cuore si recano da don Achille per farsi giustizia delle bambole rubate, il meccanismo della vita in sincrono si avvia in maniera inesorabile. Eppure gli sviluppi sono destinati a essere completamente diversi: la geniale Lila, costretta a sguazzare nelle piccinerie del quartiere, s'impone di piegare l'esistenza alle sue esigenze, fino a diventare, grazie alla sua bellezza e alla forza di carattere, il modello (odiato-amato) di una resurrezione "interna"; Elena, invece, proprio quando la sua compagna convola a nozze con chi dovrebbe liberarla (assieme soprattutto all'amato fratello Rino) dalla povertà, capisce che la sua resurrezione non può che trovarsi al di là di quel rione che lei e Lila, da piccole, non riuscirono mai veramente a superare.

Alla fine però, tra le meschinità di un matrimonio che immilla le differenze sociali tra i pezzenti e gli arrivati, un paio di scarpe rimette in gioco tutto: le stesse scarpe Cerullo che Lila aveva disegnato e cucito con le sue mani da bambina, condannata a esprimere così la sua indomabile genialità.

"Colpo di luna", di Georges Simenon

Nonostante il grande e meritato successo delle inchieste del commissario Jules Maigret, Georges Simenon non ha mai nascosto la sua predilezione per i "romans-romans", come amava definire lui stesso le opere in cui non era protagonista il predetto commissario.

Malgrado apprezzi molto i libri incentrati sul personaggio di Maigret, se solo penso alla bellezza de L'uomo che guardava passare i treni e allo stesso Colpo di luna, ebbene non riesco a dargli tutti i torti.

Timar è partito da La Rochelle per la sua avventura coloniale in Africa, per la precisione a Libreville, Gabon.

Nelle sue fantasticherie di giovane europeo, il continente nero è un incubatore inesauribile di avventure ed esperienze che aspettano solo il suo arrivo per dipanarsi nelle cangianti sfaccettature di cui sono intrise.

La prima notte all'Hotel Central c'è l'incontro con la razza dei dominatori bianchi, abbrutiti dal whisky che scorre a fiumi e desiderosi di imprimere la loro orma "colona" sul commercio del legname così come sul ventre rassegnato delle giovani africane.

L'entusiasmo, almeno quello iniziale, in Timar però non manca. E poi fin da subito c'è l'incontro con la rassicurante Adele, la moglie del proprietario, che osserva il suo corpo pressochè adolescenziale con una concupiscenza tra l'ironico e il materno.

Sfruttando le sue credenziali di europeo con protezioni di una certa importanza, Timar entra nell'inclito circolo dei mediocri e corrotti funzionari e fino a quando agisce in base a canoni coloniali, gode di una stima e di una protezione considerevole.

Poi però avviene l'omicidio di Thomas. A tutti è chiaro chi sia stato a premere il grilletto. Anche Timar ne è perfettamente consapevole e sarebbe pure disposto ad accettarla, questa verità sussurrata ma che è destinata ad essere ribaltata nelle sedi giudiziarie.

Tuttavia, è cosa risaputa, le notti africane sono popolate di bisbigli, di fantasmi, di singulti di coscienza.

Madido di sudore, stremato dalla febbre che cova da qualche parte nella sua anima e con il corpo di Adele accanto finalmente libero dalla consueta veste nera sotto la quale non è solita indossare biancheria intima, non riesce a trovare pace.

Perchè, appena partito da quella Libreville nella quale si stava finalmente ambientando, la sua Adele si è fermata nella capanna del capo tribù? E perchè, dopo aver conosciuto il passato della donna con cui si è messo in affari e che indubbiamente ama, la stessa gli lascia un biglietto nel quale comunica di star via qualche giorno, chiedendogli di rimanere tranquillo?

L'unica è partire con una piroga, malgrado il caldo del mattino già inoltrato sconsiglierebbe vivamente il viaggio. Ma Timar è deciso. Si prende dodici uomini, dodici neri che s'impegnano fino allo stremo per rendergli meno gravosa possibile la traversata, e inizia a risalire il fiume. Destinazione Libreville.

C'è il processo. La verità di comodo da dare in pasto al pubblico è già bella e confezionata. A sparare non è stata la sua donna, ma un povero indigeno scelto, dietro una grossa somma promessagli proprio da Adele, da quel capo tribù nella capanna del quale si era fermata al suo arrivo.

I bianchi l'avranno ancora una volta vinta.

Quando però Timar riconosce nei tratti del capro espiatorio lì di fronte a lui una qualche somiglianza con la giovane vergine che si è arrendevolmente concessa a lui; quando intuisce che Adele probabilmente è andata a letto con un altro importante funzionario per imprimere alle indagini il corso voluto; quando infine capisce che colui che sarà condannato altri non è che l'ennesimo appartenente alla razza vessata e spogliata di tutto dalla prepotenza bianca, non ce la fa più.

Grida finalmente la verità. Svela il nome dell'omicida.

D'altronde, si sa: "ai bianchi, soprattutto a quelli giovani, fragili e sprovveduti come Joseph Timar, capita, quando arrivano nelle colonie, si prendere un colpo di luna".

"Ci vuole orecchio", di Gino Vignali

Siamo a Rimini, in un maggio che sta studiando con profitto per diventare giugno.

Sul peschereccio Aurora dell'avvocato-pescatore (binomio interessante, specie di 'sti tempi di magra!) Valentino Costanza, campeggia una targa in rame: "Il giorno ha occhi, la notte ha orecchie"; ed è proprio l'udito il senso che più degli altri servirà per risolvere almeno una delle due indagini che cadranno sul capo dell'avvenente vice questore Costanza Confalonieri Bonnet e dei componenti della sua pittoresca squadra omicidi: l'ispettore Orlando Appicciafuoco detto Seneca per la sua abitudine di infarcire pressochè ogni dialogo con aforismi latini; Emerson Leicher Palmer Balducci "nel quale ignoranza e simpatia per prevalere all'ultimo quindici e ogni mese finisce al tie-break"; Cecilia Cortellesi, morosa di Emerson, giovane nerd e con una raggiera di conoscenze di tutto rispetto.

Un trolly pescato dall'Aurora: fattura vecchia di almeno un anno e, all'interno, lo scheletro che apparentemente sembra di un bambino, tanto ridotte appaiono le sue dimensioni. Abbaglio: le ossa sono quelle di una piccola contorsionista da circo, a cui è stato spezzato l'osso del collo. E il circo, in questa storia, c'entra eccome: a partire dal conflitto, tutto circense, tra il clown bianco (l'apollineo) e il clown augusto (il dionisiaco) e la magia del maestro Fellini che proprio di circo in molti casi si nutre.

Più o meno contestualmente al ritrovamento del trolly, una seconda gatta da pelare per la squadra omicidi di Rimini: una ricchissima ed enigmatica donna, Diamante Brandolini, viene uccisa davanti al portone di casa. Tutti gli indizi, finanche una telefonata lasciata nella segreteria telefonica dell'eccentrico patrigno di Costanza Confalonieri Bonnet Leo Liverani, convergono suil marito di Diamante, l'avvocato Nico Capresi.

Ma se per risolvere il primo caso ci sarà bisogno di una lente a contatto rigida trovata nel trolly oltrechè dell'infiltrazione del pratico Emerson nell'ambiente del Circo Kodra, per venire a capo della seconda indagine servirà proprio un orecchio assoluto e...una partita di calcio della Champions League in tv (succede anche questo!).

Ci vuole orecchio è la seconda, garbata e riuscita parte della tetralogia riminese di Gino Vignali nome, quest'ultimo, indissolubilmente legato a quello di Michele Mozzati (i celeberrimi Gino&Michele tra i fondatori, tra l'altro, della Smemoranda).

martedì 22 ottobre 2024

"Corpi al sole", di Agatha Christie

La premessa di questa nuova storia della regina del giallo è dei più promettenti: i corpi al sole all'isola del Contrabbandiere che eccezionalmente annoverano tra le loro fila anche quello di Hercule Poirot (ebbene sì, incredibile a dirsi, pure l'ispettore belga si lascia tentare dalle sirene agostane) sono assimilabili ai corpi allineati sui tavoli di marmo de La Morgue, l'obitorio di Parigi. A una prima e superficiale vista infatti, appaiono pressochè tutti uguali, proprio come i bagnanti che cercano requie dal caldo prendendo i bagni di mare.

Se a questa prima, lugubre riflessione, aggiungiamo il sentore della presenza del male nel luogo di villeggiatura lamentato dal reverendo Stephen Lane, il quadro è completo.

La conturbante Arlena Stuart, la classica donna per cui ogni uomo è disposto a perdere la testa, porta lo scompiglio nel clima alquanto compassato dei bagnanti dell'isola del Contrabbandiere.

È evidente agli occhi di tutti che l'ultima vittima della mangiatrice d'uomini è l'aitante Patrick Redfern che pure sarebbe innamorato della moglie, l'eterea e cerebrale Christine.

Al fascino di Arlena, però, non si resiste. E ciò nonostante in vacanza siano presenti anche il capitano Marshall, suo consorte taciturno e introverso e la figlia di quest'ultimo, la suggestionabile Linda.

Insolitamente per la sue abitudini, Arlena si sveglia presto e non fa colazione in camera: ha fretta di recarsi a un appuntamento e per arrivarvi indisturbata prega il solerte Poirot, incrociato per caso, di non fare parola di quell'incontro. Quindi sale in barca e fa rotta verso una delle tante insenature che drappeggiano la costa frastagliata.

Anche Patrick assieme alla signorina Brewster è sulla barca e sono proprio loro due a scoprire più tardi il corpo di Arlena che galleggia senza vita: strangolata con una forza che può appartenere solo a un uomo.

Con chi si doveva incontrare la donna? E chi, oltre al marito e alla figliastra, si sarebbe avvantaggiato della cospicua somma di danaro donata ad Arlena da uno dei tanti spasimanti?

Hercule Poirot è chiamato, pure nell'occasione rarissima di una sua vacanza, a sbrogliare la matassa. Il sagace ispettore intuisce da subito che si trova al cospetto di un delitto "rifinito".

Occorre mettere quanto prima in funzione le sue proverbiali celluline grigie: tra bottiglie lanciate da un balcone con l'evidente premura di liberarsi del loro contenuto quanto prima, un libro di stregoneria con l'annessa bambola di pezza i cui resti sono stati bruciati nella bocca del camino; e ancora, tra un orologio da polso manomesso per ben due volte per far credere possibile quello che il trascorrere del tempo escluderebbe, e una grotta piena zeppa di scatole di eroina (tanto per complicare un po' le cose), la mente conseguenziale di Poirot lavora alacremente.

A un certo punto capisce di aver bisogno di ricorrere agli annali della criminologia: in un altro posto dell'Inghilterra, uno strangolamento con caratteristiche oggettive e soggettive troppo simili al caso di Arlena.

È la conferma che l'ispettore attendeva e dopo una "merenda" pretenziosa organizzata con tutta la comitiva per stemperare la tensione ma che serve, a conti fatti, per mettere a punto gli ultimi dettagli, il brillante Hercule è pronto a svelare l'identita dell'assassino e il movente.

 

"La collina dei delitti", di Roberto Carboni

La scelta di un libro, almeno per quanto mi riguarda, è sempre un'operazione complessa. In questo caso, per esempio, non conoscevo l'autore e il titolo mi sembrava troppo abusato. Poi nella quarta di copertina, leggendo la biografia di Roberto Carboni, ho scoperto che nel 2018 ha vinto il SalerNoir Festival.

Mi sono deciso, spinto da una sorta di curiosità conterranea, ad acquistarlo e fin dalle prime pagine, ho capito di aver fatto un buon acquisto.

Ci troviamo in un territorio compreso tra Bologna e Modena, dove sulle colline di Montebudello viene rinvenuto un primo cadavere. Ha la testa mozzata e le mani amputate con l'evidente scopo di impedirne l'identificazione. A questa prima scoperta ne fanno seguito ben altre quattro, tutte riguardanti persone uccise molti anni addietro e ivi seppellite.

Gabriele è un uomo appagato. È un architetto proiettato verso una carriera brillante, ha una moglie e una figlia piccola che ama e da cui si sente amato.

Silvia è una donna senza scrupoli, rampolla di un importante industriale, per cui le regole morali sono solo un trascurabile orpello.

Anna Paola è una ex modella di origini sudamericana che avrebbe voluto essere parte integrante di quel mondo dorato che pure ha sfiorato, ma da cui è stata ben presto espulsa.

Cosa hanno in comune queste tre persone? L'appartenenza per stato (Gabriele e Silvia) e per desiderio (Anna Paola) alla società che conta. E, dato di importanza capitale, l'aver fatto parte, involontariamente o in piena coscienza, del Klub.

In certi ambienti, si sa, l'esoterismo è un trampolino di lancio per le carriere professionali dei suoi adepti.

Il gioco, però, si spinge troppo oltre. Ci sono i Negromanti, Oduyan e Prizrak, che allestiscono messe nere, che si attardano in sadismi di una crudeltà inaudita, che praticano riti in cui non è raro che ci scappi il morto.

Il commissario Alvoni, che si spara la musica black-metal direttamente negli auricolari quando ha bisogno di pensare, intuisce che i cadaveri della collina possano avere a che fare con l'ambiente dell'esoterismo. Ha bisogno, però, di prove per condurre in porto le sue indagini.

Gabriele, dal canto suo, capisce ben presto che la notizia di quegli inquietanti ritrovamenti lo riguardano in qualche modo. Sì, ma in che maniera? Una parte del suo passato è stata rimossa. E mano a mano che l'architetto recupera brandelli di memoria, si rende conto di aver svolto, suo malgrado, una parte in quel contesto di riti magici e divinazioni.

È una Bologna invernale, questa dell'intrigante libro di Carboni, dove quello che appare non è mai quello che dovrebbe essere e dove un'antica sapienza, che passa dalle pratiche rituali al Cimitero del Diavolo in una zona della profonda Russia, viene evocata con conseguenze imprevedibili e spesso mortifere.

Alla fine il singolare commissario Alvoni dovrà accontentarsi, come direbbe il suo celeberrimo collega Montalbano, della "mezza messa" perchè, quando si toccano delle personalità che muovono ingenti capitali e dirimenti influenze, la verità non è mai piena.