È una redazione raccogliticcia, un rassemblement di nuove e vecchie disillusioni, quella messa in piedi dal dottor Simei. Missione? Confezionare dodici "numeri zero", uno per ogni mese dell'anno, disposti a dire la verità su tutto.
Piccolo particolare: il giornale verrà stampato in pochissime copie, quante ne basteranno al commendatore Vimercate, editore di "Domani", per dotarsi di una probabile arma di ricatto.
Secondo il suo convincimento, infatti, sarà sufficiente dimostrare di essere in grado di mettere in difficoltà qualche pezzo grosso, per entrare nel salotto buono della finanza, delle banche e dei grandi giornali.
Ovviamente, l'esperimento riuscirà solo se nessuno, a parte il Commendatore, Simei e Colonna, saprà che il giornale non vedrà mai la luce. Tutti, compresi i collaboratori, dovranno pensare che "le rotative scalpitano."
È un giornale, in soldoni, ricavato dalle notizie pubblicate su altri quotidiani e prontamente dimenticate (tutto si dimentica e sempre più in fretta).
Il linguaggio dovrà essere quelle dell'uomo qualunque, che parla, per esempio, di "occhio del ciclone" per indicare il centro tumultuoso degli eventi, ignorando che è proprio lì, nell'occhio del ciclone, che c'è l'unico punto di calma perfetta.
E via dunque agli oroscopi, alle notizie che sembrano voler comunicare qualcosa ma che, in realtà, fomentano sospetti e retropensieri.
Colonna, la persona scelta da Simei per dirigere "Domani", è un perdente "compulsivo", abbandonato, a cinquant'anni suonati, sulla via della solitudine dopo pochi anni di matrimonio, che non si è mai laureato perchè sapeva il tedesco.
Potrebbe scrivere un libro, ma il suo continuo rimando a situazione letterarie glielo impedisce.
Un cielo nitido e terso? Nella mente di Colonna scatta subito, fino a non lasciar posto ad altra circonlocuzione, il cielo "da Canaletto." Addio, quindi, originalità, e buonanotte velleità da scrittore!
Poi c'è Maia (rimando al "velo di Maya" di Schopenhauer?), trentenne che è in disaccordo con il mondo perchè nessuno, almeno fino all'incontro con Colonna, riesce ad accordarsi con i tempi illuminanti delle sue intuizioni e dei suoi pensieri.
Tra gli altri personaggi di "Numero Zero", non si può non parlare di Braggadocio la cui mente ha come unico filo conduttore il complotto paranoico. Riesce a concatenare tra loro eventi apparentemente lontani e discordanti ricostruendo, così, una fantasiosa(?) storia di cinquant'anni d'Italia. Il fulcro della narrazione è il sosia di Mussolini (quello esposto in Piazzale Loreto) mentre il vero duce se n'è rimasto tranquillo e beato in Argentina fino al giorno della sua morte: il giorno stesso del fallito colpo di Stato di Junio Valerio Borgese. E poi Gladio, la P2 con il venerabile Gelli, l'assassinio di Papa Luciani, la Cia, le Brigate Rosse infiltrate, e via di questo passo.
Macchina del fango? E come mai un giornalista è stato ucciso? E perchè la trasmissione della BBC sembra dare ai fatti un'aurea di veridicità?
Qual è la verità, quale la menzogna?
Colonna, ormai fattosi persuaso del pericolo di morte imminente, vorrebbe scappare via lontano, in un posto dove anche il Male sia riconoscibile come tale e non nascosto tra le pieghe del perbenismo.
"E perchè andar via, allora?" - gli chiede sarcastica Maia (ed eccolo il velo del filosofo che, ormai squarciato, mostra la nuda verità!): l'Italia sta proprio diventando come il paese di sogno in cui Colonna vorrebbe esiliarsi, la nazione in cui non c'è più memoria. Ergo, - è l'amara conclusione di Maia - è inutile andarsene via.
Sarà, ma io non sento più la voce del personaggio del libro che dice queste cose. Quest'ultima frase, la parte finale del romanzo per chi avrà la bontà di leggerlo, è pronunziata con quello scoramento burbero, proprio del piemontese pronto a risalire in montagna per resistere alla barbarie, del Maestro.
Ancora una volta, Prof, c'ha visto giusto.