mercoledì 9 luglio 2014

In morte della democrazia

 
La democrazia! Pure i politici in carica (!), ormai, conoscono l'etimologia di questo termine: governo del popolo, potere della maggioranza.
"È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora".
E', questo, il commento del caustico Churchill che dall'alto della sua sagacia politica, ancora una volta, ha colto nel segno. Ebbene sì perché, sia pure tutti siamo in grado di denunciare i limiti di questa forma di governo, nessuno (e parliamo di insigni costituzionalisti, filosofi politici, storici) è stato capace di trovarne un'altra più "etica" e, perché no, maggiormente funzionante e/o più efficace nella selezione della classe dirigente.
L'unica cosa su cui tutti hanno convenuto e continuano a convenire, quindi, è l'esistenza di limiti che depotenziano la democrazia. Limiti, quest'ultimi, che diventano ancora più evidenti in epoche di decadenza culturale, morale, valoriale, in cui sguazzano i nostri rappresentanti che proprio noi, alla fine, eleggiamo.
In altri termini, una cosa è scegliere tra Berlinguer, Moro e Spinelli; tutt'altra, è scervellarsi su chi sia meno peggio tra Salvini, Alfano e Gasparri. Ma vi è di più: la decadenza di cui sopra, ovviamente, non risparmia nemmeno quel corpo elettorale che dovrebbe scegliere i suoi rappresentanti.
Eletti e elettori, quindi, accomunati da un identico destino di mediocrità. E, d'altra parte non si dice, assai opportunamente, che la classe dirigente è fedele specchio del corpo elettorale che l'ha votata? Certo, ma così, a ben vedere, il cortocircuito diventa inevitabile: Renzi al posto di Berlinguer e l'ex partigiano al posto del concorrente di Uomini e donne. Alea iacta est.
E l'uscita di sicurezza (c'è sempre una via di fuga!), il filo d'Arianna capace di farci uscire indenni dal labirinto, se proprio non ci si vuole cimentare nell'improbabile, al netto di esperimenti da Jurassic Park, riesumazione di Garibaldi, Che Guevara, Madre Teresa di Calcutta e via di questo passo? 
La butto lì: la soluzione, ancora una volta, potrebbe essere data da una forma di governo. Sia chiaro: niente esperimenti di ingegneria costituzionale che infiniti lutti addussero ai cittadini. Nossignore. Il rimedio potrebbe essere ricercato nel passato. Precisamente, nell'Antica Grecia.
Signori e signore...l'Aristocrazia ovvero il Governo dei Migliori!
Tadàààààààààààà.
Attenzione, però, Governo dei Migliori sì, ma con i dovuti correttivi. Nell'Antica Grecia, i "migliori", gli aristoi per l'appunto, erano i nobili per nascita e per censo. Oggidì, invece, non ci dovrebb'essere (e ci mancherebbe!) niente di tutto questo. L'essere migliore dovrebbe dipendere da alcuni parametri indefettibili. Quali? La drittura morale, la cultura, la capacità di governo testata, magari, anche sul campo. Si potrebbe, a tal fine, addirittura indire un concorso per titoli ed esami.
Solo quelli che fossero in possesso di queste virtù, comprovate e certificate, potrebbero varcare la soglia dei Palazzi del Potere.
E a chi spetterebbe il compito (da far tremare le vene ai polsi) di far parte della Commissione d'Esame? Personalità al di fuori di ogni sospetto. Sì, sì, i nomi li faccio, non mi sottraggo agli strali sempre venefici della critica: Umberto Eco, Gino Strada, il Papa (questo papa, ovviamente), il contadino che in qualche paese scordato dal mondo offre l'ultimo pezzo di pane a chi glielo chiede, etc..
Insomma, gente così, persone che per cultura, competenza, onestà possano contribuire a selezionare, nei limiti di una discrezionalità minima (si tratta pur sempre di un concorso che si basa soprattutto su titoli e requisiti), la futura, finalmente capace, classe dirigente del Paese.
E a quel punto, non ci resterebbe altro da fare che incrociare le dita.


 
 

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