mercoledì 23 ottobre 2024

"Non avevo capito niente", di Diego De Silva

Eccolo qui, l'avv. Vincenzo Malinconico, che nelle sue peregrinazioni tra lo studio ikea di 18 metri quadri e il tribunale delle sempiterne "coreografie del diritto", prova a mettersi a fuoco. E magari ci riuscirebbe pure, se non fosse per la professione inflazionata peggio che l'umarell al cantiere, o per l'amore che non c'è, e quindi provi a fartene una ragione, ma che improvvisamente ritorna e ti imballa il sistema. E sì perchè tra l'assenza e il ritorno del despota del cuore, c'è quell'Alessandra Persiano, star incontrastrata nei palazzi di giustizia, che sembra aspettare proprio un tipo scombinato come il Malinconico.

Ci sarà qualcosa tra i due e, soprattutto, durerà?

Altro giro, altra corsa: il Borsone, con l'edificante ruolo di smembratore di corpi con conseguente seppellitura di arti (distanziati in maniera tale che un piede se ne stia abbastanza lontano da un braccio per evitare collegamenti), si perde una mano. Quest'ultima, guardacaso, viene rinvenuta nel suo giardino: il cane gli ha fatto il servizio. Al Borsone, ovvio.

Malinconico lo viene ben presto a sapere: sarà lui il principe del foro che dovrà difendere il macellaio della camorra. Tutto bene, a parte il fatto che lui, il codice penale, lo deve andare a riesumare da un metro di polvere e più dei brogliacci dell'università.

Il Borsone viene brillantemente scarcerato e, come corollario a questo trionfo, il Nostro si vede assegnato l'efficentissimo Tricarico col ruolo di guardiaspalle, accompagnatore e, all'occorrenza, codificatore del linguaggio della mala: un camorrista "bravo guaglione", il Tricarico, che risolve l'annosa pratica volpino scassacazzi confinato nella stanza adiacente a quella dello studio legale: modi spiccioli, ma con un grado di efficienza altissimo.

E se il segreto di una vita quieta fosse proprio quello di agire unicamente per raggiungere il risultato, a prescindere quindi dalle metodologie adoperate e dai deprecabili effetti collaterali?

Tra elucubrazioni varie, alzate di ingegno, miserie che costellano la professione forense, figli "liquidi" che sembrano si mettano di buzzo buono a creare grattacapi; e ancora, tra strizzacervelli che non hanno le idee chiare (!), tipi gentili che scollinano nella follia, l'Eugenio Finardi che faceva il rockettaro quando gli altri cantautori rifilavano pipponi di testo (molto) e musica (poca), all'avvocato Vincenzo Malinconico non resta, per sopravvivere, che trincerarsi dietro il "non avevo capito niente" del titolo.

Vi sembra poco? A me, e ai tanti lettori del sagace De Silva, no. Decisamente no.

10 e non più di 10 #13

Aspetto le mie pizze.

La ragazza alla cassa scudiscia ordinazioni e incamera soldi.

Alle sue spalle, occhi tristi di un'altra ragazza impilano cartoni.

Entra una comitiva di inglesi.

Le dita sui cartoni fremono di riscatto.

La ragazza della cassa è costretta a rinculare.

Chi era alle spalle ora è di fronte.

I desideri stranieri vengono codificati.

La comitiva inglese va via.

La ripristinata retrovia culla una consapevolezza nuova

"Il contesto", di Leonardo Sciascia

In un Paese dalla connotazione indefinita, ma che ben potrebbe essere l'Italia, si susseguono una serie di omicidi illustri, tutti riguardanti giudici.

Le indagini vengono affidate all'ispettore Rogas, "il più acuto investigatore di cui disponesse la Polizia, secondo i giornali; il più fortunato, a giudizio dei colleghi".

Rogas, il "quasi letterato" incline alla speculazione filosofica, valido conoscitore della psiche umana che gli consente, tra l'altro, di averne "uno (di ristoranti, ndr) per ogni giorno della settimana, sette dunque che lo consideravano buon cliente ma non affidato e stabilizzato al punto di poterlo trattar male", mette insieme i vari tasselli dell'indagine.

L'ispettore infatti, mano a mano che le toghe cadono, si fa sempre più persuaso che l'omicida si annidi tra le pieghe di qualche errore giudiziario che inevitabilmente, prima o poi, viene a contaminare l'operato dei giudici.

E la ricerca dà ben presto i suoi frutti: un farmacista, tal Cres, accusato dalla moglie di tentato avvelenamento sventato, all'ultimo secondo, dalla provvidenziale ingordigia del gatto domestico.

Dopo la condanna a cinque anni, l'accusatrice scompare nel nulla. E quando Rogas otterrà il mandato per perquisire la casa del farmacista nel frattempo anche lui datosi alla macchia, non troverà nessuna foto che possa cristallizzare un brandello di biografia.

Sta di fatto che non appena l'ispettore scopre una valida pista da seguire, gli viene affiancato un collega della sezione politica che si orienta decisamente, con il placet delle istituzioni, verso uno dei tanti "gruppuscoli" sovversivi infestanti la città. La loro firma starà dietro il rosario di morti eccellenti.

Rogas però ha un'altra spiegazione e si orienta verso altri colpevoli (diretti e indiretti): racconta a Cusan, amico e scrittore impegnato, lo scenario fosco, incrostrato da collusioni a tutti i livelli, che si sta profilando all'orizzonte. L'unica è parlarne con Amar, il capo del partito rivoluzionario, che almeno ha il crisma della persona onesta.

Quando però il vice di Amar che nel frattempo gli è subentrato, incontra Cusan per sentire cosa si è detto con Rogas e soprattutto per raccontargli la sua, di versione dei fatti, allo scrittore non resta che farsi convincere e abbracciare una verità (di comodo) tanto più appagante quanto più stridente con le risultanze in suo possesso.

"La ragion di Stato, signor Cusan: c'è ancora come ai tempi di Richelieu". 

10 e non più di 10 #12

Per vigliaccheria, certo.

Per immaturità, anche.

Ma pure...

per evitare di ripetere fino alla nausea quello che non si vuol sentire o capire;

perchè restare un secondo in più è mancanza di rispetto verso sè stessi;

perchè attardarsi sarebbe una punizione troppo severa per chi ci è di fronte.

La fuga: ombra nella gola riarsa della calura.

"La danza del gabbiano", di Andrea Camilleri

Di primo mattino, sulla pilaja, un gabbiano mette in scena una danza stramma. E subito dopo, firriando su se stesso, muore.

Saranno le vicchiaglie che lo rendono più sensibile, ma Montalbano è insieme scantato e meravigliato da questo spettacolo.

Nei tempi morti, continua ad attaccare turilla con la so zita, con la quale le incomprensioni hanno raggiunto il punto di non ritorno.

Ma c'è una novità: Fazio non s'arricampa al commissariato doppo 'na spedizioni in solitaria ai magazzini del porto. Gli sarà venuto il firticchio di mettersi in proprio? Sta di fatto che di lui non si hanno più tracce da alcuni giorni.

Montalbano, col cuore stritto nel più nivuro dei presentimenti, trova cadaveri catafottuti in sbalanchi che parono or ora assumere le sembianze del suo uomo più fidato.

Fortuna vuole che Fazio l'arritrovano in una galleria dismessa, firuto e 'ntordonuto a tal punto che spara addirittura alla machina dei so colleghi.

Quando la memoria dell'agente ha smesso di fagliare, Salvo viene a sapere che Fazio si sarebbe dovuto incontrare con un so' amico che s'è rifatto vivo (Manzella) dopo molto tempo in grado, a quanto pare, di rivelargli scenari tinti assà.

Dell'amico, però, nemmeno l'ummira. In compenso ci sono pischerecci che tardano a scarricare ai magazzini generali e cannocchiali puntati sul porto che vedono troppo. Senza contare il tentativo da parte di qualche fituso, non riuscito per piccca e nenti, di togliersi dai cabasisi una volta e per sempre proprio il nostro commissario. E per farlo, il mafioso di turno non esita a tirare dentro le filame del complotto pure una povera picciotta, Angela.

Alla fine della storia, dopo un sopralluogo nella casa della mattanza, Montalbano ricostruisce il (macabro) circo equestre che ha visto vittima proprio Manzella: il povirazzo, sodomizzato e torturato peggio che l'inquisizione, ha firriato torno torno alla seggia, firuto, sbeffeggiato e dissanguato. Priciso 'ntifico al gabbiano della pilaja.

Non resta che il saltafosso: Montalbano sa che per fottere la famiglia Sinagra occorre lavorare di fino. E che l'unico modo per portare dalla sua parte la donna del mafioso è prospettarle l'idea dell'esistenza di un'altra "fimmina" che proprio fimmina, almeno per ciò che attiene alle vrigogne, non è.

Assittato supra alla verandina, in compagnia di tanticchia di malinconia per il tempo malitto delle sdillusioni (" 'na botta alla vucca dello stomaco"), il commisario Salvo Montalbano cerca di acconsolarsi con "un piatto, enormi, di caponatina".

10 e non più di 10 #11

Sono ridotto a un piede risparmiato dalla bomba.

Tutto ciò che sta sopra il calcagno è deflagrato.

Durante le guerre non manca mai la goliardia irriverente: qualcuno ha avvolto il mio piede in un simulacro di scarpa.

Da questo momento, ho iniziato a vagare tra le macerie.

La suola mi isola dal sangue, dalla bestialità, dalle rovine concimate dal pianto dei bambini.

Senza scarpa, ero comunque contaminato dal massacro.

Ora, tra quel che è rimasto di me e la melma di ossa e fuoco appena sotto, foraggio uno sdegnato senso di estraneità.

"E tu splendi", di Giuseppe Catozzella

Pietro ha quasi dodici anni e vive alla periferia di Milano.

Agli inizi di giugno il papà lo mette, assieme alla sorella Nina, su un pullman diretto alla stazione di Matera. Per poi arrivare ad Arigliana, cinquanta case di pietra e duecento abitanti, che è il paese originario dei genitori dei ragazzi, dove li aspettanno Nononno, Nononna e una pletora di personaggi singolari.

Prima della partenza Pietro, come sempre fa nei momenti importanti, stringe il frammento di foto racchiuso in un sacchettino di stoffa che si porta al collo: la foto è quella della mamma Rosi, che è andata ad abitare in un posto bellissimo in cui prima o poi dovrà raggiungerla.

Ad Arigliana, frattanto, poco è cambiato: tutto continua a girare attorno ai traffici di zi' Rocco, l'unico possidente dopo l'avvelenamento delle campagne di anni addietro che Nononno attribuisce proprio a zi'Rocco.

A seguito di questo evento, tutte le terre dal lato opposto del torrente Olmo, si sono rinsecchite. E tra queste, quelle sterminate della masseria Lucania di Nononno. Ora, una nuova masseria, per una sorte di sfregio anche questa chiamata Lucania, fa affari d'oro, ed è quella che si trova dall'altro lato del torrente Olmo, appartenente a zi' Rocco.

Frattanto Pietro, dopo una puntatina in una vecchia torre abbandonata, scopre la presenza di alcune persone che si riveleranno straniere. Tra questi, spicca la personalità di Josh, ragazzino coetaneo di Pietro, che ben presto si rivela di un'intelligenza e di un coraggio davvero notevoli.

In tutto questo, Arigliana è in fermento. La popolazione si scaglia contro gli stranieri, massimamente quando zi' Rocco, facendo leva sulla manodopera offertagli quasi gratuitamente da queste persone (devono pur poter ripagare l'ospitalità in qualche modo), ne approfitta per diminuire ancora di più la paga ai braccianti della sua terra. Eppure, quando tutto sembra precipitare, sarà dapprima Josh con il salvataggio di un bambino finito nelle grinfie della Menzasignor (il fantasma di un brandello di donna che furoreggia per il palazzo avito) e, di poi, soprattutto gli stranieri più grandi con la dritta giusta a Nononno (mettere tutte le terre assieme e dare vita a una nuova masseria, la masseria Rosi) a incarnare la speranza del riscatto.

Ad Arigliana finalmente la rassegnazione sembra magicamente confinata in un passato lontano. Ma il monito che campeggia nella camera dei nonni di Pietro (Cristo non è mai arrivato qui, nè vi è arrivato il tempo, nè la speranza, nè la ragione, nè la storia) dovrebbe insegnare qualcosa: a Ferragosto (un altro ferragosto!), mentre tutto il paese è irrorato dalle luminarie, le terre della Masseria Rosi cominciano a bruciare. Il fuoco non si ferma più. Fagocita tutto, anche l'ultima occasione di un futuro diverso.

La colpa viene addossata al capro espiatorio perfetto per queste occasioni: gli stranieri. Vengono arrestati con l'accusa di aver dato fuoco alle terre della masseria.

Pietro, Nina, Josh, Refè vogliono vederci chiaro. La notte di ferragosto hanno visto qualcuno scendere da una macchina nera e attardarsi nelle campagne. Hanno trovato taniche di benzina sparse in ogni dove. E si sarebbe ancora nel campo del sospetto, se non fosse per il piccolo Josh che, incurante della maledizione del palazzo della Menzasignor, viola il simulacro delle paure dei ragazzini, e scopre la verità: di nuovo zi' Rocco al centro delle malefatte, come tanti anni addietro, con la complicità di un insospettabile.

Chi l'ha detto che si diventa grandi gradualmente? L'infanzia di Pietro finisce adesso, nella presa d'atto che nessuno vuole e può fare giustizia.

Dopo la morte di zi' Salvatore che non ce l'ha fatta a rivedere i suoi nipoti americani, la partenza di Josh verso un futuro più giusto, la condanna irredimibile alle fatiche della terra di Refe', Pietro ritrova finalmente il moncherino di foto mancante.

La frase che adesso si completa, quella scritta anni addietro dalla grafia della mamma morta (ora Pietro lo sa che mamma Rosi non tornerà più, e lo può accettare) è: "Ti insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece".