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Visualizzazione dei post da luglio, 2014

La cultura del sospetto

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Un ristorantino in riva al mare da fare impallidire la casa a Marinella di Montalbano. E' la prima volta che ci vengo. Ci sono arrivato come piace a me: sbagliando strada, confondendo una traversa con un'altra, confidando sul punto di riferimento a destra che si trova, invece, irrimediabilmente dalla parte opposta. Tant'è, il posto è assai piacevole e per il momento mi basta. Ordino uno spaghetto a vongole. Un cameriere segaligno e severo, dopo aver trafficato per un po' in cucina tra ordinazioni varie e improperi coloriti dello chef, porta sul mio tavolo affamato la pietanza. Su un trespolo alquanto distante da me, un televisore acceso che si affanna a trasmettere immagini. Alla mia destra, il mare. Alla mia sinistra, un casermone di cemento e ferro per un immaginifico popolo di vacanzieri dozzinali. Mentre annuso il piatto, come ancora mi ostino a fare, alla ricerca di una genuinità che dovrebbe pur scaturire da quello che mangio, l'occhi...

Gambe, stantuffi inesauribili

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Un mattina come tante, troppe, nell'ultimo periodo. La noia, quel senso di occasione sprecata ancora una volta, che si sveglia appena un minuto prima della tua stanchezza. Il solito sbuffare che fischietta il motivo di un ulteriore giorno perso. Qualcuno, al posto mio, affiderebbe lo spleen di questa mattina a qualche divinità affinché possa squarciarne il velo. Io, semplicemente, mi metto in borsa l'abusato maalox. Una curva, un manifesto di morte che svogliatamente riconosco diverso. Mi fermo. Lo stronzo dietro di me mi manda a fanculo e mi sorpassa. Io capisco che teoricamente sarei capace anche di farlo a pezzetti, e il pensiero (orrore!) delle sue membra disseminate per casa, mi fa affiorare un ghigno truce sulle labbra. Faccio retromarcia. Quel nome e cognome rivestito di caratteri indifferenti appena un attimo prima mi aggredisce alla gola. Il respiro si smorza fino a dare fondo alla riserva di ossigeno. Mi aggrappo all'omonimia. E nel ritornare in vita,...

Come un rivoluzionario in un collegio di seminaristi

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Sto alla finestra e lo guardo rincasare dopo una giornata di duro lavoro, così sporco di calce da sembrare essersi messo d'impegno a non lasciare manco una fibra pulita della sua maglietta. A tal punto che Carmelina, sua moglie, lo sfotte accusandolo di insozzarsi apposta in modo così assorbente, per convincere la famiglia della sua completa dedizione al lavoro. E come sempre, immancabilmente dopo queste dolci accuse, a Luigi scappa da ridere mentre abbraccia Valentina e Luca. Rientra  a casa. Si sentono le grida divertite dei bambini. Poi l'odore caldo delle patatine, fritte apposta per la ghiotta Valentina. Ancora l'acciottolio delle posate abbandonate ai lati del piatto. Infine la luce riempie la finestra e il televisore traghetta verso il sonno l'intera ciurma familiare. La domenica mattina, invece, li puoi incontrare, Luigi, Carmelina e i pargoli, in giro con le bici che furoreggiano per il Parco Mercatello. Luigi sta lavorando davvero sodo, lo ...

In morte della democrazia

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  La democrazia! Pure i politici in carica (!), ormai, conoscono l'etimologia di questo termine: g overno del popolo, potere della maggioranza. "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora". E', questo, il commento del caustico Churchill che dall'alto della sua sagacia politica, ancora una volta, ha colto nel segno. Ebbene sì perché, sia pure tutti siamo in grado di denunciare i limiti di questa forma di governo, nessuno (e parliamo di insigni costituzionalisti, filosofi politici, storici) è stato capace di trovarne un'altra più "etica" e, perché no, maggiormente funzionante e/o più efficace nella selezione della classe dirigente. L'unica cosa su cui tutti hanno convenuto e continuano a convenire, quindi, è l'esistenza di limiti che depotenziano la democrazia. Limiti, quest'ultimi, che diventano ancora più evidenti in epoche di decadenza...

Il footing "sgarrupato"

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Come tutte le sere da un paio di settimane a questa parte, mi accingo a mordere il chilometro e mezzo scarso che depura il mio fegato ingrossato dalla routine quotidiana. Eccomi qui, con le spalle ridicolizzate da una pettorina troppo gialla e il pantaloncino eccessivamente floscio per essere credibili. Pronti, via. Il mio sguardo fiero, impettito, si cristallizza sui contorni delle colline morenti di sole. Ed è una ricerca delle magnifiche sorti e progressive che di sicuro staranno acquattate lì, ad una spanna dal cielo. In ogni caso, mi dico tronfio, alla mia portata. Purtuttavia, però, abbasso lo sguardo ad altezza d'uomo e c'è un nugolo di alberi che mostrano le radici sconfitte dalla porzione di terreno comunque franato; un cane nero che vorrebbe darmi la corsa, come impone il codice deontologico di ogni cane che si trovi nella scia di un tizio che corre, ma che non c'è la fa a muoversi neanche di un millimetro. E come non notare poi, il pallone piatto che invec...