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Melodramma italiano

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Il sipario si alza promettente. La loggia, il loggione, le gallerie, così come i salotti, le piazze, i bar, straripano di spettatori ansimanti per l'emozione; ma pure, non risulta difficile crederlo, per i quaranta gradi all'ombra impreziositi da una umidità da Duello al sole. Mezzogiorno  ( o giù di lì )  di fuoco! Qui, a Natal ( ironia della sorte! ), l'unica neve che cade, è quella filigranata degli sponsor che impongono di giocare alle tredici perché il fuso, l'incasellamento con le altre gare, gli italiani che si lamentano ( lo dice pure Pif nello, lupus in fabula , spot della Telecom ) delle nottate in bianco. Sulla scena, ventidue Argonauti alla ricerca spasmodica della Coppa d'Oro. Undici da un lato, undici dall'altro, in perenna e sanguinosa competizione tra di loro. L'impresa, come da copione, è una di quelle capaci di far tremare le vene ai polsi o gli incisivi nel colletto dentale. A dirigere il tutto, Lui: il possent...

Giovane? E io metto mano alla pistola

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Nell'antica Roma, la vita media era appena di 18 anni; nella Francia del '700, di soli 30. Oggidì, grazie all'enorme sviluppo della medicina, della scienza, della tecnica, e di una serie molto corposa dei saperi più disparati, siamo arrivati ad un'aspettativa di vita di circa 80 anni. Sicuramente un bel traguardo, non c'è che dire; eppure, a ben vedere, non sufficientemente "alto" per giustificare la perniciosa abitudine che ha ormai minato dalle fondamenta il funzionamento del nostro orologio biologico (la bussola va impazzita all'avventura): estendere, allargare fino all'inverosimile che non può, per ciò stesso, non sconfinare nel ridicolo, la fascia dell'età "giovane".  Non molto tempo fa, le "ere anagrafiche" erano all'incirca le seguenti: fino a 10 anni, la fanciullezza; da 10 a 16 anni, si parlava di "ragazzi"; dai 16 e fino, al massimo, ai 20 anni, di adolescenza. Dopodiché, c'era poco da far...

La logica del motorino

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Sono appena arrivato all'Aci per la visura della targa di un'automobile. Mi dirigo alla dispensatrice d'attesa e mi viene assegnato il numero sette; per la precisione, A7. Alzo lo sguardo al display piantato come una spada di Damocle sulla testa del nuovo, baffuto impiegato, e leggo A1. Un minuto. Cinque minuti. Tre o quattro loschi figuri, con aria cospirativa, fanno capannello davanti allo sportello incriminato. Presumo un rumore lontano. Adesso riesco pure ad avvertire lo scatarrare inconfondibile della marmitta polini. Prima di vedermelo tagliare la strada ancora una volta, impotente e fesso, mi alzo e scopro la magagna: quello che mi precede, con la consueta faccia di bronzo tipica di chi è avvezzo a tali pratiche, ha il numero A9. Lo guardo a tal punto male che pure l'impiegato si sente in dovere di chiedermi, sia pure  imparpagliato  dalla coscienza sporca,   spiegazione di cotanta taliata nivura. < C'è che io ho il numero A7 e la p...

A una processione

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Visto dall’alto, l’argento sfavillante della statua di San Matteo sembra un rostro finemente decorato di una nave antica, con la poppa già inghiottita da onde gigantesche di folla in tripudio. In primissimo piano, subito sotto la prua schiumante calca festante, vi è la classe dirigente ammantata di consenso comunque conquistato.  Tra solerti benedizioni e sorrisi dispensati a iosa, l’alto prelato serba ancora in bocca il sapore del frutto proibito di Karim. “Sia ringraziato Dio per cotanta goduria del corpo e dello spirito. E poi per le sue labbra, capaci d’elevare l’anima fino alle soglie del Paradiso. Peccato? E perché mai? Le sue cosce, il culo da puledra insaziabile e ancora le zizze sode sono nient’altro che la giusta ricompensa per averla tolta dal marciapiede. Date e vi sarà dato, no? ” “Padre, Figlio e… - “guarda chi ci sta, ’sto cornuto del sindaco! Eccolo qui, sorridente come un mongoloide. Ha avuto, ‘sto comunista del cazzo, il coraggio di portare i porci musul...

Breve ballata del capitalismo

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Piero e Giorgia, sposati poco più che maggiorenni, vanno a vivere in una casupola al limite della abitabilità. Piero si arrangia raccattando ferro vecchio e vendendolo alle varie fonderie. Giorgia, scappata da un padre padrone, si dà anima e corpo a quel figlio nato troppo presto per lasciarla veramente libera di scegliere. Entrambi sognano un bagno finalmente all'interno della casa. Novembre 1980: la terra trema. Bestemmia rovine, fagocita vite. Piero e Giorgia ottengono un container dove passeranno otto anni della loro vita. Il bagno, sia pur piccolo, è all'interno delle pareti di lamiera. Piero e Giorgia sognano una casa dalle pareti in muratura. Nell'attesa, mettono al mondo un secondo figlio. Giugno 1988: finalmente, la casa popolare. Due bagni e un balconcino lilla. Piero viene assunto da un lontano parente che ha una grande impresa edile. Piero e Giorgia sognano almeno una casa, un'altra, dove poter sistemare uno dei due figli. L'unic...

La diversità di Chantelle

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Ciò che fa paura non è la mostruosità, ma la diversità. La prima condizione, infatti, è vissuta e metabolizzata come qualcosa di “ altro da noi “; essenza spaventevole fino al parossismo cioè, ma pur sempre appartenente a una natura diversa. Quando, al contrario, ci imbattiamo nel differente, nell’ extra-ordinario , allora alla paura si aggiunge un altro sentimento: l’angoscia, il sentirsi disarmato davanti all’eccezionalità che s’incardina pur sempre nella normalità della condizione umana. Ed è sulla scorta di questa riflessione che c’inquieta, ad esempio, di più un uomo con gli occhi di gatto che un mostro che rispetta tutti i canoni della mostruosità. E ciò perché la diversità s’innesta sulla nostra identica matrice di sangue e carne ; appartiene al medesimo genus nel quale trova legittimazione e cittadinanza la nostra sub-stantia. Si è diversi, insomma, perché si ha un tot di differente (ed è proprio questo particolare a farci pr...

Nel pieno della "Confederazione delle anime"

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Udienza di lavoro. Eccolo qui: avvocato Giampaolo Quaglia. Mi si avvicina con il suo ghigno stomachevole che ancora si ostina a credere piacione . La mano nei capelli ( eh, fammele vedere 'ste dita, sì, aprile bene, così che tutti i colleghi possano apprezzare la nuance "topo da fogna" che assumono dopo aver sguazzato nella tintura), l'occhio a "lacryma Christi", la bocca "a culo di gaddrina" ( Cazzo, si chiama pur sempre quaglia! ) come il Pippo Aragonese di Camilleri. Fa cenno alla presenza del mio collega, e sfrocolea :<Ah, egregio Avvocato, vedo che, memore del nostro precedente incontro, ti sei portato i rinforzi!> Si gira verso il collaboratore più viscido dell' Uriah Heep di Dickens, e si fa una risata in faccia al mio grugno infastidito.   <Allora, avvocato Quaglia, - chiede il giudice in ambasce perché non sa decidersi se è meglio optare per i gamberi o per il pollo paesano di comare Adelina - cosa eccepisce, le...