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venerdì 20 settembre 2019

Dov'è Silvia Romano?

Dov’è Silvia Romano?

Dal 20 novembre 2018, giorno del suo sequestro in Kenya, è trascorso quasi un anno. In questo lungo lasso di tempo, l’unico elemento certo è che, pochi giorni fa, la volontaria italiana ha compiuto 24 anni.

All’aeroporto di Mombasa, in Kenya, c’è un rigido protocollo da rispettare: tutti i passeggeri sono fotografati e a ognuno di loro vengono prese le impronte digitali. A tutti, tranne che a una; nell’archivio della polizia aeroportuale, infatti, non ci sono foto né impronte di Silvia Romano.

Il 22 settembre e la notte tra il 5 e il 6 novembre, Silvia ha dormito alla Guest House Marigold a Mombasa.

«Mi perdoni, ma Silvia ha dormito qui?» Questa domanda, che sarebbe venuta in mente anche al più sgangherato dei detective, non è mai stata posta alla signora indiana che gestisce la struttura: «Quando abbiamo saputo del suo rapimento, ci siamo preparati a ricevere la visita di qualche investigatore. Nessuno, però, è venuto a farci domande.»

L’11 novembre, nove giorni prima di essere sequestrata, la volontaria italiana si è recata a una centrale di polizia per denunciare un pastore anglicano, tale Francis Kalama di Marafa. L’accusa è quella di pedofilia.

Nel database della polizia, così come nei faldoni opportunamente consultati, però, non c’è traccia di alcuna denuncia sporta. E ciò nonostante, in un audio whatsapp reso pubblico, Silvia Romano racconti soddisfatta che il pastore anglicano sarà arrestato e «le bambine (molestate, ndr) sottoposte a un test medico.»

Lo spettro della pedofilia, a ben vedere, sembra interferire spesso con la vicenda umana e professionale della giovane italiana. Nel centro per bambini a Likoni gestito da Davide Ciarrapica (condannato a 6 anni di reclusione e a 35 mila euro di danni per aver staccato a morsi un orecchio durante una rissa in discoteca) e dal suo socio e amico Rama Hamisi Bindo («figlio di un politico famoso e protetto da persone insospettabili»), ultimamente Silvia Romano si sentiva a disagio: aveva il fondato timore che in quella struttura i piccoli ospiti venissero molestati.

«Io avevo tra bambine in quel centro, poi le ho ritirate. Perché? Accadevano cose poco corrette e imbarazzanti. Tornate a casa, le mie figlie riferivano di strani atteggiamenti di Davide e del suo socio Rama Hamisi Bindo.»

Alcuni dati sulla vicenda, però, li abbiamo: la polizia di Mombasa, secondo più testimoni, «non è mai intervenuta con la dovuta determinazione per indagare sul caso.»

L’esercito «ha chiuso le frontiere con la Somalia, ma non è stato assolutamente cooperativo con le indagini.»

E il Governo italiano? Dopo un primo, scontato «silenzio stampa» chiesto dalla Farnesina che faceva sperare approfondimenti sul caso, più nulla.

Eppure sono passati solo quattordici anni dal rapimento della giornalista de «Il Manifesto» Giuliana Sgrena. In un mese, un mese esatto, la donna venne liberata dall’irreprensibile Nicola Calipari; a prezzo della sua vita, ma questo è un altro discorso.

Probabilmente perché c’era un’altra sensibilità.

Forse perché non erano coinvolti pastori anglicani o figli di politici accusati di pedofilia.

Sicuramente perché c’erano altri uomini nelle Istituzioni.

In ogni caso, noi, Silvia Romano l’aspettiamo davvero. Perché noi, proprio come scriveva lei sui social, «amiamo stringere i denti ed essere una testa più dura della durezza della vita.»

Grazie al direttore di «Africa Express», Massimo A. Alberizzi, per il suo faro costantemente acceso su Silvia Romano.


 

mercoledì 3 aprile 2019

La gatta del Governatore


Salve a tutti. Chi vi parla, è Ernesto, il gatto nero del Governatore. Oddio, se proprio devo essere sincera, sarei una gatta e il mio nome sarebbe Benita. Ma si sa come vanno le cose in politica: occorre dissimulare, nascondere, camuffare. E sì perché il mio genere sarebbe femminile ma come conciliare l’altra metà del cielo con il machismo da rottweiler di De Luca? Per quanto riguarda il nome, poi, da sei vite continuo a chiamarmi Ernesto come il Che ma già dalla quarta vita avrei potuto chiamarmi indifferentemente Silvio o Matteo.  D’altronde, è vero o no che dalla falce e martello dei primordi, il fu «Vicienz ‘a funtana» si è votato alla speculazione «cazzuolara» e alla fricchettonaggine bullonesca? Comunque, è da un’eternità che non mi si chiama più Ernesto. Ultimamente, qualche volta De Luca, a mezza bocca, parlava di me con gli amici più intimi come il gatto Silvio o quello Matteo. Ma la conosco solo io la concupiscenza della quale, nelle notti di luna piena, gli occhi del Governatore si riempiono mentre mi liscia il pelo al contrario e mi chiama «Dux mea lux». Non vi nascondo che più di una volta ho cacciato gli artigli come in presenza di un fuoco «eretico e pertinace.» Poi, però, mi sono ricordata dei vantaggi che si hanno nell’essere il gatto del Governatore e delle due vite che mi restano, e ho abbozzato. Chi me lo fa fare di «andare per i tetti» adesso che ho quasi concluso il mio ciclo delle sette vite? Che poi, a dirla tutta, dopo la quarta vita, noi gatti, per statuto, dovremmo cambiare padrone, anche per evitare conflitti d’interesse con le vite precedenti.  E io, beninteso, ero anche pronto a farlo vieppiù in considerazione del doppio infingimento (sesso-nome) di cui, dalli e dalli, mi ero stufata. In altri termini, volevo vivere libera di essere femmina e di chiamarmi Benita alla luce del sole. Poi, però, quando ho assistito all’abnorme conflitto d’interessi De Luca-De Luca che ha portato il Figlio a entrare nella segreteria campana del PD in cui dovrà controllare il Padre, e beh, allora pure a me hanno concesso una deroga; deroga che stavo, in virtù di quanto vi ho rivelato, per rifiutare. Nel momento del commiato, però, quel drittone del Governatore, probabilmente presentendo il commiato, mi mette nella ciotola i nuovi croccantini appena comprati. Ebbene, mi è bastato assaggiare quella prelibatezza: ho subito cambiato idea e mi sono deciso a restare con lui saecula saeculorum. Come dite? A base di cosa sono quei croccantini? Non l’ho ancora capito. So soltanto che, quando li mordicchio, si sfarinano in una patina gelatinosa e succulenta della sinistra del De Luca che fu.

 

giovedì 31 gennaio 2019

Finzione di migranti

 


«Ormai è qui…»

Il dottor Falivene c’aveva provato eccome a fargli rispettare gli appuntamenti; solo che, quando la Capitaneria di Porto gracchiava l’avvistamento di un altro barcone, il Ministro aveva indiscutibilmente bisogno di lui.

«Altri venti gommoni, stanotte. E ho dovuti farli sbarcare ancora sul suolo patrio, si rende conto?»

«Beh, visto che ormai li stiamo prendendo tutti noi, quel carico poteva anche indirizzarlo verso qualche altro porto, no? Com’è che diceva giusto un anno fa? Ah, ecco: “Prima gli italiani” e “Porti chiusi.”»

«E secondo lei, polenta Valsugana inviperita, non c’avrei provato? Ah, dottore! Una sola volta ho serrato la mascella volitiva, mi sono messo i pugni ai fianchi, e ho detto: “Itttaliani, sbarcateli a Malta!”»

«Eh, e quindi?»

«Dopo cinque minuti, La Lega ha perso 10 punti percentuali.»

«Ancora i gattini?»

«Ma quale gattini e micetti? Quei fottuti negri sono diventati più scaltri. Mentre prima si accontentavano di portare animali da compagnia…un migrante, due cagnolini, un altro, due micetti, ora fanno le fiction, ‘st’impuniti.»

«Cioè, Ministro, mi faccia capire. Lei mi sta dicendo che ormai non si servono più solo degli animali di affezione per spingere l’opinione pubblica a pretendere la salvezza dei gatti e dei cani e quindi, giocoforza, anche dei loro padroni migranti?»

«Esimio psichiatra, sì. Ora, come le dicevo, si mettono ad allestire i set. La settimana scorsa, ad esempio, hanno messo in scena, su un barcone, la Via Crucis con tanto di crocifissione e Alleluya suonata a tutto spiano. Dal mio canto, quando ho fatto la diretta facebook nella quale mettevo in guardia gli italiani dal raggiro, i nostri connazionali, al solo vedere la croce in mezzo al mare e a sentire la musichetta religiosa, per poco non mi toglievano i like. Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Signori, venite pure in Italia, accomodatevi che c’è posto per tutti.»

«Effettivamente, la situazione è complicata. E se lei provasse a smascherarli in diretta skype?»

«E che, secondo lei, non c’ho provato? L’altra notte, l’ennesimo avvistamento da parte di una ONG. Butto giù dal letto Giorgetti e Toninelli. Arrivo a un tiro di schioppo dai migranti. Faccio partire la diretta da tribordo e…»

«…e?»

«Dio Po che non li scortichi vivi! Avevano tinteggiato i canotti di bianco, li avevano messi uno azzeccato all’altro a simboleggiare una lastra di ghiaccio, e poi, a coppia, un immigrato sopra, con una parrucca rossa, l’altro in mare, biondino artefatto, si tenevano per mano. E tutta ‘sta sceneggiata mentre la musica del Titanic veniva irradiata dalla ONG che, sporchi comunisti, si prestava al gioco.»

«E allora?»

«E allora che, dottore? L’Italia intiera piangeva commossa. Se avessi tardato un solo minuto ad accogliere quei 120 migranti, ora avrei meno follower di Giggino. Si rende conto? Dottore, la prego, mi aiuti.»

«Mi dispiace, ma i dieci minuti che le avevo concesso per la terapia, sono scaduti da un po’. Mustafà, Aisìn, venitevi a prendere il Ministro Salvini e, per piacere, la prossima volta, qualche allestimento meno strappalacrime della vicenda di Jack e Rose, eh?!»

 

martedì 18 dicembre 2018

Salerno, Ferrero presenta il suo Marx



Nel pomeriggio di venerdì 14 dicembre, presso il Salone della Funzione Pubblica CGIL di Salerno, si è tenuta la presentazione del Libro di Paolo Ferrero e Bruno Morandi Marx-oltre i luoghi comuni, DeriveApprodi Editore.
L’iniziativa, promossa dall’Associazione Memoria in Movimento, ha visto la nutrita partecipazione di un pubblico attento e propositivo.
Angelo Orientale, dopo i saluti di rito, ha introdotto la discussione sul filosofo di Treviri a 200 anni dalla sua nascita e a 170 anni dalla pubblicazione de Il Manifesto del Partito Comunista.
Il primo a prendere la parola, è stato il Prof. Fortunato Maria Cacciatore dell’Università della Calabria, che, con un’analisi lucida, ha fatto riferimento alla critica di Marx al comunismo ex cathedra. Di poi, si è soffermato sulla visione del filosofo tedesco della filosofia come talpa che ha l’obbligo morale, a differenza della Nottola hegeliana, di modificare la realtà.
A questo punto, la studentessa Rossella Falco del Collettivo Studenti Ribelli, ha incalzato un attento Ferrero su tematiche di spessore come la necessità di un approccio multidisciplinare allo studio simile a quello di Marx, e sulla differenza tra i vari marxismi che si sono succeduti nella storia.
Paolo Ferrero, già segretario del PRC e attualmente vice presidente del Partito della Sinistra Europea, prendendo spunto dal suo libro, ha messo in guardia dai revisionismi, anche in buona fede, di  certi marxisti. I guai per il comunismo, secondo il politico e scrittore piemontese, nascono dalla convinzione, presente, ad esempio, nelle cosmogonie di Hegel e codificata da Kautsky, che non ci fosse un’alternativa tra socialismo e barbarie. A un certo punto, infatti, assecondando questo orientamento, necessariamente il capitalismo sarebbe sfociato in socialismo prima, e in comunismo poi. Marx invece, in maniera lungimirante, aveva da subito intuito che non c’è alcun automatismo al proposito. C’è stato anche lo spazio per parlare di religione. A tal proposito, il valdese Ferrero ha sottolineato quanto sia stucchevole dividersi tra credenti e atei, il problema essendo quello di migliorare le condizioni di vita per far sì che la fede sia scelta e non consolazione per una vita da sfruttati.
Immancabile, infine, il riferimento al fascismo strisciante nelle politiche della Lega di Salvini.

giovedì 8 novembre 2018

L'agnotologia di Rocco


Martedì scorso, a “di Martedì”, la fortunata trasmissione di Giovanni Floris, vi è stata l’ospitata del premier Conte. Premetto: non voglio parlare di Giuseppe Conte. Dico solo, in uno con il simpatico Gene Gnocchi, che avrei preferito di gran lunga che al posto del Conte premier, ci fosse stato il Conte cantautore. Almeno ci saremmo “sparagnati” svarioni come “il popolo è l’azionista della maggioranza di governo” (e chi non vi ha  votato cos’è, feccia di fogna?) o “di Trump non voglio parlarne, per evitare di influenzare le elezioni in America” (e chi sei, Mandrake?).

Dicevo, di Conte non voglio parlarne...no, ma così per dire, voi ci pensate al povero Paolo Conte, che non solo ha dovuto patire l’onta di essere surclassato sui motori di ricerca dall’Antonio Conte calciatore prima, allenatore poi (“agghiacciande!”), ma anche, dal giugno 2018, da un altro Conte, Giuseppe per l’appunto, il “visconte dimezzato”?

“Via via/Vieni via di qui/Niente più ti lega a questi luoghi…”

E già, sarebbe proprio il caso che fosse lui stesso, il sublime cantautore astigiano, a dedicarsi il suo cavallo di battaglia.

Ma ripeto ancora, nessuna voglia di parlare del premier che ci tocca in sorte.

Guardando distrattamente la trasmissione “di Martedì”, ho intravisto un personaggio sospetto alle spalle del premier. All’inizio ho creduto a una semplice somiglianza. Poi, alla terza inquadratura, ho sciolto la riserva: era Rocco Casalino, il gran visir di tutta la comunicazione del Movimento Cinque Stelle.

Rocco Casalino?

Subito, allora, Robert Proctor , con la sua “agnotologia” (dal greco “àgnosis”, “non conoscenza” , “scienza dell’ignoranza collettiva culturalmente indotta”), mi si è impresso nel cervello.

Vessilliferi di tale neologismo sono, uno per tutti, Beppe Grillo che quattro anni fa, a proposito del progetto de La Gronda da costruire in sostituzione del Ponte Morandi poi caduto rovinosamente, sbraitò:<Il ponte reggerà ancora cent’anni, inutile sprecare miliardi per La Gronda!>; ma anche il veemente Lorenza Fontana (Lega Nord) che, interrogato sui vaccini obbligatori, rispondeva che “dieci vaccini, mi sembrano troppi.”

Ora, invero, la domanda è: che competenza avevano, rispettivamente, un comico-politico (!) come Grillo per prevedere la durata di un ponte, e un ministro per la famiglia e le disabilità (laureato in scienze politiche!), per discettare sul numero esatto dei vaccini da inoculare?

Risposta semplice semplice: nessuna. In altri termini, siamo sommersi da opinioni su questioni tecnico-scientifiche da parte di chi, di quelle questioni, non ne sa nulla o ne sa solo per sentito dire.

Ed eccoci a Rocco Casalino.

Per carità, non ho nulla contro il concorrente evanescente del Grande Fratello edizione 2000, avverso il portavoce di Conte (!) che ha il compito di convincere, con le buone o con le cattive, i conduttori a trattare con il guanto di velluto gli ospiti spediti in studio (in caso contrario, il rischio di andare in onda senza i politici che fanno share, è una certezza); non ce l’ho con  il giovane ingegnere beccato a “fare spin” a favore del Movimento persino durante i funerali delle vittime del crollo del Ponte Morandi o con il gaudente vacanziere del “Ho diritto a farmi due giorni, già mi è saltato Ferragostomentre a Genova si consumava la tragedia. Né, beninteso, ho intenzione di scagliarmi contro il portavoce del premier che afferma come i giornali non contino più nulla (“Le nostre pagine raggiungono 10 milioni di spettatori. La gente non vuole leggere le notizie, le vuole vedere”) o, infine, avverso il brillante conferenziere che confessa candidamente come anziani, bambini e down gli facciano schifo.

No, davvero, non ce l’ho con Rocco Casalino.

Ce l’ho, se proprio devo avercela con qualcuno o qualcosa, con la summenzionata agnotologia che non solo c’ha propinato Conte (Giuseppe e non Paolo) come premier, ma anche Casalino e Dettori come “ministri della propaganda”, Salvini come Ministro dell’Interno, Di Maio come Ministro del Lavoro, etc, etc.

Nel saggio “La conoscenza e i suoi nemici” di Tom Nichols, a un certo punto si legge che “la legittimazione dell’incompetenza è un pericolo per la democrazia.”

Nossignore, non voglio parlare di Conte (Giuseppe) e nemmeno di Rocco Casalino.

Ce l’ho con ‘sta sfaccimma di agnotologia, ecco con chi ce l’ho.