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"La Camorra e le sue storie", Gigi Di Fiore

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Ieri sera, alla libreria Feltrinelli di Salerno, per iniziativa dei Meridionalisti Democratici, è stato presentato il libro del giornalista e saggista Gigi Di Fiore,  La camorra e le sue storie , UTET, 2016. A moderare l'incontro, l'avvocato nonché responsabile provinciale dei  Meridionalisti Democratici di Salerno ,  Guglielmo Grieco , che ha avuto l'indiscusso merito di allestire un  parterre  di vero spessore e di profonda competenza. Oltre all'ottimo  Gigi Di Fiore , cantore adamantino di un  meridionalismo scevro da orpelli e mistificazioni  vi è stata, infatti, la presenza del professor  Marcello Ravveduto , storico e scrittore (anche del fenomeno camorristico) di indubbie capacità e quella del giornalista  Antonio Manzo , firma di prestigio de  Il Mattino . A leggere i nomi che avrebbero animato la presentazione, almeno per chi non avesse avuto la fortuna di conoscere Gigi Di Fiore e gli illustri relatori di ...

"La giostra degli scambi", di Andrea Camilleri

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Leggere il Montalbano di Camilleri, magari uno degli ultimi come in questo caso, ha il sapore del ritorno a casa. E sì perché, dopo un più o meno lungo viaggio tra le pagine di altri libri, dopo essere stati  catafottuti  in anfratti claustrofobici o, di converso, in esangui pozze di impressioni e suggestioni altre, l'approdo (l'ennesimo) a  Vigata , sullo  scoglio chiatto  proprio sotto il faro dove  Montalbano  si fa  la passiata  ( un pedi leva e l'autro metti)  appena soddisfatto  il  pititto lupigno  con pasta  al nivuro di siccia,  triglie allo scoglio e frittura di calamaretti,    ha il fascino della  strada che sa di bucato e ragù  dopo un anno di  F ifth Avenue . Questo Montalbano di  Camilleri ,  assugliato dalle vicchicaglie  del tempo , riesce ancora una volta, come nelle migliori  pillicole 'mericane , a venire a capo di una storia do...

Odiosi Viceré di De Roberto, eppure già mi mancate!

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I Viceré? "Un'opera pesante, che non illumina l'intelletto come non fa mai battere il cuore." La causa. Federico De Roberto ? La sua scomparsa, a poco più di  sessantasei anni , passò per lungo tempo quasi inosservata nell'ambiente culturale nazionale. E quest'ultimo, automatico come gli interessi della cartella esattoriale, è l'immancabile effetto. Ora, mi domando e dico: come poteva essere diversamente se l'autore della stroncatura de  I Viceré   di De Roberto è addirittura quel  Benedetto Croce  per mezzo del quale, all'indomani dell'apparizione del suo saggio  Perché non possiamo non dirci cristiani  (1942), anche i mangiapreti più incalliti non riuscivano più a professarsi atei? Ebbene, pienamente d'accordo con  Sciascia  che giudica  I Viceré  di De Roberto, "dopo i Promessi Sposi,  il più grande romanzo che conti la letteratura italiana ", debbo registrare una clamorosa, forse l'unica, cantonata del Croce, ...

Giovi, la poesia antidoto al "si c'o puort, c'o truov"

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Giovi, una periferia che la città di Salerno non è mai riuscita a coinvolgere del tutto. Una sola  frazione  divisa in una quindicina di "case" e quartieri,  sgrammaticata  come solo può esserlo una realtà troppo ricca per sottostare ai  diktat della sintassi;  ebbene,  Giovi , il suo pegno alla diversità e alla specificità, l'ha pagato, e pure con gli interessi : alzi la mano il lettore che al sentir parlare di Giovi non abbia pensato, con il sorriso allusivo di chi la sa lunga, al motto che dall'origine dei tempi condanna la nostra terra: " Juov, si c'o puort, c'o truove " (Giovi, se ce lo porti, ce lo trovi). È incredibile come una  rima  possa inchiodare per sempre una frazione al  legno ingrato della grettezza più bieca ! Già, una rima. E proprio una rima di una delle oltre  240 poesie  presentate alla  II edizione del Premio Nazionale di Poesia "Spiga di grano" , per una sorta di nemesi storica, viene a ...

Facebook e l'incubo del caschetto biondo

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Dopo il suicidio della povera Tiziana Cantone, tutti gli italiani, a partire da quelli appena capaci di accordare una pariglia di sostantivi a una decina d’indicativi, hanno risposto alla chiamata di Facebook. E allora, da un popolo di  commissari tecnici , eccoci tramutati tutti, con le nostre tavole della legge a tracolla, a  soloni della privacy , a  censori del  così ci si sta su Facebook . Illusi!  La verità è che Facebook, questa  effe pudica su sfondo color pervinca , conosce ognuno di noi; e di ciascuno di noi, le sue paure. Già, proprio come, in “ 1984 ”, il Grande Fratello di Orwell conosceva l’unica paura di  Winston Smith  in grado di farlo consegnare, armi e bagagli, all'annientamento della spersonalizzazione. La vulgata comune, a proposito del  venerabile Licio Gelli , capo indiscusso della  Loggia P2 , parla di un  archivio  praticamente  sterminato  di cui era in possesso. Di ogni uomo, a ...

Prendete un corpo...

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Prendete un corpo . Sì, un ammasso di ossa e muscoli. Solo il "soma", senza alcuna trascendenza "animata". Chiudetelo da qualche parte, uno sgabuzzino, un bunker. Un luogo chiuso , insomma. Per 5 secondi, soltanto per 5 fottutissimi secondi (a tanto, da una ricerca effettuata, ammonta il terrore che la nostra immaginazione può rappresentarsi), raffiguratevi 1, 2, 5 mani. Non vi chiedo di immaginare l'attività di queste mani intente a rovistare nel e su quel corpo . Concentratevi  sull'atto, non sulla potenza. 5 denti fratturati. E poi 2 scapole, l'omero destro, il polso, le dita delle due mani e dei due piedi con entrambi i peroni ridotti in poltiglia, tutti rotti. Segni di tagli e bruciature in ogni centimetro del corpo. Rotazione della testa, fino a procurare la rottura del collo.   Parliamo sempre dello stesso corpo. Coup de theatre : "lettere" disegnate sulla regione dorsale, all'altezza dell'occhio destro, a...

"Il Mastino dei Baskerville", Sir Arthur Conan Doyle

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Si narra che Sir Arthur Conan Doyle, papà letterario del celeberrimo Sherlock Holmes, a un certo punto abbia voluto disfarsi della sua creatura. E questo perché lo scrittore, sempre secondo la vulgata giunta fino a noi, si aspettava la consacrazione del suo talento soprattutto grazie ai romanzi storici, e non certo per il tramite delle opere imperniati sulla figura dell' infallibile investigatore . Anche sulla scorta di questo rumor dell'epoca, quindi, è probabile che il buon  sir Arthur  si decise, una volta per tutte, a far precipitare  Sherlock Holmes  e la sua leggenda dalla cascata del  Reichembach , provando gusto a lasciarlo lì, almeno fino a quando le proteste unanimi dei lettori e degli amici non ebbero la meglio, costringendolo a riesumarne il corpo e le  gesta letterarie . E sì perché, come dicevamo, sir Arthur Conan Doyle avrebbe voluto  de-mitizzare il personaggio  che, ormai fu chiaro fin dalla sua prima apparizione nel ...