Lo studiolo del dottor Spatafora s’affaccia timido proprio
dirimpetto alla finestra della sua cameretta. Ed è proprio da qui che il nostro
Fobìa attende impaziente l’arrivo della Smart grigio chiaro del luminare.
Appena la vede sbucare dal curvone e perdere velocità per
prepararsi al parcheggio, è assalito da uno stato di agitazione improvviso
quanto immotivato.
“Ma come? – si chiede allarmato - Sono cinque
maledettissimi giorni che aspetti questo momento e mo che fai? Ti agiti, t’impaurisci
come un muccusiello che ne ha appena combinato una delle sue?”
Mentre cerca di mortificare con queste parole il
sentimento canaglia, si sorprende a chiedersi se anche Garibaldi, prima dello
sbarco dei Mille o (perché no?) lo stesso Giuda, prima di tradire Gesù, siano
stati preda della sua stessa palpitazione. Sta di fatto comunque che,
agitazione o meno, paura o no, in questo momento ha l’obbligo di rimanere ben
saldo nel suo proposito, costi quel che costi. Pensiero e azione, questo deve
essere il leit-motiv di quella giornata. E visto che di tempo da
dedicare al pensiero ce n’è stato fin troppo, non rimane che agire. Poiché però
è ben consapevole di non esser dotato di un cuor di leone, (d’altra parte, se
uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare) per trovare la forza
necessaria alla sua impresa, dovrà giocare d’anticipo. Proprio così, questa è
la mossa che gli consentirà di dare scacco matto alla sua attuale,
insopportabile, vita di privazioni.
“E allora, forza… dai!”
E si trova, istintivamente, a darsi una sostanziosa manata
sul sedere proprio come faceva da piccolo, prima di mettersi a correre per
scovare i cuginetti nascosti.
Appena vede il dietologo segaligno spuntare davanti al
portone, si precipita in cucina, spalanca il frigo, acchiappa le due armi
contundenti, si getta a rompicollo per le scale.
Sgaiattola dal cancello rimasto aperto.
Guadagna finalmente la strada; con un balzo, l’attraversa.
L’Agitazione e la Paura si squagliano sulle mani.
Si aggrappa al citofono. Suona.
“Chi è?”
“Fabio.”
“Fabio chi?”
C’è poco tempo per rispondere. L’Agitazione e la Paura
continuano a sciogliersi, stavolta però su una mano sola. L’altra gli serve per
aprire il portone.
Aggredisce le scale.
Sa che ha circa cinque minuti di tempo prima che il
mellifluo “s’accomodi” introduca la prima visita.
Guarda l’orologio: ne ha impiegati appena due per arrivare
fin lì.
“Buong…uè, ma dove vai?”
Non c’è tempo per rispondere. Approda alla stanza in fondo
al corridoio, con la domanda della segretaria che lievita sempre di più nel
petto affannato.
Apre e richiude con la gamba la porta sottile dietro di sé.
Allarga le braccia guardando a terra.
Si sforza d’incanalare le parole secondo quell’ordine
ossessivamente studiato da giorni: “Dottor Spatafora… la dieta non la voglio
fare più…- adesso prolunga lo sguardo lungo le scarpe appuntite del luminare,
sguscianti via dalla scrivania filiforme – perché sono tutti mosci quelli che
fanno la dieta…- e, tra una leccata nervosa a quel po’ d’Angoscia pistacchio
che è rimasta integra - …eppoi la verità è che…- e un morso a quell’accenno di
Paura nocciola ancora non squagliata -… mi ci sono affezionato a…- s’aggrappa a
questa pausa, trovando per un attimo il coraggio di salpare da vincitore nella
pupilla acquosa del dietologo -…insomma sì, gli voglio ormai un cuofano di
bene – si afferra la pancia finalmente convinto - a ’sto benedetto bambino.”
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