Sei forestieri, dall'apetto per nulla rassicurante, scendono alla stazione di Bellano. Ad accoglierli, il capostazione Amedeo Musante che si sente subito rispondere "Siamo i meccanici della SACR". E sì perchè, nella cittadina lacustre del 1930, è giunto il momento di installare i telai elettrici al cotonifico: il progresso impone i suoi rituali, e pazienza se un'ottantina di operai si troveranno dall'oggi al domani disoccupati!
A prevedere l'emorragia di posti di lavoro, è lo stesso direttore del cotonificio, ing. Luigi Galimbelli che, forte delle sue convinzioni (c'è chi ha la tessera e chi ha la testa), si vede ridimensionato nelle ambizioni professionali con la direzione del cotonificio in quel di Bellano anzichè in una fabbrica più prestigiosa.
Frattanto il ballo in onore delle nozze del principe Umberto con Maria Josè, è bello e organizzato. Ci ha pensato, manco a dirlo, il segretario ciitadino del Fascio, Aurelio Pasta, che però, al momento di far rispettare quell'ordine assicurato anche al maresciallo Rodinò, si è "trasferito in Val Passera".
Zuffa e botte da orbi che hanno visto sugli scudi cinque dei sei meccanici perchè il sesto, quel tale Landru protagonista del libro, è astemio e se ne sta in disparte. Almeno fino a quando non arriva il suo momento: e allora via alla conquista dell'ingenua Emilia Personnini, segretaria fino a quel momento integerrima dell'ingegnere, ammaliata dal mito dell'Argentina.
Un tipetto, il bel meccanico, a cui raddrizzare le ossa da parte della squadra fascista (e non solo) senz'ombra di dubbio ma...c'è un "ma" che impone calma e ponderazione: quel diavolo di Landru è un attaccante di razza. E all'orizzonte incombe la partita con la coriacea squadra del Dervio.
Contr'ordine, camerati, allora: il Landru diventa una risorsa da coccolare e da mantenere addirittura a spese del partito fino alla disputa dell'epico scontro calcistico . Poi, però, per un motivo o un altro, il macht storico si rinvia, lasciando tutto il tempo al meccanico di far guai. Eppure l'aveva avvertito al Pasta l'Eumeo Pennati, il numero due nel PNF cittadino destinato a soppiantare il segretario in pectore, che quel Landru prima o poi ti s'incula.
Dal canto suo Don Ascani, il prevosto, deve trovare marito all'indifesa Maddalena mentre il maresciallo Rodinò, con il prezioso aiuto dell'ing. Galimbelli, ha da venire a capo di un losco traffico di buoni pasto degli operai del cotonificio che ruoterà, guarda caso, ancora attorno alla figura del gaucho dal nome strano.
La partita sta per disputarsi e il cerchio si stringe attorno a Landru. Il conto della Personnini, nel miraggio dell'Argentina, si assottiglia sempre più e il Pennati, esponente della stirpe dei "caporali" nella celeberrima distinzione di Totò (uomini o caporali), da fervente fascista negli anni in cui conveniva esserlo, si adegua allo spirito dei tempi frattanto mutati con tanto di fazzoletto rosso stretto al collo, a salutare la lapide in memoria di Giacomo Matteotti.
Perchè a lui, come aveva ribadito al suo ex segretario prima di ciullargli il posto, non lo incula nessuno.