La prima volta, è successo ventitré anni fa.
Era il tempo in cui avrei dovuto avere un rapporto quindicinale con il mio oculista. Ma si sa come vanno certe cose quando ci si inumidisce l'indice con la saliva e lo si struscia sui peli del polpaccio per dimostrare alla bella della scuola che anche noi siamo grandi! Si ha paura, in buona sostanza, di peggiorare una situazione che già di per sé è sminuente.
Insomma, proprio non volevo ammettere che, ancora un volta, le mie lenti già colpevolmente spesse, non riuscivano a focalizzare con nitidezza chi avesse bussato al citofono. E allora, puntualmente, mi ripromettevo di smettere di leggere di notte, alla fioca luce dell'abat-jour; così come di praticare quell'attività forsennata che da più parti veniva considerata deleteria per la vista.
Ora, se al primo proposito riuscivo a tenere fede cercando di recuperare nelle ore di religione, per quanto riguarda il secondo...beh, diciamo che, malgrado l'impegno profuso rafforzato financo dalla convinzione che si trattasse di pratica "sporca" e "infernale", non sono riuscito propriamente a portarlo a termine. D'altronde, provateci voi a silenziare una voce quando l'ugola ha uno sfrenato bisogno di ballare il tuca-tuca!
Comunque stiano le cose, sta di fatto che la mia miopia la iniziai ad apprezzare proprio quel ventotto dicembre di ventitré anni fa.
Una serata di giochi natalizi qualsiasi, almeno nelle premesse e fino a quando non si decise di giocare all'immarcescibile "gioco della bottiglia".
Un giro, tre giri, cinque giri: il collo della bottiglia si ferma a filo della mia sagoma.
L'azione è il baciare.
Le mie labbra ingorde sono già su quelle turgide di Angela che sicuramente avranno il potere di fermare la bottiglia proprio su di lei.
Un giro, tre giri, cinque giri: a volte la morte si sconta vivendo.
Carla è lì ad attendere il responso della sorte beffarda.
Chi è Carla Dell'Oglio? All'epoca (non l'ho più rivista e non posso apprezzarne "gli sviluppi"), un bulldog con il fermacapelli.
I debiti di gioco, però, vanno onorati, costi quel che costi.
Marco, più avvezzo alle pratiche adolescenziali, m'invita, con il sorriso "sfottitore" ancora sulle labbra, a togliermi gli occhiali per baciare meglio.
Ormai incapace di decidere alcunché dopo il ferale responso, seguo il suo consiglio.
Miracolo! Portento!
Vedo i contorni fumosi di Carla prendere a friggere come le patatine nell'olio. E' materia cangiante prona al mio volere.
Felicemente stupito, inizio a lavorare a ritagliare il suo profilo e, con maestria degna di miglior sorte, a divellerlo dai suoi stomachevoli confini e a sostituirlo con quello della celeste Angela.
Un lavoro di mastro d'opira fina.
Il bacio, grazie alla mia immaginifica miopia, è stato, stando ben attento a non aprire gli occhi nel momento in cui infrangevo la copertura delle mie diottrie appannate, il più bello della mia vita.
Ora, a distanza di ventitré anni, divenuto più esigente, quando voglio modificare qualcosa di brutto, mi tolgo gli occhiali e inizio il lavorio di cesello.
Lenti a contatto permettendo, ovviamente.