Sì, la sensazione è proprio quella della bambina che sta per tagliarsi quel sovrappiù di pancia.
L’autore di quest’opera di street art è il corrosivo inSerra. È inutile che cerchiate di appioppare un volto all’artista. In pratica, nessuno sa chi sia. Per lui, parlano le opere, diffuse soprattutto nel salernitano.
L’ultima a far discutere, è stato il Gesù crocifisso a un hastag: manco a dirlo, immediatamente censurata.
La prima volta che ho posato lo sguardo sulla bambina del porticciolo, sono rimasto spiazzato: possibile che una mocciosetta possa già rifiutare il suo corpo? E restavo a guardarla mentre, conoscendo lo stile provocatorio e di denuncia di inSerra, riflettevo sulla nostra società in grado fin dall’infanzia di inculcare modelli.
E sì perché quelle forbici aperte sulla pancia della bambina interrogano spietatamente ognuno di noi. Ci mettono di fronte all’impresa titanica, vissuta giorno per giorno, di discostarci quanto meno possibile da tutto ciò che è regolare. La diversità, anche quando si concreta in un arricchimento, fa paura, diventa un fardello da immolare sull’altare della nostra serenità.
Si sta bene quando si è in sintonia con l’esteriorità del mondo, allorché si rientra nei parametri di ciò che è consueto.
Il “monstrum” latino era sia la diversità che incute repellenza (Polifemo) sia la differenza che cova il prodigioso (la pianta nata dal cadavere di Polidoro le cui foglioline, strappate da Enea, gocciolavano sangue).
In italiano, quando si parla di “mostro”, si allude quasi esclusivamente a qualcuno, a qualcosa a tal punto diverso dall’ordinario, da risultare inaccettabile per i nostri canoni. Proprio come, a ben vedere, il grasso di cui si vuole disfare la bambina di inSerra.
Del miracoloso, non c’è rimasto praticamente niente.
Il diverso, in soldoni, presuppone un volo troppo ardito per le nostre comode ali di cera.