C'è un cadavere abbandonato nel Bioparco, il giardino zoologico della capitale. Ora, detta così la cosa, il ritrovamento sarebbe pur sempre da annoverare nella casistica in cui può incappare un funzionario di polizia. Se però il cadavere è quello di un uomo nudo decollato, la cui testa viene prima mangiata e poi vomitata dall'anaconda del rettilario, per il commissario Giovanni Buonvino si mette davvero male: il funzionario, infatti, è erpetofobico e, in quanto tale, prova un terrore atavico per qualsiasi tipologia di rettile.
Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi. (Italo Calvino)
venerdì 25 ottobre 2024
"C'è un cadavere al Bioparco", di Walter Veltroni (Feltrinelli-Marsilio)
C'è un cadavere abbandonato nel Bioparco, il giardino zoologico della capitale. Ora, detta così la cosa, il ritrovamento sarebbe pur sempre da annoverare nella casistica in cui può incappare un funzionario di polizia. Se però il cadavere è quello di un uomo nudo decollato, la cui testa viene prima mangiata e poi vomitata dall'anaconda del rettilario, per il commissario Giovanni Buonvino si mette davvero male: il funzionario, infatti, è erpetofobico e, in quanto tale, prova un terrore atavico per qualsiasi tipologia di rettile.
mercoledì 23 ottobre 2024
10 e non più di 10 #25
Il ronzio delle eliche è in ogni dove.
Fin da quando sono uscite di casa, Fatima e Mahsa hanno dovuto fare i conti con il rumore: l'occhio è dappertutto.
Sono arrivate al lungomare di Beirut.
Si tuffano. Raggiungono lo scoglio prefissato.
Il rollio, tra le nubi, cova attenzione.
Dopo essersi abbracciate, le due compagne si avvolgono nello striscione Fuck Bibi.
L'accusa, il bacio saffico e il dito medio di Fatima rivolta al cielo.
L'odio, dalla distanza, arma il drone.
"Delitto alla Scala", di Franco Pulcini (ed. La Biblioteca di Repubblica-L'Espresso)
L'Arianna di Claudio Monteverdi, la prima tragedia musicale della storia, è stata ritrovata. Ed è proprio quest'opera, notoriamente iettatoria, che ci si appresta a eseguire alla Prima della Scala, la famigerata serata mondana del 7 dicembre.
La direzione è affidata al maestro Oscar Marni, garanzia di sicuro successo.
Eppure le perplessità sull'originalità dell'opera, impregnata di refusi e di "tranelli" musicali, si fanno sempre più forti. Ciononostante il carrozzone del Teatro alla Scala (che lo scrittore Franco Pulcini conosce benissimo per averci lavorato come direttore editoriale), è ben avviato: Iris Guetta, la conturbante e misteriosa Arianna dell'opera, scalda l'ugola che ne dovrà eternare la fama; Olimpio Ferri, il colto e "impossibile" direttore artistico, vigila affinchè la struttura sia ben oliata per la Prima; il maestro De Masi si cimenta con successo nel mondare il testo dagli elementi spuri. Tutto bene, quindi, se non fosse che un mese prima del 7 dicembre, il direttore Oscar Marni viene ucciso. Sul terrazzo del teatro. Un colpo alla nuca. Due dita tagliate, il mignolo e l'indice, infilato l'uno nell'orecchio destro, l'altro nel sinistro.
A indagare è il commissario Abdul Calì, lombardo (molto) d'adozione. Ora, se la prevalenza degli aspetti somatici magrebini sugli italici non è stata mai troppo notata nella sua Sicilia, qui, a Milano...
Per gentile concessione della direzione, gli viene assegnata, con il compito di guidarlo nei meandri del teatro, la giovane Viola che gli diventerà ben presto preziosa: sarà proprio grazie a lei che il commissario Calì riuscirà a orientarsi in quel ginepraio di invidie, pettegolezzi, tradimenti e rivalità di cui è ricco il mondo dell'opera. Poi, certo, ci sarebbe l'attrazione tra due anime complementari...ma questo è un altro discorso.
Il giorno della Prima si avvicina e occorre un colpo di reni per assicurare l'assassino alla giustizia.
Dopo l'iniziale pista passionale (le dita nelle orecchie, conficcate dalla parte mozzata, non starebbero a simboleggiare le corna?) e quella economica (i soldi in ballo sono tanti, per tutto il caravanserraglio di figuri che si affannano attorno alla preziosa opera musicale), la chiave viene trovata nel movente professionale.
La grande musica, si sa, affraterna i popoli ma può, all'occorrenza, anche esacerbare gli animi al punto da spingerli a commettere delitti efferati. Bisogna maneggiarla con cura, la musica. Il rischio è quello che, per sublimarla, la si rovini irrimediabilmente. Proprio com'è successo al Fetonte del timpano del Teatro alla Scala, che per sancire la sua nascita divina (figlio di Elio), ha guidato maldestramente il carro del Sole fino a mettere a repentaglio la vita sulla terra.
10 e non più di 10 #24
«Vorrei un Pinocchio...no, non questo».
Il libercolo della Walt Disney con la sua balena che soppianta il pescecane mi viene squadernato sul bancone.
«Ci sarebbe quest'altro...»
«No, questa è un'edizione scritta male e illustrata peggio».
«Solo 'ste due abbiamo. Pinocchio, soprattutto per i bambini, non tira».
«Scusi, ma lei è avvocato? Ecco, io sarei stato raggirato...due compari lestofanti...mi promettevano di quintuplicare l'investimento...eppure il mio amico me lo diceva...».
«Se a tempo debito un buon Pinocchio avesse tirato...Buongiorno».
"Fermate il boia", di Agatha Christie (trad. G.M.Griffini)
L'assassino è praticamente sul patibolo. D'altronde, la morte della vecchia signora McGinty avvenuta per un colpo alla nuca con un corpo contundente pesante e appuntito, è un caso già risolto: James Bentley, pensionante della vittima in serie difficoltà economiche, viene trovato con la manica della giacca sporca di sangue e capelli, entrambi appartenenti alla signora McGinty. Il movente, alquanto misero, le circa trenta sterline nascoste in camera della signora.
Eppure il sovrintendente Spence che ha condotto le indagini non è pienamente persuaso della colpevolezza di James Bentley.
E a chi rivolgersi per esternare le perplessità su una colpevolezza che appare comunque certa oltre ogni ragionevole dubbio? Ovvio, all'ineffabile Hercule Poirot e alle sue instancabili celluline grigie.
Parte l'indagine, come sempre quando a condurla è l'investigatore belga, immersiva: si sposta sui luoghi del delitto, addirittura va a pensione in una stamberga flagellata dagli odiatissimi spifferi, e con una cucina che attenta impietosamente al suo gusto raffinato.
Poirot, con praticamente niente in mano, ha una sola traccia da cui partire: le svariate case e le conseguenti famiglie frequentate dalla vittima in qualità di domestica.
Come un rabdomante, il Nostro cerca di intercettare ogni possibile diceria, suggestione che gli possa aprire qualche spiraglio.
Nulla, almeno fino a quando Hercule Poirot non si imbatte in un ritaglio di giornale trovato tra le (poche) cose della vittima. È un articolo del Sunday Companion intitolato "Donne vittime di lontane tragedie. Dove sono finite ora?" In calce al pezzo, quattro riproduzioni fotografiche piuttosto sbiadite, evidentemente scattate molti anni prima.
Perchè la signora McGinty ha avvertito l'esigenza di conservare proprio questo ritaglio di giornale? E perchè lei, che non scriveva a nessuno e che quando lo faceva il più delle volte si serviva dell'aiuto di qualcuno, due giorni prima di morire ha comprato una boccetta d'inchiostro?
Tutta gente simpatica e perbene quella in cui Poirot s'imbatte, eppure, dalle secche del passato...già, il passato: l'investigatore decide di "andare a vedere". Squaderna le quattro fotografie delle "donne tragiche" sotto gli occhi avidi delle famiglie di Broadhinny indiziate.
Si mette ad osservare quel campionario umano alla ricerca di qualche barlume di reazione. Appena accennato, strisciante, ma qualcosa pur traspare.
Un'altra signora viene assassinata, prova inequivocabile che Poirot è sulla strada giusta. Gli indizi, stavolta fin troppo copiosi, porterebbero a una donna ma, si sa, ci sono dei nomi femminili che possono andar bene anche per i maschi.
Le tare familiari non si prescrivono. E per fortuna perchè proprio grazie a esse, l'omino belga salva il collo al povero James Bentley, smascherando il colpevole e trovando il movente. Non senza l'immancabile colpo di scena.
Ottimo come sempre, cher Hercule.
10 e non più di 10 #23
«Questo è tuo figlio, seppelliscilo».
Una borsa di 23 kg: ossa, brandelli di carne.
Ahmed,13 anni. Smembrato dal bombardamento su Gaza City.
Le mie labbra si mordono a sangue. Poi si schiudono.
L'isteria di una risata deforma il volto di un padre.
Le ossa, quel che resta della carne...e il sorriso di Ahmed?
Le carezze, i baci, il coraggio del bambino svezzato ad attentati e privazioni?
Una borsa di 23 kg, mio figlio.
La mia quota di morte.
E rido, perchè la disperazione è limitata.
"I pesci non chiudono gli occhi", di Erri De Luca
"L'infanzia smette ufficialmente quando si aggiunge il primo zero agli anni". Ma non pensiate che succeda qualcosa che ci faccia improvvisamente diventare grandi. Nossignore, si resta nello stesso corpo di marmocchio dell'estate precedente. Solo la testa tenta una ostinata proiezione fuori dal bozzolo della fanciullezza.
Eppure il decenne Erri De Luca intuisce che, oltre ai libri capaci di spalancare il soffitto del carcerato, c'è bisogno di un confronto, una dualità per saggiare centimetro dopo centimentro, anelito dopo anelito, la crescita del corpo e dell'anima. In aggiunta quindi alle chiacchierate con la mamma spesso irrorate dai suoi silenzi maturi , c'è la corrispondenza impregnata di fatica e piccoli gesti con i pescatori dell'isola. Soprattutto, però, vi è l'incontro con una ragazzina di cui l'Erri maturo non ricorda nemmeno più il nome.
Lei affascinata dal mondo animale in cui ogni gesto ha un significato e dove anche l'azione più cruenta è aliena dalla crudeltà; lui che, fin da piccolo, è alla ricerca della parola esatta, quella che può essere stanata nel cruciverba dei bagni di sole.
I due s'incontrano leggendo "frasi sismiche".
La voce narrante, ben consapevole che con l'atto di nascita si eredita la fatica impressa nello scheletro, sa cosa è in procinto di fare il piccolo decenne: quando decide che è arrivato il momento, offre il suo corpo alla cattiveria dei rivali in amore. Si fa pestare a sangue, per liberare l'anelito alla crescita imprigionato nelle pastoie del suo corpo bambino.
La tacita accettazione delle botte prese, però, non può soddisfare la ragazzina. Il suo innato senso di giustizia ha bisogno dell'accadimento riparatore: i due rivali che se le danno di santa ragione fino ad annientarsi e lui invece, costretto ad aspettare nel buio di una cabina, a guadagnarsi lo scettro della vittoria.
Arriva il bacio, "il primo frutto della conoscenza. Ed è mercurio, quella conoscenza, "un liquido sensibile alla temperatura dei corpi".
Un bacio ad occhi aperti da parte del protagonista, perchè (ormai anche l'Erri De Luca che fu è connesso al mondo animale) "i pesci non chiudono gli occhi".
Le sue mani di bambino, che nel corso degli anni verranno impregnate dall'anelito rivoluzionario, ispessite dallo sfiancante strumento da lavoro ed eternate dall'appiglio sempre sfuggente delle pareti, "imparano lo stupore del verbo mantenere". E lo fanno proprio mentre sono costrette, loro malgrado, a lasciar andar via. In questo caso, per sempre.
Ancora una volta, prima di inziare la lettura di un'opera del maestro, la matita è bella e impugnata: per cercare di assorbire, anche visivamente, i tanti pensieri che scavano dentro e segnano. In maniera indelebile.
Grazie, Erri.