“La chiave d’oro”, di Giovanni Verga
Ho riesumato questa raccolta di novelle dalle secche ginnasiali . Mi sono lasciato cullare (ogni sera, per un mese circa) dalle fantasticherie dello scrittore; dal brulicame nero e indistinto dei personaggi ; dai paesaggi con le allodole nel piano, i passeri sul tetto, le foglie e i nidi nelle siepi della Sicilia nonché dagli squarci a lume chiaro del gas di Milano. In questo articolo, però, voglio concentrarmi su uno solo di questi bozzetti del Verga, La chiave d’oro . Trattasi di “una delle novelle più belle e delle meno conosciute” (L. Sciascia ) dello scrittore siciliano che, ciononostante, per i motivi che tenterò di illustrare qui, è di capitale importanza nella produzione verghiana. Breve riassunto: la novella si apre con la figura del Canonico che, dopo cena, sta recitando il rosario insieme a un gruppo di donne. All’improvviso, una schioppettata nella notte squarcia la litania usuale. Il prete, allora, al sentire bussare al portone con un sasso, pallido come il berrett...