4 e 15, 4 e 17
massimo. Anche stanotte. Così è, «né cangia stile.»
C’avevo
provato a sottopormi alla tortura cinese del «Porta a porta» con Salvini.
Eppure, nonostante avessi collegato ogni neurone agli ondeggiamenti ossequiosi
del Bruno nazionale, malgrado mi fossi predisposto a servirmi di tutte le
scempiaggine del Matteo «ruspante» a mo’ di scarica elettrica, non c’è stato
verso.
A dispetto
dell’ora tarda in cui è finito il programma stanotte, come tutte le notti, mi
sono svegliato alle 4 e 15, minuto più, minuto meno. Ormai non disturbo nemmeno
più la sveglia.
A che serve,
infatti, interrompere la sua fase rem azionando il led rosso, quando già so a
che ora al mio cervello gli piglia lo sghiribizzo di accomodarsi sulla sedia
del regista? Che poi, a dirla tutta, ci starebbe pure che la mente si mettesse
ad analizzare la giornata appena trascorsa e quelle ancora da venire a un
orario preciso, sia pure insolito. Il problema è un altro: il mio encefalo-regista,
avendo una predilezione per il genere horror-apocalittico-distopico, prende
spunto dai pensieri, dalle paure di quel cristiano che vorrebbe starsene a
russare pancia in su beatamente, e ne crea proiezioni…ovviamente inquietanti.
Morale della
favola, occhi sgranati manco avessero visto l’arcangelo Gabriele
dell’Annunciazione, e via a un codazzo di pensieri tutti intruppati nel
pessimismo cosmico: e il collega che ti tira fuori dal cilindro il cavillo che
non solo ti fa perdere la causa, ma che ti fa appioppare anche la condanna alla
spese, con conseguente sputtanamento da parte del cliente; e quel leggero
bruciore di stomaco che sarebbe naturale conseguenza delle melenzane sott’olio a
mezzanotte, ma che si trasforma in un incurabile tumore attecchito lungo le sue
pareti come cozza sullo scoglio; e il block notes finito sotto le grinfie di un
emulo di Snowden che estrapolerà da qualche appunto il pin pronto ad aprirgli i
forzieri del vitale, salvifico centinaio di euro; e quella tenue crepa che,
come d’incanto, si estende a tutta la casa, sgretolandone le pareti e facendoti
trovare, nudo come un verme, in mezzo alla strada terremotata dell’Ottanta; e
l’editore che, dopo aver letto il tuo manoscritto e aver deciso di pubblicarlo,
non solo si tira indietro, ma ti spiattella che uno scrittore scialbo come te
non l’ha mai incontrato.
Mi fermo
qui, ma potrei benissimo continuare.
Più tardi,
poi, mi riaddormento e faccio sogni normali, almeno fino alle 4 e 15, minuto
più, minuto meno, della notte successiva.
Quando in un
futuro lontano, mi deciderò a tirare le cuoia, già so che lo farò alle 4 e 15, 4
e 17 massimo. Poiché, però, mi ricorderò delle preferenze della mente-regista
in ordine al genere prediletto, la ciurlerò nel manico: lascerò il mio
zibaldone di scritti e speranze a quell’erede che il film delle 4 e 15, 4 e 17
massimo, mi indicherà come il meno adatto a riceverlo.
Sarà lui, certamente,
il custode più degno.
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