Italia, Campania, Salerno
Diventa palpabile non appena decido di stufarmi di radiografare l’anatomia del mio piede e alzo lo sguardo ad un’altezza che ben si confà all’animale sociale che è in me. Ed è a questo punto che si manifesta, dando prova plastica della pervasiva presenza, con le targhe che ammiccano sui citofoni istoriati.
Avv. Antistatario, inevitabilmente figlio dell’omonimo assessore comunale.
Medico chirurgo 8giornidiprognosi, incontrovertibilmente nipote del presidente della Camera di Commercio di Salerno.
Ingegnere Direzionedeilavori, fatamente fratello del direttore del museo provinciale.
Eccolo materializzarsi, quindi, il caldo umido di Salerno che inzacchera il merito dei non protetti, invischia le potenzialità dei figli di nessuno, intrippa le sinapsi e incartapecorisce l’estro dei privi di natali illustri, nobilissimi e perfetti.
È una cappa filamentosa che cinge in un abbraccio mortale l’intero perimetro della città, da Pastena alle porte di Vietri sul Mare. È un respiro asmatico che fischia e scatarra per coprire il brusio di fondo dell’ennesimo tentativo di affermazione.
Certo, a Salerno ci sono le Luci d’artista, un lungomare meraviglioso; ci sarà un Crescent che si annuncia, almeno nelle intenzioni degli inguaribili ottimisti, un manufatto venuto da cielo in terra a miracol mostrare.
E come non parlare, poi, della movida, dei numerosi eventi che premiano le arti e gli artisti, di una programmazione di spettacoli degna di una grande capitale?
Tutto vero e apprezzabile, ça va sans dire. Eppure…eppure.
C’è una domanda, nascosta in nessun quartiere perché presente in ogni angolo di Salerno, che sembra pendere sul capo di ogni salernitano che vuole spendere i talenti che ha in dotazione o di cui si è riempito la scarsella a prezzo di enormi sacrifici: Sì ma…chi conosci, chi ti ha parlato di noi, chi ti manda?
In un impeto di reflusso egalitario, vorrei poter dire che ogni quisque de populo talentuoso è conoscente mio, che lo sponsorizzo io in questa palude di rinnovamento che a volte Salerno è, salvo poi, con annichilente rammarico, ricordarmi che anch’io faccio parte della plebaglia anonima; per di più, di una massa finanche priva di talento.
Viviamo, nella bellissima Salerno, un’epoca di inondazione conformistica. Ed in ogni inondazione che si rispetti, la prima cosa che manca è l’acqua potabile.
Buona fortuna.
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