In questo giorno appiccicoso di caucciù, di quelli a cui cerchi di scampare con il refrigerio della collina, sono venuto qui, a Capitignano.
È appena passato ferragosto. In attesa di riprendere il lavoro mai
del tutto abbandonato, vago di ombra in ombra lungo la suggestiva piazza
Giovanni Paolo II.
Mentre il retrogusto del caffè sorseggiato al bar “Nuovo Millennio” interroga l’amigdala sull’ultima volta in cui sono venuto a Capitignano, da un malchiuso portone, eccola la scritta tentatrice più delle settantadue vergini del Corano: Biblioteca Comunale “Jack Frusciante.”
Mi affaccio sulla soglia. Al vedere tutti questi libri che se ne
stanno impettiti, tronfi della loro indispensabilità, negli scaffali che
tappezzano la sala, ho un attimo di esitazione.
Così, per evitare di sborsare le cinquanta lire al gelataio di Totò sceicco che poi si rivelerà un fottuto miraggio, mi do un generoso pizzicotto sul braccio.
Pericolo scampato: nonostante la controra e gli strascichi del chiuso per ferie, la biblioteca è proprio aperta e operativa.
Mi accoglie un sorriso incastonato in una faccia ispirata, di quelle che ha conosciuto il fuoco della passione.
Eccolo qui, il Sig. Giuseppe Melchiorre, gestore di questa biblioteca comunale “che vanta più di cinquemila titoli.”
“Badate bene, questi libri non sono stati sempre qui.” – ci tiene a precisare con cipiglio storico il Sig. Melchiorre –
“Prima erano conservati in un sottoscala della sede comunale. Poi,
negli anni 2014 e 2015, finalmente il trasferimento qui, in questa sala
adiacente al circolo ricreativo.”
Grato alla lungimirante amministrazione comunale dell’epoca per aver salvato questo patrimonio dalla rodente critica dei topi, mi perdo a dare un’occhiata ai dorsi dei volumi ospitati nella biblioteca.
Narrativa, Letteratura Classica, Gialli, Thriller, Storia, Storia locale, Saggi…
“E questa biblioteca è in continua crescita.” – avverte con la stessa soddisfazione di quando, lui teatrante de I Senza Creanza, deve ragguagliare l’interlocutore sulle decine di personaggi messi in scena – “Oltre alle tante donazioni di libri dai privati, puntualmente il Comune di Capitignano, dietro mia segnalazione che cerca di intercettare i gusti dei lettori, provvede ad acquistare nuovi volumi.”
Sto per fargli la domanda dalle cento pistole, quella che se risposta
in un certo modo, potrebbe sterilizzare del tutto questa promessa di
riscatto per Capitignano e per i paesi vicini. Quando si parla di libri e
cultura, infatti, il rischio di una vetrina messa lì solo per lavare la
coscienza di qualche amministratore locale, è sempre dietro l’angolo.
Il perspicace Giuseppe interpreta correttamente il su e giù timoroso del mio pomo d’adamo.
“Dalle otto alle venti in cui è aperta questa biblioteca,” – mi guarda con l’occhio rassicurante – “le persone vengono. Certo,” – una leggera patina subito scacciata via gli vela lo sguardo –
“non quante ce ne sarebbe bisogno per far andar meglio questo mondo
impazzito, ma i lettori qui, alla biblioteca “Jack Frusciante”, non
mancano mai. E poi la soddisfazione più grande, è che il maggior numero
dei fruitori di questa biblioteca, è rappresentato dai ragazzi dai quindici ai venti anni.”
L’incontro è finito. Dopo essermi attardato a dare un’ultima occhiata alla sala: “Aspettate un momento, avvocato ” – rimpingua così il mio ritardo che m’imporrebbe già di tornare a Salerno, Giuseppe.
Dopo un minuto, eccolo riapparire come un folletto partorito dalle pagine di un libro.
Con la stessa sacralità con cui, nella notte dei tempi, il magio Melchiorre offriva il pomo contenente l’oro per il Bambin Gesù, il nostro Melchiorre mi porge un libro, questa volta quello che lui sta leggendo.
“Non si può fare il gestore di una biblioteca senza amare i libri. La passione, innanzitutto la passione, avvocato.”
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