giovedì 22 maggio 2025

"Il mondo alla fine del mondo", di Luis Sepulveda (trad. I. Carmignani), Guanda editore

    

    Il Nishin Maru, una nave officina giapponese comandata dal capitanoTanifuji, risulta ufficialmente demolita a Timor. Perchè allora, da un'agenzia giornalistica legata a Greenpeace, arriva un dispaccio che ne attesta la presenza in acque magellaniche? E soprattutto, cosa c'è dietro la denuncia del capitano Tanifuji riguardo alla perdita di ben diciotto uomini dell'equipaggio, oltre a un numero imprecisato di feriti, e a gravi danni riportati dall'imbarcazione?
Il protagonista del romanzo, un giornalista cileno esule dal suo Paese, intuisce che dietro la vicenda del Nishin Maru c'è un retroterra che pur gli appartiene: l'atmosfera dei mari australi che fin da giovanetto, ammaliato dalle atmosfere del Moby Dick di Melville, ha avuto moto di vivere a bordo di una baleniera. 
    Caso vuole che anche adesso, pur lontano dagli approdi dell'adolescenza, si imbatte nelle balene; più precisamente, nella loro caccia indiscriminata da parte proprio del Nishin Maru e del suo equipaggio.
    Grazie al prezioso aiuto della corrispondente Sarita, il Nostro riesce a raccogliere molti elementi utili all'indagine. Ben presto, però, capisce che se vuole davvero impedire la mattanza dei grossi cetacei, deve fare i conti col proprio passato; deve, in altri termini, riappropiarsi delle suggestioni del suo mondo. A bordo di un aereo, allora, torna alle latitudini che gli sono proprie. Qui il capitano Nilssen, a bordo dell'intrepido Finisterre, l'attende per mostrargli un evento che ha dell'incredibile. E sì, perchè ci sono accadimenti che anche le parole più esatte, non hanno il potere di rappresentare in maniera fedele e appropriata.
    Il giornalista cileno, dopo aver toccato le profondità dell'aberrazione relativa alla caccia alle balene (dal risucchio delle acque con tubi che aspirano ogni forma di vita nell'oceano, alle accecanti luci di un elicottero che servono ad attirare i cetacei poco prima di falcidiarli con scariche di mitra), viene portato sul luogo della rivelazione. Una volta qui, è pronto per il racconto prodigioso del capitano Nilssen: la scialuppa del pantugruelico Pedro Chico, socio e sodale del capitano, decideva di opporsi in qualche modo alla mattanza delle balene Calderon da parte del Nishin Maru; da sola, contro lo strapotere della nave officina giapponese. 
    L'Intelligenza delle creature, il loro spirito di giustizia che sa sempre da che parte schierarsi (a fianco dei deboli e degli uomini di buona volontà, contro i prevaricatori e i distruttori della Natura), sentono che è il momento di stabilire connessioni: "obbedendo a un richiamo che nessun altro uomo ha mai sentito in mare, un richiamo così acuto che lacerava i timpani, trenta, cinquanta, cento, una miriade di balene e di delfini nuotarono rapidi fin quasi a toccare la costa, per poi far ritorno ancora più velocemente e sbattere la testa contro la nave". Di contro, la scialuppa di Pedro non solo viene salvaguardata dalle balene, ma addirittura spinta fino al Finisterre, in salvo.
    C'è un "umano" sentire tra gli uomini e la Natura che, anche quando viene rinnegato proprio dall'uomo (usurpatore di accezioni positive!), raffiora travolgente e impetuoso. Almeno lì, nelle distanze incommensurabili del "mondo alla fine del mondo".
      

giovedì 15 maggio 2025

"La storia di Luca-uno qualunque", di Francesco Cozzolino, Edizioni Eresie

    


    Il protagonista Luca, ma potrebbe chiamarsi anche Clara, Vincenzo, Andrea (il paradigma di un'esistenza al macero eppur desiderosa di riscatto), è un giovane con un'indole altruista e curiosa delle cose del mondo. Avrebbe voluto fare lo scienziato con lo stesso trasporto del bambino che, attratto dal puzzo del carburante e dal portafoglio sempre ben rigonfio di banconote, si vede già inguainato nella tuta da benzinaio. 

    Il padre, sopravissuto agli orrori della seconda guerra mondiale, assolve all'ingrato compito genitoriale in maniera silenziosa, prevalentemente con l'esempio: le parole le ha spese per maledire la cupidigia degli uomini e la crudeltà dell'esistenza.

    La giovane mamma, troppo giovane e inesperta, si accontenta di attingere vita, assieme al figlio, dalle esperienze del marito.

    È altruista, Luca. Ha una sua coscienza sociale e uno spirito di osservazione, spesso polemico, che gli consente di "sgamare" i meccanismi scellerati del capitalismo d'accatto. Purtuttavia...    

    La periferia, quella napoletana, è il palcoscenico in cui Luca prova a recitare la sua parte. Ben presto, però, intuisce che la sua dimensione ha bisogno di uno sviluppo altro. E allora, nonostante assai velocemente si renda conto che la sua proiezione nel mondo è deleteria, continua (cupio dissolvi?) a spingersi oltre i confini dell'aberrazione: la camorra, gli aghi sempre più famelici piantati nelle vene, il carcere. E intorno a lui c'è un mondo di caduti, di schegge impazzite che avrebbero voluto far saltare il meccanismo, ma che ben presto ne sono diventati la sostanza lubrificante che lo perpetua all'infinito: Andrea sulla sedie a rotelle dopo l'incidente che ha segnato la morte della sua ragazza, la spigliata Teresa che rischia di fare la fine della mamma, Debora che vede perdersi il suo Luca, Umberto Oliviero, il "pezzente malato di bronchi", Maria e le sue crisi d'astinenza, Caterina Loquace in arte Lola, il tossico Pietro, vittima del suo demone e dell'auto stipata di bionde di contrabbando che deve sfuggire all'ennesima retata. 

    Questa è la dannazione. Ma poi c'è il riscatto: grazie al personale dell'ICATT (Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze ) di Eboli, e agli incoraggiamenti e alla disponibilità fattiva dei ragazzi e degli insegnanti del Liceo Classico "E. Perito" di Eboli (presso l'Auditorium del Liceo c'è stata anche una rappresentazione teatrale liberamente ispirata a La storia di Luca), Francesco Cozzolino-Luca ce l'ha fatta: è riuscito, armato del setaccio della tenacia, a filtrare il buono anche da un'esistenza ai margini. Si è rimesso in carreggiata. A riprova del fatto che con la volontà e gli incontri giusti, non esiste il "fine pena mai".

    Buona vita, Francesco-Luca.

mercoledì 7 maggio 2025

10 e non più di 10 #37

    


    Una strega, di quelle accattivanti e sinuose, incontra un contadino nel bosco:

«Farò di te quello che vorrai...» e già il villico si figura mille scenari di onnipotenza «...ma bada bene: contemporaneamente farò due volte la stessa cosa al tuo vicino».

    "Ricchezze per me, ma il doppio per quel porco? Donne per me, ma il doppio per il lestofante? Salute e benessere per me, ma due volte tanto per il figlio di cane che è a un passo da me?"

    Il contadino, allora, pianta gli occhi allucinati sulla strega: 

    «In verità, ho scelto quello che fa per me, il doppio di cui, per tuo espresso volere, verrà concesso al mio vicino. Avvicinati, Magnifica madonna...di più, ancora di più...bene, così: prendimi un occhio. Subito!»

giovedì 1 maggio 2025

"I cento talleri di Kant", di Pietro Emanuele, Adriano Salani editore

   


     La filosofia, si sa, è un sapere che va scandagliato, approfondito per ogni autore e per ciascun argomento. Eppure, massimamente in questo tempo parcellizzato, si può partire da alcuni esempi (cinquanta ne sceglie Pietro Emanuele) che, partendo dal paradosso di Zenone sulla tartaruga e Achille (che infiniti lutti addusse ai liceali), approda a un altro infinito, quello della Biblioteca di Babele di borgesiana memoria "la quale comprende tutti i libri che sono stati scritti sinora e quelli che potenzialmente sono in grado di essere scritti in qualsiasi tempo".

    Il percorso del filosofo siciliano è ovviamente progressivo: nella prima parte, ci sono altri exempla come l'Encomio di Elena di Gorgia da Lentini, il c.d. "dilemma del coccodrillo" corredato dall'immancabile patema d'animo del papà (me lo restituisce o no il mio figliolo?), il celeberrimo asino di Buridano e il Paracelso cinquecentesco, principe dei maghi, con il suo odio contro i mercanti nemici, a suo dire, del benessere e dell'economia.

    Nella seconda parte del libro, Emanuele ci intrattiene, tra l'altro, con il Dio orologiaio creatore dell'armonia universale di Leibniz e con la statua "sensibile" di Condillac

    Per ridicolarizzare i sognatori della Metafisica poi, ecco il riferimento ai cento talleri di Kant di cui una cosa è sognare di averli in tasca, tutt'altra è il trovarseli materialmente in saccoccia. E dove lo mettiamo il teschio di Amleto che impauriva Hegel (l'essere dello spirito è un osso)?

    La parte terza prende le mosse dall'uomo che scivola e cade di Bergson per poi intrattenersi sulle scarpe sudate della contadina di Heidegger (l'angoscia che, checchè ne dirà poi Croce, penetra addirittura nella suola delle scarpe). C'è spazio pure per l'altra faccia della Luna e per la teoria della verificazione di Moritz Schlick oltrechè per l'arto fantasma che irradia una diabolica percezione di presenza di Maurice Merleau-Ponty.

    Questo, e tanto altro, è presente nel libro edificante di Pietro Emanuele che attraverso gli esempi, scorciatoie per giungere ai concetti senza troppa fatica, squaderna davanti ai nostri occhi un flusso di sapere in cui è una goduria immergersi (sia pure solo per i pochi secondi di cinquanta esempi).

giovedì 24 aprile 2025

10 e non più di 10 #36

     


    La scarpetta le calzava a pennello (...). Era evidente che la scarpetta apparteneva a Cenerentola...

    "...e che avrà avuto un numero di piede 45 o, per converso, 25, per essere attribuita senza tema di smentita a Cenerentola?"

    Seguendo l'istinto, si chinò sulla principessa e le diede un bacio sulle labbra. (...) - Chi siete? Come avete fatto a trovarmi?

    "Certo, dopo aver schiacciato un pisolino lungo un secolo, l'alito della principessa avrà odorato di roselline fresche!"

    Basta: gli anni scontano un inacidito disincanto.

    E allora i ciucci riprendono a volare, le fate a districarsi tra mille incantesimi, la zucca ad acconciarsi a carrozza "de luxe". 



giovedì 17 aprile 2025

"Il Congresso di Vienna 1814-1815" di Guglielmo Ferrero (ed. Corbaccio)

    


     Il Congresso di Vienna viene visto, dall'insigne storico antifascista Guglielmo Ferrero, come la ricostruzione dell'ordine prestabilito dopo l'ubriacatura rivoluzionaria che ha sconquassato l'Europa.

    Tre uomini più di tutti, ognuno a suo modo "bizarro ed enigmatico", hanno liberato la Storia dall'impasse in cui era sprofondata: Alessandro I, zar di Russia, Charles Maurice Talleyrand de Perigord, Luigi XVIII, re di Francia.

    Lo zar Alessandro ha preso l'iniziativa nel 1812. 

    Appena trentacinquenne, Alessandro I capisce che la sua vittoria in patria non avrà alcun valore e che anzi sarà il principio di una guerra senza fine, se non riuscirà a ricostruire il sistema europeo. Tutto giusto, ma ricostruirlo con chi? Innanzitutto con il protagonista dell'intera opera di Ferrero, quel Charles Maurice Talleyrand de Perigord, il grande "irregolare" che aveva sempre servito la Rivoluzione e lo spirito d'avventura ma che era sostanzialmente un epigono (a sua insaputa?) della Ricostruzione. E questo fin da quando, a venticinque anni, a causa di un "piede difettoso", dovette subire la vestizione "suggeritagli" dall'influente famiglia. 

    Con la sua spiccata intelligenza, avrebbe potuto diventare in pochi anni arcivescovo di Parigi. E invece Talleyrand, nove anni dopo, per la sua vita volutamente scandalosa e ribelle alla gerarchia ecclesiastica, è ancora abate. Poi, certo, riesce a diventare vescovo "per segnalazione", ma quasi a voler mettere subito le cose in chiaro, prende moglie nonostante la carica ricoperta. Naturale, quindi, la simpatia per uno spirito ribelle come Napoleone: è stato infatti dapprima ministro del Direttorio, poi del Consolato, infine dell'Impero. Eppure, quando la ragion di Stato lo ha richiesto, non ha esitato a tradire Bonaparte. Tradimento, quest'ultimo, che la posterità non gli ha ancora perdonato, sebbene con questo voltafaccia Talleyrand ha salvato tutta l'Europa, Francia compresa.

    La verità, intuita ben presto dal vescovo che ha rinnegato la Chiesa non appena ha potuto, è che "per ristabilire l'ordine e la pace in Europa bisognava far cessare la gran paura; cioè sostituire alle usurpazioni i governi legittimi", avendo come principio ispiratore quello della legittimità: gli stati sopravvivono solo quando la trasmissione del potere avviene secondo regole collaudate dal tempo e legittimate dalla maggior parte dei cittadini.

    Il terzo personaggio senza il quale gli incastri (più o meno riusciti) del Congresso di Vienna non si sarebbero verificati, è sicuramente Luigi XVIII, re di Francia, chiamato dal suo esilio, che solo poteva far la pace perchè i francesi riconoscevano ancora la sua autorità, il suo potere.

    Il Congresso di Vienna (proverbiale anche per i suoi balli sontuosi e per le relazioni d'alto rango intessute durante il suo svolgimento), secondo Ferrero, non è stato il "concilio ecumenico dell'assolutismo europeo", bensì un gran successo. Certo, "non tutte le soluzioni che esso ha dato ai grandi problemi posti dalla Rivoluzione sono state buone. Alcune sono mediocri e hanno posto nuovi problemi" (ad es. l'Italia e la Germania) ma ha liberato l'Europa dalla grande paura.

    E tanto basta per confutare il giudizio poco lusinghiero che normalmente si dà del Congresso di Vienna.  

 

venerdì 11 aprile 2025

10 e non più di 10 #35

     


    «Con la canzone "Arie", scritta da Autuori-Baldi-Brancaccio-Caccavale-Cernicchiara-De Leo-Della Corte-Di Stasi-Esposito-Farina-Lanzetti-Sacco-Vuolo, cantano gli Equanimi».

    Incuriosito dalla selva di autori, mi procuro il testo della canzone: 30 parole e 12 di ritornello (ripetuto ben 5 volte). 

    30+12=42 parole.

    Gli autori sono 13. Quindi 42 parole/13 autori=3,23 parole ad autore.

    Se il nome di battaglia del gruppo (gli Equanimi) ha un senso, ogni autore ha contribuito proprio con 3,23 parole. 

    Magari un verbo e un paio di pronomi personali a testa.

    E lo 0,23 periodico? Basandomi sul titolo "Arie", ne presagisco la flatulenza.



"10 e non più di 10" #49

           All'ingresso,  questuanti allampanati per associazioni moltiplicatrici di sensi di colpa.     Si apre la porta automatica, e ...