L'abbiamo lasciata al suo matrimonio, la Lila del primo libro. Occhi sbarrati, volto esangue nel vedere le scarpe, quelle disegnate e costruite dalle sue mani bambine, ai piedi di Marcello Solara.
In quel preciso momento Stefano "si smargina" davanti ai suoi occhi, perde consistenza fino a rifluire nella voracità e nella crudeltà di don Achille, il padre di Stefano che ha ghermito le bambole di Lenuccia e Lila anni addietro.
La giovane sposa realizza da subito che quel matrimonio, a dispetto della casa nel rione nuovo, degli agi e della ricchezza, sarà un'altra pagina nera della sua esistenza. E mentre Lila capisce che "Cerullo in Carracci" è un moto a luogo, "come se fosse una specie di Cerullo va in Carracci, vi precipita, ne è assorbita, vi si dissolve" Elena, pur affastellando tassello su tassello di una brillante carriera scolastica, si interroga perplessa sulle "migliaia di parole della scuola compresse nella testa e non spendibili" tra le strade del rione.
C'è poi il bisogno di "bagni di mare" per invogliare il ventre di Lila a mettersi finalmente all'opera e sfornare un bel pargolo incancrenito dai traffici di Stefano e dagli appetiti dei Solara.
Deve esserci pure Elena a Ischia, Lila ha bisogno di lei per difendersi dalla grettezza della vita.
Appare Nino Sarratore e il cuore di Elena si apre. All'agguato, però, c'è il fascino animale di Lila a cui nessuna intelligenza, prima che qualsivoglia corpo, può resistere.
Lila, spalleggiata proprio da una reticente Lenuccia, si dà anima e corpo al figlio del ferroviere-poeta.
Elena, per quanto brighi per separare le due sorti, non può rompere la simbiosi, per contrasto o affinità, con l'animo dell'amica geniale. E quindi, del tutto casualmente, proprio mentre per la prima volta Lila assapora l'amore vero, lei perde la verginità annichilita dalla sensibilità pelosa e dal sentimentalismo stucchevole di Donato Sarratore, il padre del "suo" Nino.
Le cose cambiano, nel rione e nella testa delle persone.
Lila non riesce a staccarsi da Nino, al punto da abbandonare Stefano e andare a vivere con lui. Non è solo un allontanarsi dal marito, ma è anche un ripiombare nella miseria che stavolta però, nutrita da continui e stimolanti confronti mentali, pare ammantarsi di irrilevanza.
Elena prende la licenza liceale col massimo dei voti, vince una borsa di studio per frequentare la Normale di Pisa.
Lila è costretta a tornare da Stefano col figlio di Nino in grembo, che lo stesso Stefano però decide che debba essere incontrovertibilmente suo.
Elena si laurea col massimo dei voti mentre Lila riesce una volta per tutte a lasciare Stefano e trova in Enzo il suo encomiabile supporto.
C'è una novità che potrebbe essere sconvolgente: la dottoressa Greco sta per pubblicare un libro (il sogno delle due bambine che si realizza). E proprio mentre Elena si reca nella fabbrica di salumi in cui lavora una sgualcita Lila tronfia della sua superiorità di scrittrice, l'amica le racconta della sua nuova passione per i calcolatori e per il linguaggio binario.
L'ennesimo traguardo che nonostante la ricomparsa de "La fata blu" (il libriccino di Lila che, anche a distanza di tanto tempo, fa sentire l'arte di Elena semplicemente uno sviluppo del talento dell'amica) precipita la neolaureata in quell'eterna ammirazione per le curiosità intellettuali e per l'acume dell'indomita "sorella".
Ancora una volta, apollineo e dionisiaco, razionalità e genialità che si intersecano e si allontanano, senza mai essere capaci di stare l'uno definitivamente lontano dall'altro.