Prendete un corpo. Sì, un ammasso di ossa e muscoli. Solo il "soma", senza alcuna trascendenza "animata".
Chiudetelo da qualche parte, uno sgabuzzino, un bunker. Un luogo chiuso, insomma.
Per 5 secondi, soltanto per 5 fottutissimi secondi (a tanto, da una ricerca effettuata, ammonta il terrore che la nostra immaginazione può rappresentarsi), raffiguratevi 1, 2, 5 mani.
Non vi chiedo di immaginare l'attività di queste mani intente a rovistare nel e su quel corpo.
Concentratevi sull'atto, non sulla potenza.
5 denti fratturati. E poi 2 scapole, l'omero destro, il polso, le dita delle due mani e dei due piedi con entrambi i peroni ridotti in poltiglia, tutti rotti.
Segni di tagli e bruciature in ogni centimetro del corpo.
Rotazione della testa, fino a procurare la rottura del collo.
Parliamo sempre dello stesso corpo.
Coup de theatre: "lettere" disegnate sulla regione dorsale, all'altezza dell'occhio destro, a lato del sopracciglio. Infine, una X sulla mano sinistra e sulla fronte.
I cani marcano il territorio.
Il medioevo delle torture ci ha insegnato che il corpo, ogni corpo, raggiunto l'acme del dolore, attiva la valvola di salvezza: diventa insensibile.
Su quel corpo ci sono state sevizie ripetute, fermate appena prima del soccorso di quest'ultima pietà.
<Ho dato un'identità a quel corpo, al corpo di mio figlio Giulio Regeni, solo grazie al riconoscimento della punta del naso.>
A volte, Dio non esiste.
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