Si ritorna lì dove tutto ebbe inizio: Styles Court.
Come nella prima indagine di Hercule Poirot, anche stavolta, tra le mura di Styles Court (ora diventata una pensione gestita dai coniugi Luttrell), aleggia un'aria sinistra.
Una lettera arriva al capitano Hastings. Il mittente è Poirot che lo invita a recarsi proprio lì, nella pensione incriminata. Mai come adesso, infatti, il celebre investigatore ha bisogno del suo aiuto. La verità è che a causa delle sue disperate condizioni di salute (artrite invalidante, cuore malandato), Poirot è costretto a dipendere totalmente da Curtiss, il nuovo cameriere personale.
Due domande: Poirot è davvero impossibilitato a reggersi in piedi? Perchè, proprio nel momento in cui avrebbe avuto bisogno del suo fidato cameriere di una vita, George, dà il benservito a quest'ultimo e si avvale dell'aiuto del meno acuto Curtiss?
Non appena il capitano Hastings giunge a Styles Court, Poirot gli racconta ben cinque casi, apparentemente risolti brillantemente dalle forze dell'ordine, in cui però niente appare come sembra: il vero assassino, unico per tutte le cinque vicende delittuose, non è mai stato acciuffato. Ma c'è di più: tra le cinque vittime non sembra esserci alcun legame apparente.
Ora, si dà il caso che il deus ex machina di quei cinque omicidi è proprio lì, ospite di Styles Court. E Poirot vuole coinvolgere il fido Hastings nella risoluzione di quest'ennesimo, apparentemente irrisolvibile caso.
È l'ultima occasione per l'investigatore belga di minare dalle fondamenta il dogma del delitto perfetto.
Piccolo particolare: nella pensione alloggia anche Judith, la figlia di Hastings.
Avrà un ruolo in questa storia?
Tra un ferimento dovuto alla distrazione di un tiratore comunque esperto, la morte di un'ipocondriaca causata dalla terribile fisostigmina e un tentato omicidio addirittura perpetrato da Hastings (omicidio, manco a dirlo, sventato indirettamente da Poirot), i nodi vengono al pettine.
Eppure, affinchè cali il sipario sull'intera vicenda e omicida e moventi vengano finalmente scoperti, c'è bisogno che il nostro Poirot consumi anche l'ultima stilla di vita.
Viene così trovato morto, ma non ucciso da qualcuno come pure teme l'affranto Hastings (adesso sì, rimasto davvero solo al mondo, dopo la morte recente di sua moglie) ma stroncato da cause naturali. Non prima però, malgrado la sua storia è lì a testimoniare un'aberrazione totale verso qualunque intento omicida, di essersi trasformato, sì proprio lui, in un angelo vendicatore.
Non per rabbia nè per passione.
Il movente è piuttosto da ricercare nell'assoluta dedizione alla giustizia che non tollera altri sacrifici di vittime innocenti.
Il foro di proiettile al centro esatto della fronte del colpevole (oh, l'amore per le giuste proporzioni di Poirot!) è l'ultimo, impareggiabile regalo che le celluline grigie più famose della letteratura lasciano al Lettore.
Lunga vita, Hercule Poirot!