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Erostrato e Facebook

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Nel 356 a.C., infatti, le possibilità per un quisque de populo  di diventare personaggio pubblico, erano pressoché nulle. A meno di accoppiarsi con qualche dea, magari sotto le mentite spoglie di un muflone selvaggio, o di uccidere il tiranno di turno che, bontà sua, decideva di farsi trovare a taglio di lama. Scartate queste due possibilità, cosa rimaneva al nostro Nessuno per poter assurgere agli onori della cronaca? Per esempio, compiere uno sproposito; ma non uno qualsiasi, nossignore. Per raggiungere lo scopo serviva, piuttosto, un'azione talmente eclatante da farlo diventare una star non solo tra i confini delle varie polis,  ma addirittura di permettere al suo nome, di secolo in secolo, di arrivare fino ai nostri motori di ricerca. Cerca che ti ricerca, ecco trovato il gesto spettacolare. Perché, checché se ne voglia dire, cosa può rendere più famoso un uomo del 356 a.C. che mettersi, bell'e buono , ad appiccare il fuoco al tem...

Il figlio dell'operaio e la "Critica della ragion pura"

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È arrivato Gustavo. Dopo tre chiamate andate a vuoto come, d'altronde, le altrettante riparazioni fai da te dello sciacquone, finalmente la sua presenza si è materializzata. Qui e ora. Gustavo è mio coetaneo. Ma vi è di più. E' più o meno l'esempio negativo che, una volta addidatoti come miserevole approdo a cui può portarti l'ennesimo quattro in greco, ti spinge a suffumigi disperati di versioni e ottativi. E io me la ricordo ancora, gli possino , la sequenza corporea di papà. Dapprima il mento spianato sul malarnese appena tornato da lavoro, di poi l'indice fracristoforesco accompagnato dal “Verrà un giorno...” che mi prospettava la fine ingloriosa e sudicia di Gustavo se solo non avessi colmato quell'insufficienza. Indi per cui, eccomi a sobbalzare nel cuore della notte; ad immaginarmi sporco, con la chiave a pappagallo arrugginita tra le mani. Sta di fatto che la mia pigrizia mentale, stroncata da quell'infausto presagio, ci mise ben poco a las...

Avvistamenti

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Mi sporgo giusto quel tanto che basta per scorgerne un altro. Da stamattina, è il terzo che vedo. Uno, mi è stato a latere per la durata del rosso di un semaforo appena scattato. Era a bordo di una potente macchina. I nostri sguardi si sono incrociati per un paio di secondi: il tempo sufficiente per consentirmi di riconoscerlo. Il secondo avvistamento, invece, mi è capitato di farlo in tribunale. Era uno dei testimoni che il difensore di controparte aveva citato. Mi è bastato guardarlo mentre recitava la dinamica dell'incidente mandato a memoria per capire. "Eccone un altro!" mi sono detto. L'ultimo della serie mattutina, è lui. Passeggia con la moglie e la figlioletta di un paio d'anni.  In un primo momento sono stato io a doverlo cercare. Ora, quasi attratto dalla iattura della sorte comune ("ma poi, - mi vien fatto di chiedermi sempre - davvero loro possono riconoscere me come io loro? O non si tratta, piuttosto, di una fisima solo ed esclusivament...

Sir Tommaso Moro e la mia estate

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E mi trovo, alle due di dopopranzo, su questa panchina cullata dal mare.  Mi porto un libro, così, tanto per ingannare lo snervante senso di colpa che "non sia mai che qualcuno passi di qui e possa anche solo minimamente pensare che me la stia scialando, oziando come un pensionato rincitrullito o alla stregua di com'è solito fare il "tardo" Pasquale del bar di fronte".  Nossignore, non sia mai detta una cosa del genere del sempre impegnatissimo (per copione) io. Inizio a leggere. Mi ci vuole appena un minuto per convincermi dell'inadeguatezza al contesto "spiaggesco" della mia lettura.  Per quanto affascinante, infatti, un libro sul processo di Tommaso Moro, letto sotto un sole accecante e non potendo fare a meno di ammirare il tuffo carpiato del ragazzino di fronte, difficilmente ti consente di concentrarti sulle segrete cupe della Torre di Londra in cui fu rinchiuso. Senza parlare, poi, della difficoltà di partecipare emotivamente al mo...

Pane e mortadella e premio Nobel

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Ci sono miliardi di motivi per cui uno desidera abbeverarsi alle invitanti acque della notorietà. Si va dalle motivazioni dello sborone tatuato, bramoso di incastonare il suo culo palestrato nei sedili in pelle umana della Jaguar ruggente cafoneria a tutto spiano; passando dal fighetto messo a mollo negli effluvi moreschi delle lampade abbronzanti capaci di attirare la letteronza pronta a svendersi per un affaccio subito dopo i cruciverba per bambini cerebrolesi; fino ad arrivare al politico voglioso di acquistare consenso con il solo scopo di pavoneggiarsi in Transatlantico e di scansare, disgustato, il proletarissimo Bertazzoni. Io, vi confesso, vorrei sguazzare nella fama, tuffarmi a cufaniello nei suoi affascinanti viluppi, per fare un'unica cosa. Memore dell'impresa dell'impareggiabile Einstein che osò affidare alle sue stupende mutande il ruolo di anfitrione per gli ospiti della serata di gala organizzata a casa sua, io desidererei bearmi della notorietà per compie...

Il furto e i"Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum per conforto!"

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Un ex dirigente di azienda di sessant'anni è stato sorpreso a rubare. Riportata così la notizia ha ben poco di originale. Massimamente, poi, in un periodo in cui i mezzi economici sono ridotti al lumicino e quindi le giustificazioni di un furto sempre più a buon mercato. Eppure vi devo confessare che se una ruberia, di per sé ovviamente deprecabile, potesse essere "abbuonata" e/o addirittura considerata degna di encomio, ebbene, sarebbe proprio questo uno di siffatti casi. E sì perché il Lupin in questione non è stato sgamato a sgraffignare soldi, rolex, autovetture o portafogli. Nossignore. L'impunito è stato colto in flagranza mentre portava via....dei libri. Già, proprio di libri si tratta. Ma vi è di più: alla domanda delle allibite forze dell'ordine, a tal punto (immagino) da bruciare la prima (perché rubi?) e passare direttamente alla seconda domanda (per quale motivo dei libri?), il contrito ex dirigente ha candidamente risposto:<Perché...

Parafrasando Boccaccio

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Nella III giornata del Decameron , il lettore si trova alle prese con l'ottava novella che vede protagonista tal Ferondo, uomo sempliciotto e credulone. In breve: Ferondo stringe amicizia con un abate, santo in tutto il suo fare tranne che nei rapporti col gentil sesso. Caso vuole che il villico abbia uno schianto di moglie che subito fa gola all'abate "femminaiuolo" che tanto s'adopra e tanto fa da riuscire a entrare in confidenza con lei. Sotto il sigillo della confessione, la signora si lamenta oltremodo della gelosia di Ferondo e l'abate, convinto di poter sfruttare questo esacerbato spirito di possessione dell'amico a suo vantaggio, comunica  che un rimedio lui ce l'ha a portata di mano per far passare al marito siffatta fisima. E che s'impegna fin da subito a porlo in essere a patto che la donna, una volta liberato Ferondo dal suo demone, acconsenta a giacere con lui. Dopo un'iniziale, scenica resistenza, la madonna acconsente. Il ch...