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Odio il cemento

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Mio padre faceva l'imprenditore edile. Mio nonno era muratore. Il mio bisnonno lavorava la calce. Non ricordo cosa facessero gli altri antenati. Eppure son sicuro che se facessi una ricerca genealogica, tutti quelli che hanno qualche cromosoma che si può, anche de relato , collegare a me, abbiano avuto a che fare con le pietre, la calce, il cemento, le costruzioni. E invece io adesso sto qui. Rinchiuso in queste pareti asettiche dell'ospedale a causa di un incidente. Tutti i miei cari stanno al mio capezzale. Ognuno di loro, finanche la piccola Assuntina che sembra chiedermelo con gli occhi, vorrebbe sapere quale sia stato il motivo che mi ha spinto a sorpassare in curva la betoniera. La fretta? Il bisogno di risentire uno di quei brividi adolescenziali della cui mancanza tante volte mi sono lamentato con mia moglie? No. Ovviamente nulla di tutto questo. Per fortuna il medico con la testa a pera ha raccomandato ai miei di non chiedermi niente in merito all'incidente....

L'Avvocato indagato

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Gigino è stato sempre un ragazzo determinato. Anche e soprattutto quando la sua voglia di diventare avvocato si veniva a scontrare, ogni giorno che Iddio manda in Terra, con le condizioni economiche della sua famiglia che a definirle precarie si pecca di generosità. Poco male. Lavorava come cameriere in una pizzeria nei fine settimana. In estate, per qualche mese, si scorticava la schiena nei campi di pomodori. Negli occhi, sempre la fierezza di inseguire il suo sogno senza dover mai dire grazie a chicchessia.  A chi di noi, con le palpebre sonnolenti delle undici di mattina che avevano appena finito di inzuppare la brioche nel latte e caffè di mammina, gli faceva presente che così facendo non avrebbe mai potuto avere una ragazza, lui rispondeva con un sorriso accompagnato da un'alzata di spalla. E a Gilberto che alludeva alla possibilità di buscarsi, ogni tanto, qualche euro rendendo una testimonianza "a comando" al giudice di pace, lui rispondeva sempre allo stesso m...

Linus e la saponetta di Marsiglia

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Torno dal tribunale. A piedi. Un paio di chilometri. Il sole picchia. La camicia celeste secerne sudore che viene secreto da pori opportunamente e per tempo profumati. Nonostante tutto, però, dopo le prime stille, inevitabilmente ne avverto il peso e l'essenza. In tribunale ho incontrato colleghi. Sul corso, delle persone. Nonostante ogni mattina ripari la corazza dalle smagliature prodottesi appena il giorno prima, avverto la patina gelatinosa dell'avversione che pur contamina i gangli dell'anima. Torno a casa. Ho bisogno di una doccia. Pino Silvestre. Malizia. Badedas.... Pulizia per il corpo. Non basta. Le mie dita bagnate la cercano. Per un attimo hanno un moto di preoccupazione nel timore che possa non esserci. No, eccola. Il contatto dei polpastrelli con la sua superficie ancestrale mi rimette in sintonia con la mia fetta di mondo. Chiudo l'acqua della doccia. Me la strofino ripetutamente lungo le asperità del corpo. Poi, non ancora soddisfatto, l...

Risposte in differita

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Metti un sabato sera qualunque. Di quelli in cui, a causa delle strane alchimie che non basta una vita per capirne la ragione, ti senti un attimo più riflessivo.  Sei insieme ad un bel gruppo di amici appena arrivati al tavolo di un pub. Sei uscito perché lusingato dal "guarda che se manchi tu e la tua ragazza, non se ne fa niente". Volutamente è stato scelto un posto vecchio stile, di quelli in cui non c'è musica assordante a impedirti di scambiare quattro chiacchiere.  I primi dieci minuti bastano a farti sentire contento di aver fatto, questa sera, la scelta della condivisione amicale. Un paio di minuti spesi a salutarsi con la consueta simpatia. Altri due per districarsi tra le varie voci ammiccanti del menù. Un minuto per scegliere l'ovvia pizza margherita. Altri cinque, gli ultimi, per dare il tempo alla ragazza dei tavoli, armata di un aggeggio col pennino, di prendere le ordinazioni virtuali. Adesso, finalmente, il campo è sgombro per l'arric...

A Massimo Troisi

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Sul display del PC, appollaiato sulla scrivania, occhieggia una mail.   Mittente:  Ananke.   Oggetto:  cessazione attività .   Cloto, contenta di non essere costretta a filare un altro Fuso (quel giorno, le nascite erano state fin troppe), inoltra frettolosamente la mail a Lachesi.  Quest’ultima, che a forza di avere a che fare con i numeri ( misura difatti, la lunghezza del Filo ) ha diluito ogni emozione nel calcolo, destina la mail, indifferente, alla diretta interessata.  Atropo, dal canto suo, richiamata al PC dal borbottio triste della posta in arrivo, dopo aver soffocato in gola un impercettibile sospiro, apre la mail e legge la seguente sigla: 191953MTxy.  Si reca mesta, nella stanza dell’archivio: 191950…191953L…eccolo lì.  Prende il Filo.   Quasi mai legge il nome del predestinato e anche stavolta non è intenzionata a farlo; tuttavia, nel momento in cui s’accinge a incolonnarlo per ordine di chiamata, il Filo le ...

Erostrato e Facebook

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Nel 356 a.C., infatti, le possibilità per un quisque de populo  di diventare personaggio pubblico, erano pressoché nulle. A meno di accoppiarsi con qualche dea, magari sotto le mentite spoglie di un muflone selvaggio, o di uccidere il tiranno di turno che, bontà sua, decideva di farsi trovare a taglio di lama. Scartate queste due possibilità, cosa rimaneva al nostro Nessuno per poter assurgere agli onori della cronaca? Per esempio, compiere uno sproposito; ma non uno qualsiasi, nossignore. Per raggiungere lo scopo serviva, piuttosto, un'azione talmente eclatante da farlo diventare una star non solo tra i confini delle varie polis,  ma addirittura di permettere al suo nome, di secolo in secolo, di arrivare fino ai nostri motori di ricerca. Cerca che ti ricerca, ecco trovato il gesto spettacolare. Perché, checché se ne voglia dire, cosa può rendere più famoso un uomo del 356 a.C. che mettersi, bell'e buono , ad appiccare il fuoco al tem...

Il figlio dell'operaio e la "Critica della ragion pura"

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È arrivato Gustavo. Dopo tre chiamate andate a vuoto come, d'altronde, le altrettante riparazioni fai da te dello sciacquone, finalmente la sua presenza si è materializzata. Qui e ora. Gustavo è mio coetaneo. Ma vi è di più. E' più o meno l'esempio negativo che, una volta addidatoti come miserevole approdo a cui può portarti l'ennesimo quattro in greco, ti spinge a suffumigi disperati di versioni e ottativi. E io me la ricordo ancora, gli possino , la sequenza corporea di papà. Dapprima il mento spianato sul malarnese appena tornato da lavoro, di poi l'indice fracristoforesco accompagnato dal “Verrà un giorno...” che mi prospettava la fine ingloriosa e sudicia di Gustavo se solo non avessi colmato quell'insufficienza. Indi per cui, eccomi a sobbalzare nel cuore della notte; ad immaginarmi sporco, con la chiave a pappagallo arrugginita tra le mani. Sta di fatto che la mia pigrizia mentale, stroncata da quell'infausto presagio, ci mise ben poco a las...