giovedì 19 giugno 2025

"Vita e destino", di Vasilij Grossman (trad. Claudia Zanghetti), Adelphi editore

     


    Questo monumentale romanzo di Grossman (ebreo russo ben presto deluso dal regime comunista), ambientato nell'Unione Sovietica durante la battaglia di Stalingrado (1942-43) contro la Germania nazista, è un'opera "dalla culla alla tomba": nelle sue mille e più pagine, infatti, le diverse esistenze dei personaggi affrontano tutte le tematiche che costellano l'esistenza umana: dal dramma bellico in cui l'Armata Rossa combatte la guerra non tanto contro un Paese nemico, quanto contro la barbarie del Terzo Reich (tra gli altri, i personaggi della casa 6/1); alle prese di posizione ostinate, come quella del professore Strum Viktor Pavlovicfisico e membro dell'Accademia delle Scienze, che si oppone alla volontà del Partito di subordinare l'empiricità della scienza all'ideologia imperante.

    Come non accennare poi all'Amore, scandagliato in tutte le sue infinite sfaccettature? C'è quello altro e "illegittimo" proprio del professor Strum per la moglie di un collega; c'è l'altro incommensurabile e inconsolabile di Ljudmila Nikolaevna per il figlio Tolja; vi è, infine, quello combattuto di Zenja tra il colonnello Novikov e l'ortodosso Krymov che pure verrà rinchiuso nella famigerata Lubyanka.

    Grossman affronta il tema della Politica, mettendo in risalto il ruolo egemone di Stalin, non di rado raffigurato come un despota volubile e terribile (il gran burattinaio di tutta l'Unione Sovietica). Lo sguardo, poi, dello scrittore "eretico" (il Comitato esaminatore, fin dal dicembre 1960, giudica il romanzo "anti-sovietico" e lo sequestra assieme alle "carte carbone, agli appunti, alle copie e persino ai nastri delle macchine da scrivere"), si sofferma, con pagine di una liricità e di una profondità sconvolgente, sui forni crematori e sulle disperate condizioni di tutti i prigionieri, di qualsiasi nazionalità essi siano.

    E qui mi fermo, proprio perchè da scrivere ci sarebbe ancora tanto. Troppo. 

    La verità è che provare ad abozzare una recensione appena sufficiente di "Vita e destino", è praticamente impossibile, tanti sono i personaggi e gli argomenti trattati; ma sempre con una scrittura limpida e con la vena ispirata del narratore di razza.

    È un'opera, il romanzo di Grossman, da leggere e da rileggere (a dispetto delle sue quasi mille e duecento pagine) e in cui cercare conforto specie in tempi come questi, dove il senso si è smarrito e l'umanità agonizza nelle pastoie di un mondo impazzito.

mercoledì 11 giugno 2025

10 e non più di 10 #38

    


     «Com'è 'sta storia? Io, da poco diventato italiano, ho votato al referendum; ovviamente sì al quesito sulla cittadinanza, per una solidarietà "di pelle" con quelli che ancora agognano di diventare italiani. E ho votato anche sì, sebbene sia un imprenditore, a tutti e quattro i quesiti sul lavoro. Perchè è giusto così».

«E quindi?»

«Mi sarei aspettato che almeno gli italiani da lavoro dipendente, si fossero recati in massa alle urne; e che poi, sulla casella della cittadinanza a 5 anni, avessero messo una bella ics».

«Perchè è giusto così?»

«Anche; ma pure per l'entusiasmante "proletari di tutto il mondo..."».

«...del tempo che fu».

«Ecco».







giovedì 5 giugno 2025

"Le rose di Atacama". di Luis Sepulveda (trad. Illide Carmignani"), Guanda editore

     


    Tutto prende le mosse dalla visita del compianto scrittore al campo di concentramento di Bergen Belsen, in Germania. In un angolo del campo, dove si innalzavano gli infami forni crematori, c'è una scritta: "Io sono stato qui, e nessuno racconterà la mia storia". 

    Luis Sepulveda intuisce che l'unico modo per contendere all'oblio le tante storie del mondo, massimamente di quelle degli emarginati, degli sconfitti, è la parola. Da qui prende le mosse questo libro che racchiude ben trentaquattro racconti di "storie marginali", come opportunamente le definisce l'autore: quella delle rose di Atacama del titolo, le fragilissime rosa rosso sangue che fioriscono una volta all'anno, sebbene stiano sempre lì sotto la terra salata, e che a mezzogiorno saranno già state calcinate dal sole. C'è poi quel "tal Lucas" (la clandestinità non si può permettere il lusso di un cognome) a cui, quando gli si chiede:« Perchè vuoi salvare il bosco?» risponde senza scomporsi «Perchè bisogna farlo. Perchè sennò?».

    Come non menzionare, tra i tanti personaggi del libro, Mister Simpah e il suo cimitero di barche in demolizione? 

    Manco il tempo di commuoversi per l'ecatombe dei tanti natanti che fa capolino, tra le pagine, il volto arcigno del pirata dell'Elba, al secolo Klaus Stortebecker, che vuole essere decapitato in piedi a patto che "per ogni mio passo dopo che la mia testa ha toccato terra, si salvi uno dei miei uomini": ne riuscirà a salvare ben dodici, di suoi uomini, prima di stramazzare al suolo.

    C'è spazio anche per i cavatori di Pietrasanta: "quando ti troverai davanti una statua scolpita in marmo di Carrara, pensa ai cavatori e ai marmisti di Pietrasanta. Pensa a loro e saluta quel dignitoso anonimato".

     Allorché Sepulveda ne ha d'avanzo di persone, ecco stagliarsi la figura di Fernando, il cane venuto un giorno assieme al suo padrone poi morto (Fernando?), divenuto ben presto il beniamino della città di Resistencia.

    La tentazione di ritornare all'umano, però, è troppo forte: via libera allora alla bruna e alla bionda, le due magnifiche compagne che nonostante le indicibili torture subite nella famigerata Villa Grimaldi ("luogo che si iscrive nella topomomastica universale dell'orrore e dell'infamia"), hanno vinto la morte: "quei corpi che parlano d'amore conservano l'amore di tutti i caduti".

    Non poteva mancare, infine, il tema del sogno ispirato a Salgari e il cielo dell'aldilà in cui troneggia il papa Hemingway.

    Ci sarebbe tanto altro, in questo libro agile e denso allo stesso tempo, ma mi piace chiudere con la parola "compa" (compagno), "parola secca e succosa allo stesso tempo, parola dura e tenera", che è presenza costante nei racconti di Luis Sepulveda.


giovedì 29 maggio 2025

"Episodi della vita del generale Giuseppe Avezzana", di Giuseppina Romano, Dea edizioni

   


      Leggendo quest'opera, una congerie di riflessioni, e della più disparata natura, si incolonnano pronte a essere sviscerate: una relativa al rapporto che s'intuisce assai tenero tra l'invitto Generale e la sua nipotina, la scrittrice Giuseppina Romano che, appena diciassettenne, ha raccolto questi episodi dalla viva voce del nonno; l'altra, attinente all'integrità morale e allo spirito di sacrificio propri dell'Avezzana la cui figura solo un'epoca fertile e feconda di spiriti magni (suo coetanei e amici sono personaggi del calibro di Garibaldi, Mazzini, etc.), ha potuto relegare in secondo piano ("eroe in penombra"); ulteriori riflessioni meritano la generosità e l'abnegazione per l'ideale (la Patria libera) di Giuseppe Avezzana di tanti altri protagonisti che, col senno di poi, commuove davvero in questi tempi grami in cui l'interesse personale la fa da padrona.

    Come non lasciarsi stupire, infine, da una vita, quella del Generale, a tal punto ricca di avvenimenti (e che avvenimenti!), da "riempire" almeno una mezza dozzina di vite "normali"? Proprio per evitare smarrimenti e smottamenti lungo un'esistenza così complessa, preziosa è la guida di Floriana Basso (l'autrice della prefazione) che riesce, con l'essenzialità del tratto sicuro e mai banale, a non farci perdere la rotta nel mare procelloso della vita del Nostro.

    In via esemplificativa e non esaustiva, troviamo l'Avezzana giovanetto già protagonista nella prima campagna di Napoleone (1812-1813). Subito dopo è nella sua Torino, mentre combatte lo "straniero invasor" nei moti del 1821. Giunge quindi in Spagna, sempre schierato a difesa degli ideali liberali. Da qui, vi è l'approdo in Messico e addirittura la fondazione delle città di Tampico (1829). Lo ritroviamo a New York dove sposa la sua prima moglie Mary (in seguito deceduta per una rovinosa caduta da un'altezza considerevole; convolerà a seconde nozze con la cognata più piccola, anch'essa scomparsa prematuramente) che gli donerà una nidiata di figlioletti.

    Il richiamo della derelitta Patria però, è più forte degli affetti, pur monopolizzanti, della famiglia. 

    Parte per l'Italia, ed è già a Genova schierato a sua difesa; quella stessa Genova che sarà costretto ad abbandonare, non prima di averne ringraziato la popolazione con un toccante commiato.

    Un'altra meta italiana lo aspetta: Roma e la sua repubblica, in cui ricoprirà la carica di Ministro della guerra e della difesa. E soprattutto nell'Urbe si solidifica il rapporto di stima e amicizia con Giuseppe Garibaldi; lo stesso Garibaldi che, allorquando da deputato nel 1879 gli fu offerta una corona di lauro per l'anniversario del 30 aprile 1849, la respinse inviandola proprio al nostro Giuseppe Avezzana. 

    Con l' "Eroe dei due mondi", il Generale partecipa alla battaglia del Volturno.

    Schierato alla Sinistra del Parlamento, viene nominato deputato in ben cinque legislature, rappresentando anche il collegio di Capaccio. Una delle sue figlie, Felicita, sposerà il commendatore Francesco La Francesca (che ha ospitato Garibaldi nel suo palazzo di Eboli).

    Il lascito del Generale Giuseppe Avezzana alle future generazioni è uno sprone a battersi sempre, oltre che per la Patria, per gli ideali ancora in grado, malgrado continuamente corrosi da una retorica d'accatto, di giustificare un'esistenza. E in queste memorie, narrate dalla Romano con la musicalità e la ricchezza proprie dell'italiano di fine Ottocento, ne è ben presente l'eco.

giovedì 22 maggio 2025

"Il mondo alla fine del mondo", di Luis Sepulveda (trad. I. Carmignani), Guanda editore

    

    Il Nishin Maru, una nave officina giapponese comandata dal capitanoTanifuji, risulta ufficialmente demolita a Timor. Perchè allora, da un'agenzia giornalistica legata a Greenpeace, arriva un dispaccio che ne attesta la presenza in acque magellaniche? E soprattutto, cosa c'è dietro la denuncia del capitano Tanifuji riguardo alla perdita di ben diciotto uomini dell'equipaggio, oltre a un numero imprecisato di feriti, e a gravi danni riportati dall'imbarcazione?
Il protagonista del romanzo, un giornalista cileno esule dal suo Paese, intuisce che dietro la vicenda del Nishin Maru c'è un retroterra che pur gli appartiene: l'atmosfera dei mari australi che fin da giovanetto, ammaliato dalle atmosfere del Moby Dick di Melville, ha avuto moto di vivere a bordo di una baleniera. 
    Caso vuole che anche adesso, pur lontano dagli approdi dell'adolescenza, si imbatte nelle balene; più precisamente, nella loro caccia indiscriminata da parte proprio del Nishin Maru e del suo equipaggio.
    Grazie al prezioso aiuto della corrispondente Sarita, il Nostro riesce a raccogliere molti elementi utili all'indagine. Ben presto, però, capisce che se vuole davvero impedire la mattanza dei grossi cetacei, deve fare i conti col proprio passato; deve, in altri termini, riappropiarsi delle suggestioni del suo mondo. A bordo di un aereo, allora, torna alle latitudini che gli sono proprie. Qui il capitano Nilssen, a bordo dell'intrepido Finisterre, l'attende per mostrargli un evento che ha dell'incredibile. E sì, perchè ci sono accadimenti che anche le parole più esatte, non hanno il potere di rappresentare in maniera fedele e appropriata.
    Il giornalista cileno, dopo aver toccato le profondità dell'aberrazione relativa alla caccia alle balene (dal risucchio delle acque con tubi che aspirano ogni forma di vita nell'oceano, alle accecanti luci di un elicottero che servono ad attirare i cetacei poco prima di falcidiarli con scariche di mitra), viene portato sul luogo della rivelazione. Una volta qui, è pronto per il racconto prodigioso del capitano Nilssen: la scialuppa del pantugruelico Pedro Chico, socio e sodale del capitano, decideva di opporsi in qualche modo alla mattanza delle balene Calderon da parte del Nishin Maru; da sola, contro lo strapotere della nave officina giapponese. 
    L'Intelligenza delle creature, il loro spirito di giustizia che sa sempre da che parte schierarsi (a fianco dei deboli e degli uomini di buona volontà, contro i prevaricatori e i distruttori della Natura), sentono che è il momento di stabilire connessioni: "obbedendo a un richiamo che nessun altro uomo ha mai sentito in mare, un richiamo così acuto che lacerava i timpani, trenta, cinquanta, cento, una miriade di balene e di delfini nuotarono rapidi fin quasi a toccare la costa, per poi far ritorno ancora più velocemente e sbattere la testa contro la nave". Di contro, la scialuppa di Pedro non solo viene salvaguardata dalle balene, ma addirittura spinta fino al Finisterre, in salvo.
    C'è un "umano" sentire tra gli uomini e la Natura che, anche quando viene rinnegato proprio dall'uomo (usurpatore di accezioni positive!), raffiora travolgente e impetuoso. Almeno lì, nelle distanze incommensurabili del "mondo alla fine del mondo".
      

giovedì 15 maggio 2025

"La storia di Luca-uno qualunque", di Francesco Cozzolino, Edizioni Eresie

    


    Il protagonista Luca, ma potrebbe chiamarsi anche Clara, Vincenzo, Andrea (il paradigma di un'esistenza al macero eppur desiderosa di riscatto), è un giovane con un'indole altruista e curiosa delle cose del mondo. Avrebbe voluto fare lo scienziato con lo stesso trasporto del bambino che, attratto dal puzzo del carburante e dal portafoglio sempre ben rigonfio di banconote, si vede già inguainato nella tuta da benzinaio. 

    Il padre, sopravissuto agli orrori della seconda guerra mondiale, assolve all'ingrato compito genitoriale in maniera silenziosa, prevalentemente con l'esempio: le parole le ha spese per maledire la cupidigia degli uomini e la crudeltà dell'esistenza.

    La giovane mamma, troppo giovane e inesperta, si accontenta di attingere vita, assieme al figlio, dalle esperienze del marito.

    È altruista, Luca. Ha una sua coscienza sociale e uno spirito di osservazione, spesso polemico, che gli consente di "sgamare" i meccanismi scellerati del capitalismo d'accatto. Purtuttavia...    

    La periferia, quella napoletana, è il palcoscenico in cui Luca prova a recitare la sua parte. Ben presto, però, intuisce che la sua dimensione ha bisogno di uno sviluppo altro. E allora, nonostante assai velocemente si renda conto che la sua proiezione nel mondo è deleteria, continua (cupio dissolvi?) a spingersi oltre i confini dell'aberrazione: la camorra, gli aghi sempre più famelici piantati nelle vene, il carcere. E intorno a lui c'è un mondo di caduti, di schegge impazzite che avrebbero voluto far saltare il meccanismo, ma che ben presto ne sono diventati la sostanza lubrificante che lo perpetua all'infinito: Andrea sulla sedie a rotelle dopo l'incidente che ha segnato la morte della sua ragazza, la spigliata Teresa che rischia di fare la fine della mamma, Debora che vede perdersi il suo Luca, Umberto Oliviero, il "pezzente malato di bronchi", Maria e le sue crisi d'astinenza, Caterina Loquace in arte Lola, il tossico Pietro, vittima del suo demone e dell'auto stipata di bionde di contrabbando che deve sfuggire all'ennesima retata. 

    Questa è la dannazione. Ma poi c'è il riscatto: grazie al personale dell'ICATT (Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze ) di Eboli, e agli incoraggiamenti e alla disponibilità fattiva dei ragazzi e degli insegnanti del Liceo Classico "E. Perito" di Eboli (presso l'Auditorium del Liceo c'è stata anche una rappresentazione teatrale liberamente ispirata a La storia di Luca), Francesco Cozzolino-Luca ce l'ha fatta: è riuscito, armato del setaccio della tenacia, a filtrare il buono anche da un'esistenza ai margini. Si è rimesso in carreggiata. A riprova del fatto che con la volontà e gli incontri giusti, non esiste il "fine pena mai".

    Buona vita, Francesco-Luca.

mercoledì 7 maggio 2025

10 e non più di 10 #37

    


    Una strega, di quelle accattivanti e sinuose, incontra un contadino nel bosco:

«Farò di te quello che vorrai...» e già il villico si figura mille scenari di onnipotenza «...ma bada bene: contemporaneamente farò due volte la stessa cosa al tuo vicino».

    "Ricchezze per me, ma il doppio per quel porco? Donne per me, ma il doppio per il lestofante? Salute e benessere per me, ma due volte tanto per il figlio di cane che è a un passo da me?"

    Il contadino, allora, pianta gli occhi allucinati sulla strega: 

    «In verità, ho scelto quello che fa per me, il doppio di cui, per tuo espresso volere, verrà concesso al mio vicino. Avvicinati, Magnifica madonna...di più, ancora di più...bene, così: prendimi un occhio. Subito!»