Negli anni 60/70 del secolo scorso, parte della Sinistra (e
non solo) riteneva che la droga,
specialmente l'eroina per i suoi effetti maggiormente deleteri, costituisse il cavallo di Troia del capitale: con la
droga, cioè, le plutocrazie del mondo annichilivano i cervelli rivoluzionari,
impedendogli di prendere piena consapevolezza delle proprie forze e di
prepararsi per l’ “l’assalto al cielo.”
“Non disturbare il manovratore”, questo era l'imperativo
categorico del capitale.
Veniamo ai giorni nostri.
“Niente
di nuovo sotto il sole.”
Anche nel nostro tempo, infatti, si ripropone la necessità
di uno strumento in grado di irretire l’attenzione e sterilizzare, così, ogni
presa di coscienza dello status quo.
Ovviamente pure in questo fine
2018 c'è
la droga, con una indubbia prevalenza della cocaina sull'eroina, ma quelle che
ci devono preoccupare di più sono le cc.dd. "nuove droghe"
addirittura più istupidenti di quelle degli anni 60/70.
A che mi riferisco?
Sforziamoci di assumere un punto di vista oggettivo e guardiamoci
per le strade, a scuola, sui luoghi di lavoro.
La nostra attenzione è praticamente monopolizzata dai gruppi di whatsApp (della palestra, dei colleghi di lavoro,
della scuola dei figli, degli amici del calcetto) che c'impongono, per non
uscire dal giro, almeno il minimo sindacale di un “buongiorno” e di una “buonanotte” ogni dì che Dio manda in terra.
C'è poi l'onnipresente facebook sul quale abbiamo il dovere
di postare il nostro parere su ogni accadimento, dal giudizio sul nuovo taglio
degli ultimi cinque capelli della nonna ottuagenaria, al commento sul Def “che
se non ricordo male è stato presentato dalla Cei e dovrà essere approvato dalla
Nato entro la fine del primo quadrimestre, pena sanzioni severissime.”
E via, in media ogni sessanta secondi, a controllare la
comparsa di quel puntino rosso sulla campanella nera su sfondo blu.
Più aumentano i numeretti inscritti nella caccolina rossa,
più la nostra presenza nel mondo si struttura, più il nostro ego si eleva
tronfio sulle umane miserie.
Per non parlare di quando il cerchietto rosso si stampa su
quei due omini neri, sempre su sfondo blu (rosso-blu: adescamento cromatico di
tutto rispetto): un altro fan della nostra iridescente vita muore dal desiderio
di diventarci amico. E sia!
Non c’è manco bisogno di incontrarlo: una rapida
controllatina, e conosciamo anche quante volte sia cambiato il suo piatto
preferito dalle elementari all’università.
Con riferimento al cellulare,
poi, abbiamo i selfie (i giovani
come nuovi "selfie della gleba")
senza soluzione di continuità che, una volta a casa e spento finalmente il
telefonino, ci faranno sorgere qualche dubbio su dove veramente si è stati e
sul perché propria quella sera dovrebbe essere diversa dalle altre.
Con riferimento alla ossessione del cellulare, infine, si
parla di una nuova invasione ben più perniciosa di quella delle cavallette
bibliche: l’invasione dei cc.dd. smombie (crasi tra “smartphone” e “zombie”).
Un esercito di rincoglioniti da cellulare, cioè, che smanettano compulsivamente
h24. A tal punto che, come simpaticamente notava Gianmatteo Pellizzari su
“L’Espresso” di qualche settimana fa, se un novello Leonardo dovesse
ridisegnare il suo “Uomo Vitruviano”, sicuramente lo raffigurerebbe armato di
un telefonino per ognuna delle sue quattro mani.
E come non menzionare la pubblicità? Con il suo feticismo della merce crea bisogno e, molto spesso,
frustrazione in chi quel bisogno proprio non può soddisfarlo.
Sì, d'accordo, il bisogno non sarebbe propriamente tale, ma
dopo dieci interruzioni di un film in cui, puntualmente, ci continuano a
ripetere che le lenti “Calandrino” rendono più belli, pure Gennaro Diecidecimi si convince della
necessità di acquistarli.
Per concludere, ci sono la playstation con la sua realtà
virtuale aumentata e quegli infernali giochini che ogni anno, una volta
sì e l'altra pure, ci affibbiano l'animaletto digitale da accudire o ci
sguinzagliano nelle intercapedini delle città a caccia di mostri.
Frattanto il capitale, il sistema, la società continuano a
viaggiare lungo i binari della loro inesorabile affermazione.
Noi, per quanto ci riguarda, siamo tutti presi a svendere la
nostra attenzione a whatsApp, facebook, pubblicità, playstation e giochini vari.
Se ne faccia una ragione, una volta per tutte, il pur
simpatico Rocco Hunt con il
suo “tutti
dietro alla tastiera/e mo chi 'a fa 'a rivoluzione”: ogni
cosa a suo tempo, caro Rocco, dopo, rispettivamente, il whatsApp a mammà e il selfie con il protagonista
de “Il Segreto.”