mercoledì 26 agosto 2020

"Il cane giallo", Georges Simenon

 


Siamo in pieno inverno. L’orologio si prepara a battere le 11. Un uomo, evidentemente brillo, esce dall’Hotel de l’Almiral. Sente l’esigenza di accendersi l’ultimo sigaro. Le folate di vento, però, puntualmente gli spengono un fiammifero dopo l’altro. L’unica è trovare riparo in un portoncino. All’improvviso, il fumatore vacilla, ed è già disteso con la testa nel rigagnolo fangoso. Unico testimone, a parte il doganiere che assiste alla scena da lontano, un cane giallo.

Pane per i denti per l’arguto Maigret.

L’indagine ha come fulcro l’Hotel de l’Almiral con il suo gruppetto di avventori abituali: il viceconsole di Danimarca Le Pommeret, il dottor Michoux, il giornalista Jean Servieres. Al netto delle professioni e delle cariche più o meno altisonanti, i frequentatori dell’Hotel de l’Almiral appartengono alla genia dei perdigiorno convinti di poter fare il bello e il cattivo tempo a Concarneau.

Quando fa ingresso per la prima volta all’hotel, Maigret scorge il cane giallo accucciato ai piedi di Emma, la cameriera del locale,  impigliata nelle meschinerie che spesso ingannano l’attesa del grande amore.

Maigret, nei pochi giorni di permanenza, assisterà, nell’ordine, a un tentativo di avvelenamento, a una scomparsa che si rivelerà una messinscena, a un altro avvelenamento, stavolta riuscito.

Sullo sfondo, le ire del sindaco alla ricerca di un colpevole “purchè sia”, la masnada di giornalisti che affollano le sale dell’Hotel de l’Almiral per informare dell’ultimo colpo di scena, la popolazione di Concarneau atterrita per quell’atmosfera mortifera che sembra aleggiare sulla città.

L’apparizione di un energumeno che ha le stimmate del colpevole, di una mamma pronta a fornire l’alibi al figlio, saranno ulteriori nodi, loro malgrado, della matassa che il buon Maigret saprà dipanare. E tutto ciò, facendo ricorso a quella sua metodologia di lavoro così poco ortodossa, fondata com’è sull’intuizione piuttosto che sulla deduzione.

“Arrivando qui,”- spiega sornione al giovane ispettore Leroy che rimane spiazzato dal suo modo di fare – “mi sono trovato davanti a una faccia che mi è piaciuta e non l’ho più mollata”.

Il compassato Maigret, ancora una volta, sembra prendersi gioco di tutti gli investigatori “scientifici” in grado di poter incastrare il colpevole con la sola disamina dell’usura del vestito che indossano.

Il giallo è risolto, facendo ricorso anche a una copertura che consente all’ “umano” Maigret di risarcire un amore per troppo tempo, e con troppa malvagità, avversato.

 

 

giovedì 30 luglio 2020

La capsula del congedo

Prendersi un

Tanto che a volte, quando ci troviamo al cospetto di chi ci dice che non prende caffè, restiamo contrariati per lo scarso acume dell’interlocutore che rifiuta la nostra offerta-richiesta di tempo.

Che dietro il caffè ci fosse innanzitutto un pretesto per la discussione, il confronto, lo dimostra anche la volontà di Pietro Verri di chiamare il suo periodico proprio così, “Il Caffè”, per l’appunto.

Bene. Se tutto questo è vero, è altrettanto vero che se m’inviti a casa tua e anziché servirti della moka con i suoi canonici cinque minuti “mentre esce il caffè”, fai ricorso alle capsule istantanee, probabilmente non hai tempo/voglia da dedicarmi nonostante l’invito.

Vuoi mettere l’attesa del borbottio della caffettiera riempita da premesse di confronto con l’ “ecco qua” di una bevanda che prima di essere pensata già è pronta per il consumo?

“Tutta n’ata storia”, direbbe il rimpianto Pino Daniele.

Senza contare che il caffè preparato con capsule, nell’ordine: contiene una dose 5-10 volte più elevata del tossico e cancerogeno furano; molto probabilmente è contaminato da metalli pesanti e diossina; costi molto di più di quello preparato tradizionalmente; contiene 5-7 grammi di caffè e rilascia nell’ambiente ben 3 grammi di packaging a base di alluminio e/o plastica; favorisce, nelle zone tropicali, l’abbattimento delle foreste per l’accaparramento della bauxite, il minerale da cui si ricava l’alluminio per le capsule.

Sia chiaro, anch’io ho una macchinetta del caffè a capsule. Il fatto poi che mi sia stata regalata, attenua solo parzialmente la mia colpa. E sì perché pure io, a volte, la uso: quando il caffè che voglio è di quelli contestatori che non ammettono nessuna compagnia (sempre, però, con capsule compostabili) e quando mi tocca offrirlo a uno dei tanti ragionieri Casoria (Totò docet) che ti spillano soldi o ti rubano tempo.

L’ “Ecco qua” della capsula, allora, viene ad essere un invito trendy a togliersi dai cabasisi.

 

Il mare risarcito

L’ultimo bagno nel mare di Salerno, l’ho fatto a diciassette anni. Poi l’avvistamento di una blatta che ratta s’infratta nel chiavicone insieme al ferro arruginito che per poco non mi “spertusava” il piede, mi hanno fatto esclamare: “Mai più!”; non prima, ovviamente, di aver mandato giù un bestemmione che solo la distrazione del buon Dio mi ha impedito di espiare con la dannazione eterna.

Da qual momento, ho preferito la faticosa qualità alla comoda quantità: piuttosto che andare al mare tutti i giorni e scialarmela tra

Se a tutto questo ci aggiungi la nervatura che inevitabilmente monta per il viaggio in queste condizioni e il

Sabato scorso, però, “ e che cazzo!”, e giù l’ennesimo bestemmione (ancora una volta il buon Dio, per consentirmi di riportare il motivo di tanta rabbia, dev’essersi distratto): dopo il bagno ricco di tutte gli appesantimenti di cui sopra, nessuno escluso, mi dirigo, stanco ma soddisfatto, alla macchina. Mi blocco:

No, stavolta no, non ho bestemmiato. La mia lucida incazzatura ha scatenato il mio indomito diritto: agirò contro l’

Non esiste una

Il risarcimento

Vuoi mettere la soddisfazione di ricongiungersi con il proprio mare, finalmente pulito e ospitale, dopo ben ventisei anni di allontanamento?

giovedì 9 luglio 2020

Caro Dante...


Caro Dante,
probabilmente non ti ricorderai di me. Ci siamo incontrati in qualche manifestazione sicuramente non ascrivibile alla destra salernitana.
A volte capita, sai?
Ti confesso, ora per allora, che pur non amando l’attivismo a favor di telecamera, riconoscevo in te una ventata di novità. Non che mi convincessi pienamente, questo no, ma almeno guardavo con favore all’intraprendenza un po’ gigionesca ma efficace che ti contraddistingueva. E, ti dirò, ho continuato a seguirti anche in alcune iniziative che andavano nel solco di quella politica sociale di cui il nostro territorio ha un disperato bisogno (“Ripuliamo Salerno”, “ La casa del diritto alla salute”, “Le piazze del cuore”, etc.).
Poi, qualche settimana fa, la notizia che per combattere “il sistema neofeudale dei De Luca” e “il familismo amorale del Governatore in carica”, hai deciso di varcare il Rubicone: ti sei arruolato armi e bagagli nel centrodestra dell’ex Governatore Caldoro il cui consiglio regionale aveva 57 consiglieri su 60 indagati per “rimborsopoli”.
Non proprio una mossa geniale, direi.
Caro Dante, che dirti? Benvenuto nel carrozzone della “politica politicante”, di quella, cioè, capace di trasformare anche il “fiato sul collo” delle migliori intenzioni, nel vento in poppa dell’affermazione personale.
D’altro canto il tuo ragionamento è a tal punto ovvio, da far impallidire perfino il signore De La Palice. Hai sperato fino all’ultimo che De Magistris si candidasse alla Presidenza della regione. Quando ormai era chiaro che l’ex Pm non sarebbe sceso in lizza, l’unica alternativa che ti si presentava era la seguente: o schierarti con una costituenda lista di sinistra, o farti tentare dalle sirene salvo-meloniane.
Laddove non poté la coerenza, poté il calcolo politico: la forza del centrodestra, pur non in grado, con molta probabilità, di far eleggere Caldoro, riuscirà senza troppi patemi a farti guadagnare la consiliatura.
Caro Dante, la tua conseguenzialità non fa una piega. Una sola obiezione: c’è un popolo, quello della sinistra, che pur troppo spesso disastrato, vituperato, stanco di leccarsi ferite che non sempre si è inferto da solo, ha un orgoglio, una dignità che non può essere calpestata nemmeno, come nel caso che ti riguarda, “a tua insaputa”.
“Onore e rispetto”, come amate dire voi di destra, per la storia di queste donne e di questi uomini.
Si narra che il filosofo Democrito scelse Protagora come suo discepolo per l’abilità con cui quest’ultimo caricava la legna sul dorso di un mulo. Ebbene, caro Dante, parte della tua legna è stata affastellata con giudizio e abnegazione. C’è solo un problema: hai sbagliato clamorosamente il mulo sul quale caricarla.