giovedì 27 marzo 2025

"Io sono l'abisso", di Donato Carrisi, Tea edizioni

    



    Le acque limacciose del lago sono una presenza costante e inquietante in questa storia.
    C'è chi, come la "cacciatrice di mosche", ci ha provato ad allontanarsene, ma il richiamo torbido delle acque lacustri non tollera distanze; c'è poi la leggenda che vuole confinati nei suoi abissi furgoni portavalori con tutto il carico di soldi e di agenti vittime di rapina; infine, c'è un braccio "singolare" che viene ripescato dal lago e una ragazzina, appena adolescente, che cerca nelle sue lusinghe (mortifere) requie da un presente annichilente. A questo proposito, "L'uomo che pulisce", ostaggio di un passato squallido che lo segnerà (anche fisicamente) per tutta la vita, inaspettatamente decide che non può starsene a guardare. Lui che ha imparato a nuotare nella piscina fetida in cui la mamma l'ha spinto dopo avergli bucato i braccioli, porta in salvo la ragazzina.
    Improvvisamente, l' uomo che pulisce" rinuncia alla sua invisibilità. Perchè?
    Cosa penserà di questo cambiamento l'alter ego Micky che se ne sta dietro ogni porta verde della sua esistenza, pronto ancora a tiranneggiarlo e a punirlo? E ciò fin da quando, da piccolo, ha stretto la testa dell' "uomo che pulisce" in una morsa e gli ha lasciato due cicatrici sul capo a mo' di cerniere. 
    E la volta in cui Micky, sempre lui, gli ha maciullato ogni dente per ciascun sbaglio commesso, perchè la mamma Vera non si è ribellata, perchè non ha protetto il suo piccolino che in futuro avrebbe pulito? E se l' "uomo che pulisce" se lo porta ancora dietro, Micky, fino a sdoppiarsi in due personalità diverse e, per certi versi, antitetiche?
    Micky, però, gli fa comodo. È lui che gli impone periodicamente di mettersi in azione. E così dopo che, attraverso l'esame dei rifiuti, l' "uomo che pulisce" analizza le abitudini dell'attenzionata di turno (tutte bionde, di un'età vicina a quella di Vera), lascia la scena a Micky. 
    La "cacciatrice di mosche" ha già fiutato la pista. Intuisce, ancora prima di sapere, che dietro le sparizioni di alcune donne c'è un abisso (l'abisso!) di perversione e di abbandono. Ma lei, con il cuore straziato da Diego dietro le sbarre e il fantasma di Valentina sventrata sul letto degli avi, è l'unica in grado di arrivarci fino in fondo, in quell'abisso. E di provare, assieme alla tormentata Pamela, a evitare che possa inghiottire l'ennesima vita.
Per far questo, però, la "cacciatrice di mosche" dev'essere disposta a rivivere l'esperienza traumatizzante del male del mondo. Almeno fino a quando ci sarà l'ennesimo bambino a cui sarà negata ogni infanzia; l'ennesimo bambino a cui sarà permesso di diventare, nello stesso momento e nella stessa anima, "l'uomo che pulisce" e Micky, lo strumento e la mente della perversione. In definitiva, si sa: la mamma può amare, e solitamente lo fa. Ma non appena si discosta da questo sentimento assorbente, le è preclusa qualsiasi indifferenza, ogni sentimento neutro.
    Una mamma o ama o odia. Non c'è alternativa che tenga.
    Poche volte mi sono imbattuto in un libro che mi ha lasciato un senso di angoscia dalla prima all'ultima pagina come questo. Ma è un'angoscia lucida, propria delle grandi opere scandaglio di una realtà altra. Disperante. Eppur presente.

venerdì 21 marzo 2025

10 e non più di 10 #34

    




    Un musicista di una banda musicale, anche della più scalcagnata.

    Un sommesso clarinetto con le chiavi al sole

    che marcia tra chierichetti annoiati e santi distratti.

    Le gote a stantuffo che insufflano aria

    per ingrossare note evocate dallo strumento.

    Dita che chiudono, spingono e sollevano

    con passi che si accordano alle pause

    e pensieri a cavacecio sulle arie.

    La stilla che infiamma il sopracciglio

    e la mosca a mo' di moscerino in valzer.

giovedì 13 marzo 2025

"Sua Eccellenza perde un pezzo", di Andrea Vitali (Garzanti edizioni)

    


    Soave Inticchi, segretario del sindacato dei panettieri di Como, vuole organizzare una gita in battello in quel di Bellano. L'occasione è la celebrazione dell'anniversario della fondazione di Roma.

    Manco a dirlo, basta quest'evento, apparentemente insignificante, a innescare una serie di dinamiche dagli esiti spiazzanti.

    Procediamo con ordine: Gualtiero Scaccola (e in seguito anche suo fratello Venerando), ribellandosi all'insegnamento paterno impartito a forza di calci nel culo, esce finalmente dalla sua panetteria e si getta "nel gomitolo di strade" del paese. E per la prima volta i suoi sensi vengono accesi dalla esternalità in fiore. A sublimazione di questa esperienza sconvolgente, s'imbatte alfine nella Garbati Venturina, e quindi nelle lusinghe dell'amore.

    Il podestà Mongatti capisce che la gita dei panettieri, se ben organizzata, può lavare l'onta di una Bellano tiepida, se non indifferente, alle suggestioni fasciste. E ciò almeno agli occhi del Federale Gariboldo Funicolati, personalità di spicco prontamente invitata all'evento.

    Il maresciallo Ernesto Maccadò, tra una giornata in famiglia sul lago necessariamente rimandata (per la felicità della signora Maristella) e la preoccupazione (più o meno fondata) per gli ormoni del carabiniere Beola, si trova ben presto a presenziare alla cerimonia e a rifiutare categoricamente la sua opera e quella dei suoi uomini: e sì perchè, passi il servizio d'ordine necessario a rintuzzare eventuali intemperanze della folla, ma la ricerca prima e la consegna poi addirittura di una dentiera...ebbene, questo proprio no.    

    E già, il cavallo di Troia che sconvolge i piani un po' di tutti, e addirittura fa calare un velo di pesantissimo silenzio su quella giornata che avrebbe dovuto essere memorabile, è proprio la protesi dentaria dell'impettito Federale.

    A sgaiattolare via dalla bocca di Sua Eccellenza, è sgaiattolata, non ci sono dubbi. L'hanno vista tutti, e soprattutto tutti hanno potuto verificare la bocca a culo di gaddrina del Federale ormai edentulo. Ma, ed è qui il mistero, dove sarà caduta? E soprattutto, chi l'ha trovata? E se il Federale dà ordine di rintracciarla a tutti i costi e sua moglie, invece, si raccomanda di non consegnarla anche qualora venisse ritrovata?

    La mattina, d'altronde, era iniziata col piede sbagliato: quello destro del podestà che, mentre si dirigeva alla messa grande con signora al seguito (preziosa, quest'ultima, con la lettura della Primula Rossa), aveva pestato una generosa merda. Eppure sarebbe bastato andarci con l'altro piede, quello sinistro nella cacca, per meritarsi una fortuna che avrebbe dato un corso diverso agli eventi.

    Poco male: Bellano, con la breva che accarezza le frange del lago, ancora una volta si fa incubatore fatato di una miriade di piccole, edificanti storie; prontamente raccolte, manco a dirlo, dalla magistrale penna di Andrea Vitali.

    "Abbiamo smesso di contare le volte in cui Andrea Vitali ha centrato il bersaglio incatenando il lettore ai suoi personaggi" (Bruno Gambarotta-La Stampa)

    

giovedì 6 marzo 2025

"Il Maestro e Margherita", di Michail Bulgakov (trad. Vera Dridso), Einaudi

   


     In un caldo tramonto primaverile, agli stagni Patriarsie, il direttore del MASSOLIT Bernioz rampogna il giovane poeta Ivan Nikolaevic: il poema antireligioso che gli ha commissionato non lo soddisfa per niente. E sì perchè Nikolaevic avrebbe dovuto provare l'inesistenza di Gesù piuttosto che limitarsi a dipingerlo a tinte molto fosche.

    A rubare la scena ben presto ci pensa un forestiero. Si intromette nella discussione con delle osservazioni strampalate sull'ateismo, sulle parole scambiate a colazione addirittura con Kant (siamo nella Russia di Stalin!) e sul fatto che lui c'era quando Ponzio Pilato interrogava il Messia e poi lo abbandonava alla sua sorte.

    Il direttore e il poeta concludono di trovarsi al cospetto di un pazzo, vieppiù quando Woland (questo è il nome dello sciroccato straniero), nel sottolineare che l'uomo non è in grado nemmeno di rispondere del proprio domani, aggiunge mellifluo, rivolto a Berlioz: "magari uno ha deciso di andare a Kislovodsk", Annuska però versa inaspettatamente dell'olio di girasole per terra. Il tizio in questione, allora, scivola, va a finire sotto al tram e viene inavvertitamente decollato.

    Ebbene quando, qualche ora dopo, il direttore decide di recarsi proprio a Kislovodsk, con tutti gli annessi e connessi anticipati dal losco figuro, non c'è altra strada che invocare le arti magiche o quelle diaboliche. Il diavolo, per l'appunto, accompagnato dai suoi improbabili compari, tra cui lo spassosissimo Behemoth (un gattone pantagruelico, capace di assumere tranquillamente la posizione eretta e di parlare).

    Woland e i suoi accoliti, allora, occupano la casa del defunto Berlioz, nella famigerata via Sadovaja, numero 50 (ancora adesso meta di pellegrinaggio per i lettori di Bulgakov).

    Il demonio (una trasfigurazione dell'onnipotente Stalin?) ne ha per tutti: per i burocrati corrotti, per il Teatro (in cui lo stesso autore ha lavorato e presentato opere) e la letteratura infarciti di pseudo, mediocri intellettuali, per le manie piccolo-borghesi del ceto medio russo.

    A un certo punto irrompe sulla scena l'amore salvifico di Margherita (pure lei irretita da Woland) verso il Maestro autore di un manoscritto su Ponzio Pilato (di nuovo la figura del procuratore della Giudea a cui sono dedicati brani di un pathos struggente) bruciato sull'altare dell'incompresione letteraria. Eppure, tra sabba infernali alla ricerca di una logica nell'illogicità delle nostre vite, tra donne coraggiose che si "instregano" e brutti ceffi vogliosi di essere innervati dall'ultimo (dannato) anelito di vita, il manoscritto del Professore riappare: i manoscritti, come sardonicamente chiosa il grande Woland, non muiono mai.

    Alle anguste menti dei piccoli uomini, non restano che le pareti bianche e asettiche dell'ennesimo manicomio (o catartica follia!) in cui provare a spiegarsi l'inspiegabile.

    «Dunque tu chi sei?»

    «Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene». (Goethe, Faust)