Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi. (Italo Calvino)
martedì 30 gennaio 2018
"L'età del dubbio" del Montalbano di Camilleri
mercoledì 24 gennaio 2018
"Garibaldi era comunista", di Luciano De Crescenzo
Recensire uno degli ultimi libri di Luciano De Crescenzo, è un po' come sognare al cospetto di una finta (parafrasando il pensiero poetico di Luigino 'o poeta del Così parlò Bellavista) del Maradona di oggi
domenica 21 gennaio 2018
"La danza immobile" di Manuel Scorza
La danza immobile, libro testamento di Manuel Scorza (lo scrittore peruviano morirà in un incidente aereo lo stesso anno della sua pubblicazione), è un romanzo sulla "impossibilità di scegliere."
Vi è la paralisi, una danza, appunto,"immobile", sterilizzata com'è dall'indecisione: tra l'Amore e la Rivoluzione, cosa scegliere?
Per il rivoluzionario Nicolàs Centenario la danza, dopo una stasi interminabile, riprende a muoversi.
Troppo forte è il ricordo dell'albero della Tangarana, lì nella profonda amazzonia peruviana, a cui decine di compagni sono stati legati.
È bastato un colpo reazionario al tronco con un machete da parte del maggiore Basurco che sì, all'epoca era maggiore prima di essere degradato dopo l'incredibile evasione proprio di Nicolàs, per foraggiare la voracità di milioni di piccole, fameliche formiche.
Riscosse dal tepore dei loro nidi nelle nervature del tronco, le formiche sono diventate armi dell'oppressione.
A piccoli, instancabili morsi, hanno spolpato, disintegrato l'umanità dei rivoluzionari legati all'albero fino a inghiottirne anche il grido di dolore.
Eppure adesso che tutte le lucciole del mondo, proprio ora che la zattera sta oltrepassando l'ultimo posto di blocco, avvolgono il suo corpo intriso dalle sterminate persecuzioni e lo coprono d'oro, Nicolàs pensa alla sua Francesca.
Anche quando lo legano all'albero della Tangarana, il pensiero va a lei e a come abbia fatto meglio Santiago, il compagno Santiago, a scegliere Marie-Claire al posto della rivoluzione.
Pure per Santiago, però, c'è stato un momento in cui la danza è divenuta immobile, un attimo al cospetto del quale lui, nato per la rivoluzione e impossibilitato a concepire altro che non fosse la guerriglia e la liberazione dei popoli oppressi, si è trovato nell'incertezza di scegliere.
Marie-Claire, la dolcissima e fervente Marie-Claire o la missione assieme ai compagni come postremo tributo alla guerriglia?
Santiago sceglie di essere rivoluzionario d'amore.
Anche lui, però, nell'attimo in cui intuisce che la danza non può che essere immobile laddovve l'immobilità non è indecisione che paralizza ma equilibrio che fortifica, pensa al compagno Nicolàs che è partito per l'ultima battaglia di libertà, e lo invidia.
La verità è che una rivoluzione può tradire, o meglio essere tradita, alla stessa maniera di quanto possa tradire o essere tradita una donna.
La danza immobile di Manuel Scorza è un romanzo affascinante in cui l'impegno politico viene difeso con le armi dell'amore e l'amore, dal canto suo, viene protetto e custodito con il fuoco della guerriglia.
Probabilmente è da rintracciarsi in questa contaminazione, solo apparentemente paralizzante, il senso del libro dello scrittore peruviano.
mercoledì 3 gennaio 2018
"Storia della Rivoluzione russa", W.H.Chamberlin
Storia della Rivoluzione russa è un libro che, come ci dice lo stesso scrittore W.H.Chamberlin nella prefazione, "è frutto di dodici anni di studi e di ricerche", principalmente nella ex Unione Sovietica.
Il tutto, ovviamente, senza tralasciare la sanguinosa guerra civile che seguì la rivoluzione bolscevica.
La domanda che lo scrittore americano si pone e alla quale, mentre analizza tutte le tappe che hanno portato alla rivoluzione russa (per certi versi, un unicum nel pur ricco panorama di rivoluzioni che l'hanno preceduta e seguita), si sforza di rispondere, è la seguente: come fu possibile a Lenin e alla sua schiera di seguaci relativamente ristretta (da studi attendibili, si parla di circa venticinquemila bolscevichi presenti in Russia al momento della caduta del regime zarista) conquistare il potere?
E soprattutto, come siffatto potere si è potuto conservare contro l'accanita resistenza delle antiche classi dirigenti che al tempo dello zar Nicola II facevano il bello e il cattivo tempo, con l'avallo determinante (in altri contesti) dei governi degli Alleati.
Senza contare, poi, i vari nemici che, a partire dal conservatore Krasnòv, passando per Denikin-Vrangel' con il loro "Esercito volontario" e terminando con l'anarchico Machnò, hanno a più riprese e da diverse posizioni combattuto i bolscevichi.
Le risposte, dopo un'analisi approfondita, quasi scientifica delle fonti in possesso dello scrittore, sono molteplici e diverse.
Per quanto riguardo la fase della conquista del potere, tra le altre, l'autore non può esimersi dal menzionare il sistema di governo degli zar con la sua incapacità di soddisfare il bisogno di terra dei contadini e i suoi metodi repressivi; così come non può evitare di soffermarsi sulla guerra mondiale che accrebbe la miseria nelle città e nelle campagne fino a portarla a un livello insostenibile.
Per ciò che attiene invece al mantenimento del bastone del comando da parte del genio di Lenin, dell'audacia e dell'entusiasmo di Trockij, e della fredda risolutezza di Stalin, i fattori che lo hanno permesso sono diversi.
Come non citare, a questo proposito, la differenza tra i bolscevichi, uniti e compatti tra le maglie del Partito, e le divisioni sempre presenti nei suoi avversari?
Ad esempio il già citato Machnò combattè Denikin e Vrangel', che teoricamente volevano tutti liberare la popolazione dal potere rosso, anche più accanitamente di quanto si scagliò contro i comunisti.
La verità, a conti fatti, è che tra i conservatori e i contadini anarchici non ci poteva essere alcuna collaborazione: troppo diversi per ceto e per aspirazioni sociali.
I bolscevichi, poi, possedevano un'invidiabile posizione (geografica) centrale.
I capi bianchi, invece, succedutisi volta per volta, erano divisi l'un l'altro da grandi estensioni di terra e di mare, nell'impossibilità, quindi, di coordinare le loro azioni.
Inoltre la stragrande maggioranza di armi e munizioni accumulate durante la prima guerra mondiale si trovava depositata in territorio bolscevico, costituendo, quindi, un indubbio vantaggio per i rossi.
Infine i socialisti rivoluzionari, probabilmente l'unica alternativa possibile ai bolscevichi, da un lato si dimostrarono più volte incapaci di imporsi in maniera unitaria e concreta, dall'altra, come i girondini della rivoluzione francese, non riuscirono mai a venir fuori da una posizione di ambiguità sostanziale: troppo a sinistra per la borghesia, troppo a destra per gli operai che stavano acquistando una coscienza di classe. Senza contare, poi, l'errore imperdonabile dei socialisti rivoluzionari di fondare il loro consenso sui contadini russi: su una classe sociale, cioè, ancora troppo acerba e ignorante per essere determinante nella presa del potere.
Ovviamente, sia pure di notevole importanza, questi fattori presi singolarmente, spiegano ben poco.
Solo mettendoli tutti assieme, coordinandoli, si riesce a capirne il ruolo dirimente nella genesi e negli sviluppi del periodo storico preso in esame da W.H.Chamberlin. A patto, ovviamente, di non dimenticare l'elemento cardine senza il quale nessuna rivoluzione, massimamente quella russa con la spietata oppressione dello zar, sarebbe mai potuta scoppiare: l'anelito di giustizia per troppo tempo ignorato e per tanti decenni vilipeso dalla classe dominante.
lunedì 18 dicembre 2017
Michele Gentile, il rito, la lotta e le notizie dal fronte
Il primo incontro con Michele Gentile l'ho avuto per il tramite di un giornale, circa tre anni fa
mercoledì 6 dicembre 2017
"Gialli d'estate", a cura di Marcello Fois
“Gialli d’estate” è una di quelle raccolte in cui è abbastanza agevole distinguere il buon grano dal loglio.
L’incipit contenuto ne la nota dell’editore è
di quelle accattivanti, che creano suspence: la stagione migliore per
compiere un delitto sembra essere l’estate.
A dimostrazione di questa premessa, ecco dipanarsi davanti agli occhi del
lettore di genere o semplicemente di quello che confida nelle fibrillazioni del
“giallo” per dare verve alla quotidianità, undici storie di giallisti
“griffati” più o meno riuscite.
Il viaggio letterario inizia dai primi giorni dell’estate per terminare alle
soglie dell’autunno.
Si parte con Il Sette di cuori di Maurice Leblanc, il creatore del famigerato Arsène Lupin. Il protagonista del giallo rincasa dopo una notte passata con amici al ristorante Cascade, tra maliconici valzer dell’orchestra tzigana e racconti di furti e crimini.
Una lettera che gli ingiunge di non muoversi, di non gridare qualsiasi cosa succeda, lo paralizza.
Quando ormai la quiete è ristabilita e il far del giorno incute la forza per “liberarsi” finalmente, l’ordine nella casa impera. Tutto è come dovrebbe essere, eccezion fatta per un sette di cuori sul pavimento.
Ne L’avventura dell’angelo caduto di Ellery Queen, proprio la scrittrice protagonista del giallo riesce a svelare cosa si celi dietro un alibi troppo perfetto per essere credibile fino in fondo.
Al centro della scena, una casa eccessivamente manierata; di quelle, per intenderci, che possono costare mesi e mesi di psicanalisi per liberarsi dagli “orribili sogni gotici”.
Il picnic del 4 luglio di Rex Stout allieta il lettore con la svogliata ma sempre feconda capacità d’indagine di Nero Wolfe che anche stavolta, nonostante l’arma impropria utilizzata (un coltello per l’arrosto) per l’omicidio, scoverà l’assassino. Nella raccolta c’è anche spazio per un giallo attuale, con i suoi pc e l’immancabile cellulare: quello del curatore del libro, Marcello Fois, che in Dove? ci presenta il commissario Curreli alle prese con un indagine troppo ricca di coincidenze per giungere al suo approdo consequenziale.È nelle segrete dell’ovvio che si cela l’inganno.
Il problema dela rosa rossa di Jacques
Futrelle è uno di quei gialli che si prodiga alla ricerca di un metodo
nell’apparente follia: 12 rose rosse inviate alla signorina Burdock, di lunedì,
mercoledì e sabato.
Solo la dodicesima è quella fatale per la destinataria e per il suo cane. Perché?
Poteva mancare, in una raccolta di gialli, il buon vecchio Edgar Allan Poe?
Certo che no, e qui ne Il Mistero di Marie Roget è presente con
tutta la criticità del suo metodo induttivo e il suo rigore logico-scientifico.
Ne Il vecchietto delle Batignolles di Emile Gaboriau, la
domanda che si rivolge al lettore è sconcertante nell’ovvietà della (presunta)
risposta: ”Si può immaginare che un assassino sia tanto stupido da denunciarsi
tracciando il proprio nome di fianco al corpo delle vittima?”
La regina del giallo Agatha Christie appare in un’estate ormai inoltrata
con il suo Nido di Vespe: un’indagine perfetta, di quelle che non
abbisognano di spargimento di sangue per svelare al fine Hercule Poirot
autore e movente del delitto.
È la volta di Chaterine L. Pirkis che ne Il fantasma di Fountaine
Lane si deve destreggiare tra un fantasma apparso al capezzale di una
bambina e la sparizione di un assegno in bianco: dov’è il nesso?
Presente Agatha, non poteva mancare (Elementare!) sir Arthur Conan Doyle.
Il giallo (“statico”) che qui ci viene presentato è L’avventura di una
scatola di cartone in cui all’arguto Sherlock basta, per l’appunto, la
disamina di una scatola per “farsi un’idea” di come siano andate le cose.
Chapeau, mister Holmes!
L’enigma “testuale” ritorna con Salute e libertà di Fred
Vargas in cui cui al commissario Adamsberg e al suo fido Danglard è
affidato un compito: decodificare i “pizzini” che arrivano in ufficio con
cadenza più o meno regolare, tutti firmati “Salute e libertà.”
E il senso del buon “Vasco De Gama” che continua a stazionare imperterrito di
fronte al commissariato?
Undici gialli, gialli “come il sole di Ferragosto.”
“Perché il crimine non conosce vacanza.”