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Visualizzazione dei post da marzo, 2020

Raccontare per mille e una notte

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Raccontare è un’esigenza insita nell’uomo fin dalla notte dei tempi. Si racconta di tutto, dall’episodio più banale all’esperienza più strutturata. Eppure ci sono dei momenti in cui il narrare, oltre che un bisogno, diventa un modo per esorcizzare la morte. A volte, addirittura una maniera per rinviare l’appuntamento con “l’Eguagliatrice (che) numera le fosse”. Già, proprio come succede in questi tempi grami da Coronavirus : quando l’eccezionalità degli eventi travolge la nostra routine, infatti, il racconto è lì che pretende attenzione. E lo fa perché in grado di allontanare il pericolo o, pur non potendo garantire la salvezza (“raccontare, raccontare, finché non muore più nessuno” scrive Elias Canetti ), di rimandarne l’epifania. Ne “ Le Mille e una notte ” un re, tradito dalla moglie prontamente decapitata, pretende che ogni notte gli venga offerta una vergine da violentare e poi uccidere. La figlia del visir Shahrazad , ultima fanciulla rimasta da sacrificare, escogita u...

Elogio della matita

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Checché se ne dica, io sono la matita . Sono europeista fin dalla nascita. Gli inglesi, infatti, scoprirono il mio cuore di grafite . Due italiani, Simonio e Lyndiana Bernacotti , ebbero l’intuizione di inserirlo in un cilindro di legno. Infine un inventore francese, nel Settecento, iniziò la mia produzione in serie. Sono tollerante per natura. Rifuggo dalle certezze granitiche dell’ inchiostro inchiavardato nel rigo, posto lì a imperitura memoria. Tra i punti esclamativi e quelli interrogativi di decrescenziana memoria, scelgo senza battere ciglio questi ultimi.   Mi sbaglio, mi correggo, per poi sbagliarmi di nuovo. E anche nella correzione , ebbene sì, ci vado di fioretto. Pavidità? Macché: semplicemente esperienza che mi invita a essere cauta. A che scopo, infatti, scrivere in maniera indelebile qualcosa quando, il più delle volte, quello che è giusto oggi diventa sbagliato domani, e viceversa? Io lascio sempre la possibilità di ritornare sui propri passi. E ...

Sono io il Covid-19

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Mi cercavate, sono qui. Sono io il Covid-19 . Ma sono stato anche la peste nera, la spagnola, l’asiatica, l’influenza di Hong-Kong, la pandemica H1N1. Sono la cattiva coscienza dell’uomo, il grumo nero che ne ammorba le frattaglie, la filigrana che si dispone a cappio alla giugulare dell’umanità. Sono il profitto che pianta il vessillo sul sangue dell’ultimo, l’isola pedonale che vomita piastrine plastificate da discount, il superfluo che dissecca la vena del necessario. Sono l’imprevedibile che interseca le parallele, l’imponderabile che confonde i torti e le ragioni, l’onnipresente che moltiplica laddove la medicina sottrae. Sono generato e non creato, della sostanza dei vostri antibiotici , dei vostri “dovremmo”, dei vostri “ma c’è prima…”. E sì perché c’è sempre un “conveniente” prima di un “giusto”, un interesse prima di un obbligo, un cornicione prima del salto nel vuoto. Sono nel vostro disgusto al solo scorgere un muso giallo mangiapipistrelli. Sono nelle vostre 1...

Piccolo spazio, pubblicità

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« Piccolo spazio pubblicità » è l’intro dell’allusiva « Bollicine » di Vasco Rossi . E proprio il Blasco, dopo aver permesso che le sue « Senza parole » prima, e « Rewind » poi, facessero da colonna sonora allo spot dell’auto del momento targata Fiat, avrà pensato che le canzoni nascono per veicolare sogni e non per pubblicizzare veicoli. E così il cantautore di Zocca non ha più “venduto” alla pubblicità le sue melodie. Gesto, questo del Komandante, sicuramente non scontato, visto che al fascino (soprattutto economico) della réclame hanno ceduto un po’ tutti i cantanti, sia stranieri (i Rolling Stones, Madonna, Bob Dylan, etc.) sia nostrani (tra gli altri, Zucchero, Lucio Dalla, Claudio Baglioni, Giorgia, Ennio Morricone, Ligabue). Eppure, forse per non dipingere in maniera troppo edificante chi ha fatto di tutto per non volerlo essere nella vita così come nella musica, mi piace pensare altro in ordine al ripensamento della rockstar italiana sulla pubblicità. Mi stuzzica, ci...

Melissa e Vinicio

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Non c’è un modo giusto di reagire alle disgrazie. Ancora di più quando il dolore che ci colpisce trancia di netto le nervature della nostra umanità. Eppure ci sono delle persone che trasudano dignità pure nella disperazione più cupa. Questa riflessione l’ho maturata appena dopo la morte di Melissa . Avrei voluto scrivere di lei subito, sull’onda della commozione per la sua tragica fine. Poi, però, mi sono detto: «Non puoi parlare di Melissa. Non l’hai mai conosciuta.» Ho desistito quindi, ma una parte della mia mente è rimasta vigile sulla vicenda, come se avessi un inspiegabile debito nei confronti della giovane salernitana. Ho letto gli articoli sui giornali. Ho seguito i post degli amici colmi di rabbia e disperazione. Ho assistito al cordoglio di una città afflitta per l’assurda morte di Melissa. A un certo punto, del tutto involontariamente, ho iniziato a focalizzare la mia attenzione sul padre della ragazza. Premetto: conosco Vinicio da molto tempo. Abbiamo gioca...