È uno sfogo di cui mi pentirò tra
un minuto. E sì perché io sono un “Avvocato con la Cravatta” e agli “Avvocati
con la Cravatta” non è consentito lamentarsi. Già, la cravatta!
Come se questo accessorio fosse la
prova inoppugnabile della raggiunta agiatezza.
In uno dei film cult di Luciano De
Crescenzo "Così parlò Bellavista", nel celeberrimo sketch "la
mezz'ora", il fratello saggio rimprovera il più piccolo, un affranto Cannavale,
di aver dilapidato tutte le proprietà che i genitori gli hanno lasciato. Il tutto,
anche in nome della 124 spider che, a detta dello scapestrato rampollo,
non gli consente di abbassarsi a lavorare da fattorino, "manco - e questo
è il commento caustico del fratello "inserito"- se la
centoventiquattro spider fosse un titolo di studio!". Già, il titolo di
studio!
Mi sono laureato in Giurisprudenza.
Non mi piaceva molto. Avrei voluto fare lettere classiche o, per converso,
avendo già qualche anno di pianoforte (rectius
pianola, "perché il pianoforte costa troppo e non abbiamo spazio") alle
spalle, avrei voluto diplomarmi al conservatorio. Ma si sa, di latino e greco
così come di virtuosismi acustici, non si mangia.
“Con Giurisprudenza, male che vada, troverò
il placido posto in banca che mi permetterà di condurre una vita normale",
ovverosia di raggiungere l' aurea
mediocritas a cui ho sempre aspirato.
E quindi, sotto con gli esami. C'ho
messo, per una serie di motivi, troppo tempo per laurearmi; questa è la mia
colpa, lo so, sebbene abbia, nel frattempo, prestato il servizio militare, lavorato
part-time all'università stessa, etc., etc..
Forse, però, il vero fattore di
rallentamento è stato studiare qualcosa che non mi entusiasmava mentre
continuavo a divorare libri (di narrativa) su libri, la mia vera passione.
Fiat laurea! Mi
sottopongo, zittendo la mia dignità "comunista" che
qualche "maestro" (!) o dominus
(!!) mi (ciononostante) rinfacciava, alla schiavitù del praticantato.
In due anni, ho cambiato due
avvocati…alla ricerca della libertà? Macché, cercando di sottomettermi a un
titolare di studio appena meno schiavista del precedente.
Poi il giuramento e l'esame di
avvocato. Eh, qui sono stato proprio bravo. Bravissimo. Eccelso...nel copiare
con stile, nell'inserire qualche perifrasi latina ad hoc, nel far fruttare la mia ossessione per la punteggiatura.
Così si supera, addirittura in prima
battuta, l’esame di avvocato.
Con il titolo in tasca, finalmente
l’emancipazione. Mi si aprivano davanti agli occhi le sterminate praterie della
dignità da lavoro. Già, la dignità da lavoro!
Una collaborazione con un avvocato
che pagava benissimo. Seicento euro al mese per circa 120 km alla mattina (se
andava bene), con la mia punto bianca di 10 e passa anni, per le udienze nei
fori più sperduti della Provincia di Salerno. Alle 15, poi, ripresa dell’auto
per la stazione bus di Salerno; pullman per Napoli; metropolitana per lo studio legale. Finalmente,
l’arrivo in loco.
Prima cosa, spegnere il cell.,
perché non si poteva sottrarre tempo alla produzione (da fabbrica cinese) delle
comparse e atti vari che occorreva garantire. Infine, dopo una claustrofobica
giornata, si aspettava la metropolitana, si riprendeva il pullman per Salerno,
ci si rimetteva in macchina e si arrivava, per le 22-22 e 30, a casa.
Vitaccia, ok, ma dopo poco più di
cinque mesi sono riuscito ad arrivare, tra lo stupore di molti miei colleghi
che non ammetterebbero mai, dall’alto delle loro Cravatte, che non svolgono
altro lavoro che “fare le vasche” per il corso con la paghetta di papà, ad
arrivare a 1000,00 euro al mese.
Nel frattempo la gloriosa Punto,
dopo aver ingollato, negli ultimi cinque mesi di vita, più chilometri che da
quando è stata fabbricata, mi ha lasciato a piedi. A nulla è valso il rimedio,
altre volte salvifico, della bottiglietta d’acqua da versare nello sfinito
radiatore ogni 50/60 km. E allora, che fare?
Compro la fatidica macchina. A 300
euro al mese per 5 anni. ‘Na cazzata,
d’accordo, ma tanto ne guadagnavo 1000 e avevo capito che solo di mia volontà
sarei potuto uscire da quella fabbri…pardon….da quello studio.
E poi, la colpa imperdonabile. La
seconda, nell’ordine:dopo un mese di ricerche su “Subito.it”, compro un
pianoforte. Di terza mano. Riverniciato e rimarcato.
Finisce il lavoro. Non si sa come,
non si sa perché.
Grazie all’aiuto della mia famiglia,
apro uno studio legale in un locale fittato
Nel frattempo, scrivo un libro di
narrativa che riesce anche ad avere qualche successo, solo di pubblico,
ovviamente, perché le case editrici importanti sono in tutt’altre faccende
affaccendate (pubblicare l’ennesimo libro di ricette della starlette di turno o
le memorie dell’ultimo politico che si ritira, novello Cincinnato, a vita
privata dopo l’ennesima mazzetta intascata).
Lavoro tanto, guadagno pressocchè
nullo. Ma…bisogna farsi conoscere, bisogna fare la gavetta.
Dopo tre anni da “Avvocato con la
Cravatta”, ho lasciato versamenti IVA arretrati, bolli auto che non ce l’ho
fatta a pagare. Adesso c’ho l’iscrizione alla Cassa che non pagherò. Già, anche
la cassa!
Eppure sono cresciuto con la
convinzione che le tasse debbano sempre e comunque essere pagate. Quando, però,
si è costretti, dopo aver tagliato su tutto (sabati in comitiva perché l’uscita
in gruppo costa troppo, acquisto degli agognati libri, partitella a calcetto
settimanale “perché 5 euro sono pur sempre 5 euro”!) a scegliere se sopravvivere
o pagare le tasse…fate un po’ Voi!
Proprio adesso ho finito di scrivere
una lettera su una materia alquanto complessa che mi è costata 2 ore di ricerca.
Ho chiesto 60 euro e me ne sono stati dati 30 da un tizio che, con la stessa
somma datami, non ce l’avrebbe fatta manco a tagliarsi i capelli dal suo
coiffeur dei personaggi da sabato sera
La dignità mi ruggisce nell’animo.
Dovrei mandarlo a fanculo. Cazzo, la stima di me stesso m’impone di
schiaffargliele in faccia, ‘ste sfaccimme di 30 euro.
Un pensiero estemporaneo mi
attraversa il cervello: la pizza con la mia bella, che “avanza” ancora due
regali, per onomastico e compleanno, e che già sa, dall’alto della sua sconfinata
comprensione, che non riceverà mai.
“Vabbuò, ringrazio il dottore,
e…accetto!”. A proposito, ho partecipato, io comunista allergico alla
televisione, anche alle selezioni di “Affari Tuoi”….hai visto mai?
E dopo il fatal gesto
dell’appropriazione di 30 in luogo di 60, un pezzo della mia dignità, l’ennesimo,
mi rimprovererà per la prossima nottata insonne. Già, la dignità!
Che dignità può avere uno che è
condannato per il titolo ad essere benestante, ma che fa 1 km in più a piedi
per trovare ancora, in quel bar all’angolo, il caffè a 60 centesimi?
Lo so che sarò scomunicato da tutta
la genia degli “Avvocati con la Cravatta”.
Ma non ho più nulla da perdere. Non
un presente né, e mi auguro fortemente di sbagliare, un futuro.
Sono rimasto da solo, con un
pianoforte scordato, un’auto da pagare, un libro pubblicato e uno da
pubblicare.
Mi dimetto, mio malgrado,dalla
categoria degli “Avvocati con la Cravatta” perché solo adesso, grazie agli
affetti che mi ritrovo e al mio io più vero, mi accorgo che la cravatta, per
davvero, non l’ho mai portata.
P.S. Ho 37 anni appena compiuti
ma…non Vi azzardate minimamente a considerami giovane. Dietro l’apparente
lusinga della gioventù infatti, si cela l’alibi e/o la giustificazione (a
seconda dei punti di vista) del nostro destino di fallimenti. Voglio essere
quello che sono. Un uomo di 37 anni che appena dieci anni fa avrebbe avuto un
lavoro a prescindere dalla Cravatta, una famiglia tutta sua e un pianoforte
finalmente accordato. E, chissà, un libro una volta per tutte pubblicato dalla
Feltrinelli.
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