Non ricordo cosa facessero gli altri antenati. Eppure son sicuro che se facessi una ricerca genealogica, tutti quelli che hanno qualche cromosoma che si può, anche de relato, collegare a me, abbiano avuto a che fare con le pietre, la calce, il cemento, le costruzioni.
E invece io adesso sto qui. Rinchiuso in queste pareti asettiche dell'ospedale a causa di un incidente. Tutti i miei cari stanno al mio capezzale. Ognuno di loro, finanche la piccola Assuntina che sembra chiedermelo con gli occhi, vorrebbe sapere quale sia stato il motivo che mi ha spinto a sorpassare in curva la betoniera. La fretta? Il bisogno di risentire uno di quei brividi adolescenziali della cui mancanza tante volte mi sono lamentato con mia moglie? No. Ovviamente nulla di tutto questo.
Per fortuna il medico con la testa a pera ha raccomandato ai miei di non chiedermi niente in merito all'incidente. E' da poco, infatti, che ho finito di "commuovermi" cerebralmente.
Si apre la porta. L'infermiera vichinga ordina di uscire tutti fuori.
Dopo che la stanza riprende a respirare a pieni polmoni, mi si avvicina per la puntura.
L'ago s'infilza nella mia carne come se un ago non potesse fare altro che bucare il culo delle persone.
Mi sorride. Va via.
Mi ricompongo. Ho voglia di affacciarmi alla finestra.
Fuori, un palazzo in costruzione.
Il puzzo di cemento l'avverto nonostante i vetri chiusi.
"La betoniera l'ho sorpassata perchè mi fa schifo il cemento. Perchè il cemento non è neutrale. Nossignore. Il cemento è formato da compromesso, speculazione, arrivismo. Odio il cemento, la calce, l'involucro che lo racchiude, il secchio che lo contiene, il mezzo che lo trasporta. Non sopporto il cemento nonostante lo senta scorrere e inzaccherare i miei vasi sanguigni. E' per questo che lo odio e, - rivolto sconfortato al comodino silente - a volte, mi odio anch'io."