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Visualizzazione dei post da febbraio, 2015

Alla morte del Liceo Classico, cin cin!

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Liceo Classico,   requiescat in pace Adesso c’è la statistica a certificarne l’agognata morte: solo il   5,5%  delle   nuove iscrizioni on line 2015-2016  sono incanalate nel solco, un tempo   magnus et magnificentissimus,   del Liceo Classico. E finalmente, direi. Che c’ho io contro il Liceo Classico? Tutto. E basta, nell’ordine, con gli   occhialuti sgobboni   sempre pronti a biascicare   perifrastiche   e  ottativi ; con i   chiattoni   (e per forza, con tutte quelle ore passate, inchiavardati sulle sedie, a tradurre versioni!) che se ne vanno in giro con ‘sti mastodontici e anacronistici   IL   e   Il Rocci   (rispettivamente  vocabolario di latino   e   di greco ); smettiamola con gli studentucoli precocemente stempiati, eternamente sudaticci, della   Grecia   “culladellacultura” (che mo la voglio vedere, la Magna Grecia, a filosofeggiare nell’ ag...

Festival archiviato: ma i testi delle canzoni?

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Pensate che dopo una settimana di Festival nazional-popolare ne possiamo avere abbastanza? Anch’io. Solo che, “tagliato” con le “sostanze” più disparate (dal glamour all’antropologia), non vedo perché solo io debba esimermi dal compito di dire la mia in proposito. E quindi, dall’alto del nostro appuntamento di letteratura e dintorni del martedì, mi accingo ad analizzare, sotto il mio particulare punto di vista, l’appena concluso festival di Sanremo. Pronti, via. Basta spendere i canonici dieci minuti per leggere tutti  i testi delle canzoni in gara, però, che il “ mi ci provo ” delle intenzioni auliche, lascia il passo al “ mi ci impicco ” delle constatazioni avvilenti: anche utilizzando la manica più larga che posseggo in dotazione, infatti, scorgo ben poco all’orizzonte. Le uniche canzoni del Festival che lasciano trasparire qualche frase almeno non banale (ed è tutto grasso che cola…  o tempora…!) sono Sogni Infranti di Gianluca Grignani , Vi...

“Il reparto n. 6″, di Anton Cechov (II/II)

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  Abbiamo lasciato, nella prima parte della recensione del racconto di Anton Cechov, il dottor Andrej Efimyc che inizia a frequentare il reparto n. 6. Il dottore, infatti, emblema cechoviano dell’ “ uomo superfluo ” (uomo che, frustrato nelle sue illusioni e murato in un’incomunicabilità esistenziale, si muove sullo sfondo grigio e opaco di un mondo privo di valori ed attrattive), sembra trovare nell’intelligenza del paziente Gromov, una possibile via di fuga dalla stupida vanità del mondo. Certo, ci sono sempre i libri , ma come Anton Cechov fa dire al dottore, essi non possono sostituire la conversazione, il rapporto diretto perché se i libri sono le note, la conversazione è il canto. E tale conversazione inizia quasi per caso: mentre il medico inneggia alla figura di Diogene che, armato di un pensiero liber...

“Il reparto n. 6″, di Anton Cechov (I/II)

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Eccolo qui che prende forma, il reparto n. 6 di Cechov Lungo le sue pareti sono ammucchiate intere montagne di rifiuti ospedalieri : materassi, vecchie vestaglie a brandelli (…), camicie a righe azzurre, scarpe logore, inservibili. E da queste spoglie di squallida pazzia , esala l’immancabile  puzzo di cavolo acido. Eppure lì, oltre la facciata posteriore, ci sarebbero i campi, le lusinghe di una vita “sana”; l’anelito, però, è ben presto frustrato dal grigio steccato dell’ospedale, pieno di chiodi (…) le cui punte  sono rivolte all’insù ( e come non riandare, con la memoria, ai cocci aguzzi di bottiglia del rovente muro d’orto di Montale ?). Dopo il custode dell’ospedale Nikita ( è uno di quegli uomini semplici, positivi, efficienti e ottusi che più di tutto al mondo ama l’ordine e perciò è convinto che bisogna picchiarli, i matti ), Cechov passa in rassegna uno dei pazienti sovvertitore, suo malgrado, dell’ordine agognato dal custode, Iva...