venerdì 19 febbraio 2016

Porto di Salerno:l'insostenibile leggerezza dell'accorpamento

 

Porto di Salerno: sto aspettando il mio uomo al Bar Dogana

Come, infatti, nell’antichità i Fenici si orientavano in mare, di notte, grazie all’Orsa Minore, allo stesso modo io, per raccapezzarmi nel microcosmo portuale, ho bisogno di un contatto: nella fattispecie, dell’ottimo Massimo Grimaldi, responsabile Yard e Gates del porto di Salerno.

Arriva trafelato, sempre inseguito dalle voci gracchianti della radio in dotazione.

Una stretta di mano, un caffè e via.

Giusto il tempo di circumnavigare il “Giù le mani dal porto di Salerno” e il “A difesa della nostra città” dei rimorchi blu e arancio testimoni della protesta, che arriviamo all’ingresso.

Il porto spalanca le sue fauci e m’inghiottisce con il suo caravanserraglio di sensazioni.

Sembra di essere all’interno dell’Etna, nella fucina di Efesto. I lavoratori, i container, le gru, le stive delle navi, tutto insomma, è ostaggio di un’ordinata alacrità.

Voglio conferme alle mie impressioni. Il mio cicerone mi accompagna dal responsabile pianificazione dello Yard, dr. Giuseppe Gallozzi.

Dalle parole giovani e competenti del mio interlocutore, oltreché dai documenti mostratimi apprendo, tra l’altro e in aggiunta a quanto letto in questi giorni, che:

  • l’Autorità portuale di Salerno, a differenza di quella di Napoli, spende fino all’ultimo centesimo dei Fondi europei;
  • il porto di Salerno è, per ordine d’importanza, la prima risorsa economica della città;
  • nel 2016, il tempo d’attesa per l’imbarco è sceso a max 2 ore dato, quest’ultimo, coerente con la politica di efficienza da sempre perseguita dall’Autorità;
  • recentissimamente si è provveduto ad alcuni ammodernamenti relativi alle banchine (le più vecchie, adesso, sono del 2011), ai fondali, all’imboccatura.
  • il porto di Salerno si aprirà ancora di più, a partire da marzo 2016, ai mercati di India, Sud Africa e di altre realtà economicamente vivaci;
  • con l’accorpamento del porto di Salerno a quello di Napoli, alcuni dipendenti diretti dell’Autorità, a oggi stimabili in circa 2000 unità, potrebbero rischiare il posto di lavoro.

Via via che ascolto le parole del dr. Gallozzi e leggo i documenti a supporto della narrazione, mi faccio persuaso di quanto sia insensato quest’accorpamento del porto di Salerno con quello di Napoli. E ciò, beninteso, non in nome di una gretta questione di campanile quanto, piuttosto, sulla scorta di una banale considerazione: Salerno e Napoli, pur geograficamente assai vicine, hanno dinamiche di sviluppo, strategie imprenditoriali e know-how del tutto diversi e, ciononostante, perfettamente compatibili. A patto, però, che si mantenga la doppia voce Salerno-Napoli, per parlare più forte e, all’occorrenza, anche di più il linguaggio già fin troppo vilipeso della nostra terra. Proprio per questo, e anche per altro, è necessario mantenere in vita l’Autorità portuale di Salerno accanto a quella di Napoli.

Trovata conferma alle mie prime impressioni, saluto il dr. Gallozzi e ritorno da Massimo Grimaldi. Dopo avermi fatto un cenno d’intesa, la mia guida si sente in dovere di regalarmi, compatibilmente con il suo tempo che è sempre gravido di impegni, una fugace visita all’Area Usmaf deputata, mi spiega solerte, all’ispezione dei container in entrata e in uscita (<Nessun porto – mi dice con lo sguardo orgoglioso – ha un’area Usmaf attrezzata come la nostra  e in cui si fa un controllo così approfondito dei prodotti dell’import e dell’export.>).

La radiolina riprende a invocare l’attenzione del mio accompagnatore. Risponde qualcosa al collega dall’altra parte del microfono. Mi fa segno che la visita è finita. Si ferma all’improvviso, però. Come indispettito per aver finanche pensato di soprassedere al suo proposito mi invita, ancora e per ultima cosa, a entrare nella pancia di una nave: <Un minuto solo – e una volta lì -Adesso chiudi gli occhi – mi fa – e ascolta.>

Mi basta proprio un minuto per capire quello che mi vuole far sentire Massimo Grimaldi. In questa stiva, per un minuto solo, ho ascoltato l’indispensabilità del porto di Salerno.

Ci salutiamo. Sono ormai fuori dall’organismo ospitante. Tempo di completare la manovra di retromarcia che il telefono squilla:<Vince’, so’ Massimo. Te ne sei salito per il viadotto Gatto, sì? Ma ci pensi alla nostra crescita, nonostante già adesso siamo il sesto porto d’Italia, con l’apertura delle gallerie Salerno Porta Ovest?>

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