Ed è arrivato il giorno dell’ultimo Consiglio
Comunale prima delle vacanze estive.
Nonostante i mastodontici condizionatori
verde pisello appollaiati sulla testa dei Dioscuri ( le buone cose di
pessimo gusto ), l’Aula del Consiglio appare refrattaria a qualsiasi, pur
insistito, anelito di frescura.
I problemi sono tanti. Le forze scarseggiano.
La voglia di risolverli sta già spaparanzata su qualche spiaggia da 40 € a
lettino. Ciononostante, l’esimio signor sindaco Allagricoltura Braccia Rubate
deve pur scioglierli ‘sti nodi gordiani che lo separano, ultimi di un lungo
rosario di grattacapi, dall’approdo patinato alle isole Free Scura. Ora, non
che si pretenda che vengano affrontati e risolti tutti e cinque i problemi che
ingolfano l’agenda politica, ci mancherebbe, ma almeno di uno, il principale,
non può essere rinviata la trattazione: la “questione monnezza” che attanaglia
la città di Castellanea.
Dopo quattro ore e passa di Consiglio, le
proposte sono appena tre.
Il cav. Grossa Làsparo, paonazzo in viso e
sudaticcio, s’affanna a caldeggiare la trovata, a suo dire geniale, consistente
nell’intombare i rifiuti cittadini in tante fosse scavate proprio accanto alle
tombe dei cari estinti; ciò quasi a
voler significare che come ogni uomo, durante tutta la sua vita, porta seco
pene ed affanni allo stesso modo, al sopraggiungere dell'Eguagliatrice
che numera le fosse, si fa accompagnare dalla sua bella porzione di
rifiuti. E già perché se i cittadini di Castellanea si rifiutano di accollarsi
il peso della propria spazzatura, qualcuno dovrà pur farlo. E chi meglio dei
loro defunti che sicuramente nulla potranno obiettare in proposito? Da non
sottovalutare poi, l’allusivo messaggio spirituale dell’accostamento blasfemo
di tale poltiglia maleodorante con la purezza dell’anima dei castellaneti.
L’ing. Perco Lato, più semplicemente, se n’è
uscito con la proposta di utilizzare i rifiuti, opportunamente trattati, per
asfaltare le strade della città.
Anche perché, in questo modo, si potrebbe
avviare a soluzione un altro annoso problema che tormenta i sonni degli
abitanti di Castellanea. Come quale? Quello della moltitudine di piccioni e
gabbiani che insozzano la cittadina, no? E già perché questi uccelli fetenti,
attirati dal fetore che esala dai rifiuti, sicuramente verrebbero investiti e
spiaccicati al suolo dalle auto in corsa non appena si decidessero a planare
sulle strade.
L’ultima idea è quella appena accennata dal
dott. Uto Pista. Ben a ragione si utilizza il verbo “accennare” perchè il
meschino ha avuto solo il tempo di tratteggiare la sua proposta prima che un
branco inferocito di risate e di pernacchie aggredisse il suo già scarso senso
di autostima.
“Chi va per questi mari…”. Come si fa,
infatti, a proporre come soluzione della “questione monnezza” la raccolta
differenziata? Mica si può scambiare i nobili castellaneti per porci costretti
a sguazzare, tra le mura linde e candide della propria casa, nella poltiglia
nauseabonda di rifiuti addirittura da differenziare?
Pazzia allo stato puro.
Uno stanco moto d’impazienza del
sindaco:<Signori, di riffa o di raffa, il problema lo dobbiamo risolvere. E
che diamine, mica possiamo seppellire la spazzatura sotto le mura del Castello
del Tondo Sacro?>
Silenzio lungimirante.
A momenti sarebbe stato possibile avvertire
lo sferragliamento della cervicale dei Dioscuri alimentata dalle zaffate dei
condizionatori verde pisello.
In seconda fila, s’erge imperioso l’avv.
Zione Specula, già proprietario della catena alberghiera Legibusolutus Hotel.
Un sorriso ammaliatore. La favella ispirata.
E dopo un discorso intriso di “interesse generale”, “salute pubblica”, “senso
di responsabilità”, la proposta.
Negli occhi magri e segaligni dell’avvocato,
s’incarna l’ennesimo business: un altro albergo, il più bello e lussuoso, che
svetta sparluccicoso sulle rovine del “castello della monnezza” che dovrà
necessariamente essere abbattuto non appena le sue sature mura saranno
contaminate dal tanfo pestilenziale.
<La proposta ai voti.> Così sentenzia
il sindaco Allagricoltura Braccia
Rubate.
L’inclito consesso approva all’unanimità.
Afa gelatinosa che paralizza i collegamenti
neuronali.
L’opposizione, la cittadinanza tutta non
profferiscono parola.
Si trivella alacremente la collina, proprio lì,
sotto la cinta muraria del castello. E così ( miracoli dell’ingegneria
avveniristica! ), tempo un paio di mesi, si scava un profondo abisso a forma di
imbuto. Alla popolazione ora stregata dalle magnifiche sorti e progressive del
progetto, sembra quasi che il vertice di questo cono origini ( a tal punto
appare profondo ) dal centro della Terra. Proprio lì, il punto più lontano dal
Paradiso dove, come opportunamente fa notare la professoressa Ura Kult, l’eccelso
Consiglio Comunale pare aver confinato il lume della ragione.
E così, tra i tornanti riottosi della collina
che porta al castello, ogni mattina, si arrampicano i tir baldanzosi per il
prezioso carico. Ed è un sabba infernale di miasmi, rumori, gasolio bituminoso.
Per le strade della città, manco uno straccio
di rifiuto. E pazienza per il fetore acre della fermentazione che, sebbene
compresso all’interno dello scavo, pur riesce a trovare qualche varco per
sgaiattolare via; pazienza pure per la crescita esponenziale dei carcinomi
registrata in tutta Castellanea. Degna di poco conto poi, è anche l’invasione
di gabbiani che coronano il nobile capo del maniero.
Oddio, non che non ci sia, al di fuori della
città, qualche pseudo-intellettuale che appari scandalizzato dalla geniale
soluzione trovata alla “questione monnezza”. E, d’altra parte, come
meravigliarsi? E’ risaputo, infatti, che ogniqualvolta il dito indica la luna,
sono proprio gli imbecilli quelli che s’attardano a guardare il dito.
Così è stato, così sarà in saecula
saeculorum. Amen.
Che poi, se proprio non bastasse a convincere
della bontà della scelta effettuata, ci sono pur sempre i dati che parlano
chiaro: consenso al 90% per Allagricoltura Braccia Rubate & C. in vista
delle imminenti elezioni comunali; articolo sparato in prima pagina su PecuniaOlet,
il più importante quotidiano della città ( il rilievo mosso dalla
professoressa Ura Kult, ancora lei, che a più riprese ha fatto presente come si
tratti di un giornale il cui editore sia proprio l’avv. Zione Specula, s’appalesa
come un’insinuazione a tal punto gretta e meschina da non meritare alcuna
considerazione ); prevista esportazione, dietro pressanti e continue richieste,
del modello “ammazza-rifiuti” anche in altri borghi limitrofi.
Insomma, e non poteva essere diversamente,
successo a trecentosessanta gradi.
Qual è il male del mondo? Il limite, la
misura. Se non ci fosse il vuoto che diventa pieno, la distanza destinata ad
essere raggiunta, le ore condannate a passare, probabilmente tutto sarebbe
sospeso ed imperituro.
E così, finanche l’abissale voragine di
Castellanea sta per essere colmata.
Urge un altro Consiglio Comunale.
L’avv. Zione Specula, inoculato il bacillo
pernicioso dell’angoscia nell’animo degli astanti, con cipiglio severo, così
conclude:<E’ l’unica: fa d’uopo sfruttare il castello come contenitore. Da
calcoli effettuati con certosina precisione, tenendo conto dell’altezza della
sua cinta muraria, della superficie del maniero e di numerose altre variabili
che non sto qui ad elencarvi risulta che, adottando siffatto sistema, la
popolazione di Castellanea sarà sollevata dall’angoscia dei rifiuti almeno fino
alla fine dell’inverno.>
Ipse dixit.
<Ma…!>. Una congiunzione. Per di più,
avversativa.
Il varco è qui?
I Dioscuri, frastornati dalla spada di
Damocle dei condizionatori verde-pisello che continuano a vomitare aria calda,
per un attimo trattengono il respiro.
<La proposta ai voti.> Così sentenzia
il rieletto sindaco Allagricoltura
Braccia Rubate.
L’inclito consesso approva all’unanimità.
Il freddo pungente intirizzisce i
collegamenti neuronali.
Ai primi di dicembre, le possenti mura del
Castello del Tondo Sacro appaiono come quella carta spessa che avvolge il
cilindro del panettone appena prima che questi si gonfi a formare la capocchia.
La tenace professoressa Ura Kult, la cui
mente è tetragona ai colpi dell’afa così come del freddo pungente,
riesce finalmente ad organizzare un timido movimento di opinione che si oppone
allo stato di degrado e d’imbarbarimento del glorioso Castello del Tondo Sacro.
Nel frattempo, la stomachevole cappella
diviene sì sproporzionatamente grande che basterebbe il peso di una decina di
gabbiani che vi si posino per farla franare.
Urge un ennesimo Consiglio Comunale che
puntualmente si tiene.
Ancora una volta, a monopolizzare la scena,
trovasi l’esimio avv. Zione Specula. E’ consapevole, il legale in questione,
come manchi davvero poco affinché sulle macerie della coniugazione perifrastica
passiva di tutta una vita ( castrum delendum est ) sorga un rifulgente
perfetto ( castrum deletum est ). Un progetto, il suo, che ha
mirabilmente sfruttato un’esigenza collettiva, quella di liberarsi dal
materiale di risulta della società consumistica, fino a farla diventare il
sostrato su cui erigere le fondamenta del suo tornaconto personale.
Oramai ci siamo, manca davvero poco. Giusto
il tempo di prelevare dalla scarsella gli inveterati strumenti della
sopraffazione e il suo sogno scellerato, iniziato con lo scavo di quell’immensa
voragine nella collina, proseguito poi con l’imbottitura parossistica del
castello con tonnellate di monnezza, troverà il giusto coronamento.
L’avv. Zione Specula si alza con flemma
ieratica dal suo seggio, inforca gli occhiali, s’aggiusta il nodo della
cravatta a pois e così esordisce:<Carissimi concittadine e concittadini.
Ormai, com’è ben chiaro a tutti, la misura è colma. Il prestigioso Castello del
Tondo Sacro sta per essere annientato dal peso dei nostri rifiuti. Una perdita
importante, senz’ombra di dubbio. Ma com’è prerogativa dei migliori, il suo
sgretolamento non sarà vano. Allo stesso modo dell’Araba Fenice infatti,
risorgerà dalle sue ceneri a memento non solo del suo illustre passato
ma anche di un difficile ed ugualmente importante presente; e già perché è in
questi giorni che codesto nostro castello si è trasformato nell’ultimo baluardo
contro la tirannia della monnezza. Ed è allora, proprio ad ideale continuazione
di cotanto passato e di sì prestigioso presente, che vengo a tracciare le linee
guida di un fulgido futuro per il nostro amato maniero. Ebbene sì, care
concittadine e cari concittadini: fa d’uopo edificare, sulle sue autorevoli
fondamenta ormai corrose dal tarlo del degrado, lungo il suo inclito perimetro
già irrimediabilmente violato dal peccato originale, un novello tempio pagano…già,
carissimi, un grande albergo, il più lussuoso e avveniristico che, a suo modo,
possa perpetrare i fasti del fu Castello del Tondo Sacro.>
Appena il tempo di ultimare il suo intervento
che, dalla porta istoriata dell’Aula del Consiglio, spuntano una serie di
cartelli di protesta coraggiosamente issati da un nutrito manipolo di
manifestanti. A capo di questa protesta, manco a dirlo, la professoressa Ura
Kult.
I Dioscuri, indegnamente addobbati per le
imminenti festività natalizie, si sorprendono a commuoversi, increduli
spettatori di questa sollevazione popolare.
La speranza, però, ha appena il tempo di fare
capolino dall’aula che una schiera di poliziotti, armati di tutto punto, si
catapulta sui manifestanti, disperdendoli in quattro e quattr’otto.
Dopo qualche “ma…”, “forse…”, “non sarebbe…”,
tutto ritorna all’assurda normalità.
<La proposta ai voti.>
Castore e Polluce, ormai prevedendo l’esito
di quella votazione, dopo aver sopportato e malvolentieri tollerato, nell’ordine,
zaffate di aria fredda, vampate di calore artificiale, ridicoli festoni e
imbarazzanti bardature natalizie, al pensiero che saranno costretti ad
assistere all’ennesimo, sciagurato scrutinio, non intendono farcela. Si
guardano complici per l’ultima volta e si lasciano cadere, l’uno sull’altro in
una ideale ics, quasi a voler apprestare l’estrema difesa al castello, in
ossequio ad un’intesa connaturata al loro stesso essere.
Dopo una breve sospensione durata il tempo
necessario a liberare la sala dai detriti delle due statue, il Consiglio
Comunale riprende.
L’inclito consesso approva ancora all’unanimità.
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave
senza nocchiere in gran tempesta, non donne di
povincie ma bordello!
E’ la vigilia di natale. La professoressa Ura
Kult, così come una trentina di altri abitanti di Castellanea, non se la sente
proprio di festeggiare. La finestra gelida racchiude una luna innaturalmente
gonfia, costretta a sopportare lo scempio di quelle sinistre pale meccaniche
ferme proprio lì, lungo le mura del Castello del Tondo Sacro.
La nonna Ura Kult si sforza di apparire
serena al nipotino. E, come ogni sera che il buon Dio manda in Terra, s’accinge
a leggergli una favola, vivamente speranzosa che stavolta possa alleviare,
oltre il sonno del piccolino, anche il suo.
I bambini di oggi, si sa, sono estremamente
sensibili ed il piccolo Uro Fut non fa certamente eccezione. Non gli risulta
difficile, infatti, notare come in un’altra occasione mai la nonna avrebbe
mancato di sfruttare la magnifica luce della luna per leggergli la favoletta
serale così come si ostina a fare stasera, pervicacemente voltata di spalle
alla finestra che dà sul castello. Ed allora capisce che non può esimersi dal
porre questa domanda:<Nonnina…- e indicando con la manina il satellite
tumefatto – perché….il castello?>.
A questo punto nonna Ura Kult si rende conto
che non ne può fare più a meno. Piange e sorride. Sorride e piange. Chiude il
librone verde delle favole ed inizia a parlare al nipotino ed alla sua
coscienza.
<Vedi, piccolo Uro Fut, questo – e non
appena si volta verso il castello assediato, le lacrime scorrono più copiose –
che noi chiamiamo il Castello del Tondo Sacro, in realtà, ha sempre avuto una
storia estremamente umile. Mai una legge è stata promulgata in questo maniero.
Nessun personaggio importante vi ha fatto giammai visita. Non c’è traccia di
qualche poeta, scrittore o artista che
abbia frequentato la sua corte. E questo perché pare che, fin dai tempi più
antichi, ci si fosse persuasi che il castello portasse sfortuna. Sai com’è i
grandi, a volte, ne dicono di stupidaggini. E il bello è che poi, spesso, ci
credono pure. Comunque, questa fama di castello maledetto sembra essere stata
alimentata da diversi accadimenti poco piacevoli avvenuti tra le sue mura;
ultimo dei quali, attorno all’anno 1345, la morte dell’intera famiglia reale a
causa della peste. Da quel giorno, nell’intento di esorcizzare questo nefasto
destino che sembrava accanirsi contro il nostro maniero, si decise di
attribuirgli la denominazione “del Tondo Sacro”, laddove il termine “tondo” sta
per zero, nullità assoluta.
Il piccolo e accorto Uro Fut, bisbigliando
qualcosa tra sé e sè, spiana il pollice, poi l’indice e il medio e resta un
attimo interdetto. Guarda la nonna e chiede:<Saccro?>
<Già, – sorride Ura Kult – hai proprio
ragione. Il termine mancante, l’aggettivo “Sacro”, vuole essere una sorta di
assicurazione preventiva contro altri lutti che potrebbero colpire la città di
Castellanea. E’ come se i nostri antenati avessero detto: “Voi asserite che il
castello non vale niente, che il suo prestigio è pari a zero? Ebbene, noi
castellaneti lo chiamiamo sì il “Castello del Tondo” ma ci affibbiamo pure l’aggettivo
“Sacro” perché la sacertà, foss’anche riferita al nulla, attesta pur sempre la
presenza protettrice del divino.” E così, caro Uro Fut, è nata la denominazione
“Castello del Tondo Sacro”>
Il piccolino, estremamente attento ad ogni
parola di questa insolita ma affascinante favola, chiede curioso:<E il
castello….per te?>.
Ed allora la nonna, trovando il coraggio di
voltarsi per l’ultima volta nella direzione del maniero, osando ripercorrere
con lo sguardo le possenti mura seminascoste da cumuli di rifiuti, brandisce un
sorriso carico d’amore:<Per me, dici, cosa significa il castello?
Praticamente la presenza costante, la testimonianza autentica della vita della
nostra famiglia. Con la complicità delle sue ruffiane merlature, infatti, ho
amato tuo nonno. Cullata dalla sua poesia, ho messo al mondo tua mamma. Nutrito
dall’eternità delle mura del castello, sei cresciuto tu, piccolo Uro Fut . Al
riparo dei suoi burberi bastioni infine, ho pianto la morte del mio adorato
sposo e avrei voluto trovare la morte anch’io>.
Pianta un bacio sulla fronte meditabonda del
piccolo. Gli rimbocca le coperte. Smorza la lampada. Chiude il librone
verde.
Adesso, con le lacrime impreziosite dal
chiarore lunare, si congeda dal nipotino:<Come vedi, per me, il nostro
castello è il più prestigioso di tutti. E pure tu, anche quando sarà violato
definitivamente, vanne sempre orgoglioso.>
Quella notte, sullo schermo immaginifico
della mente di Uro Fut, vengono proiettate immagini fantastiche ed avventurose:
cavalieri, re, dame, cavalli bianchi lanciati al galoppo per combattere l’ennesima
ingiustizia. Un microcosmo variegato e multicolore che trova la sua origine
nell’anima del Castello del Tondo Sacro. Ed è proprio l’anima o, per dirla con
Platone, l’idea stessa della castellaneità ( tutto avviene lì dove solo alligna
il segreto dell’Universo: la fantasia di ogni bambino del mondo ), a ingenerare
la deflagrazione della barriera storica, la liberazione dei topos letterari.
Ed eccoli allora, presenze evanescenti ed invincibili, ectoplasmi della storia
e delle arti documentati da studiosi ed eternati dalle pagine della
letteratura, convogliati in quel castello dall’Idea della Rotondità per
antonomasia, anch’essa nata nelle mura di un famoso maniero: lo Spirito della
Tavola Rotonda ( la democraticità, l’uguaglianza ) di re Artù e dei suoi
cavalieri.
A mezzanotte in punto quindi, proprio mentre
il sindaco Allagricoltura Braccia
Rubate, l’avvocato Zione Specula e tutti i membri del Consiglio Comunale stanno
issando i calici della disonestà e del malaffare per un brindisi propiziatorio,
un caravanserraglio pantagruelico e pestilenziale di rifiuti esplode in aria
dalle viscere del Castello del Tondo Sacro e ivi rimane, per un attimo sospeso,
in trepidante attesa. E ciò fino a quando lo Spirito della Tavola Rotonda,
stavolta divertendosi ad abdicare alla sua millenaria funzione eguagliatrice,
non si decide a dividere il puzzolente carico in relazione al grado di
stoltezza ed imbecillità dei singoli protagonisti della vicenda.
E’ Natale. La città si sveglia e guarda sulla
collina. Il Castello del Tondo Sacro sparluccica in tutto il suo ritrovato
splendore. Dei cumuli di monnezza, manco l’ombra.
Passato il piacevole stupore, gli occhi
ritornano a guardare il contado di Castellanea.
Lo stupore continua.
La città si scopre turrita. Quindici pilastri
di varia grandezza si innalzano verso il cielo. Quelli tremendamente grossi e
lunghi, addirittura oltrepassanti le stesse nuvole sono, guardacaso, proprio
quelli che s’innestano sulle case dell’avvocato Zione Specula e del sindaco
Allagricoltura Braccia Rubate.
Evento strano, stranissimo. Ancora più strano
perché queste colonne, che sembrano sorreggere il cielo, sono fatte di monnezza
compressa.
Si consultano scienziati. S’interrogano
indovini.
All’interno del prestigioso Castello del
Tondo Sacro è spuntata una tavola, ovviamente rotonda. Ah, dimenticavo: non si
sa come né perché ( d’altra parte, se si sapesse sempre tutto non ci sarebbe
spazio per le favole! ) i Dioscuri, dati ormai per spacciati dopo la rovinosa
caduta, siano ritornati a presenziare, finalmente contenti e beati, la Sala
degli Arazzi del castello da cui furono sfrattati per abbellire l’Aula del
Consiglio.
Su ciascuna delle loro teste, campeggia una
feritoia.
Da qui, ogni mattina, la brezza porta i
colori ed il profumo del mare.