martedì 22 ottobre 2024

"Dopo le esequie", di Agatha Christie

L'incipit è alquanto consueto: Richard Abernethie, ricco possidente che dopo la morte del figlio Mortimer, erede designato delle sue ricchezze, perde ogni interesse alla vita, spira nel suo letto.

Il notaio Entwhiste, amico di una vita prima che esecutore testamentario delle volontà del defunto, convoca i fratelli e i nipoti nella casa avita.

C'è un testamento da leggere e una pletora di beneficiari della fortuna del vecchio. La situazione è quella classica, e classiche dovrebbero essere le modalità di svolgimento della seduta senonchè, come un fulmine a ciel sereno, arrivano le parole di Cora Lansquenet, sorella del defunto: «Voglio dire che è stato ucciso, non è così?»

Ora si sa, Cora è stata sempre un po' svampita, con l'abitudine di dire quello che pensa anche quando se lo sarebbe tranquillamente potuto risparmiare. La parìa Cora, che ha sposato un pittore inviso alla famiglia ed è diventata pittrice lei stessa però, ha una qualità conosciuta benissimo anche dal notaio: è inopportuna ma spesso quello che dice merita quantomeno attenzione.

Entwhiste, allora, comincia a guardare alla morte del vecchio amico con occhi diversi. E se la singolare Cora c'avesse ancora una volta visto giusto?

C'è un problema: tutti gli eredi, sia quelli di prima generazione che quelli di seconda, si trovano in una situazione finanziaria tale che la morte di Richard Abernethie non può non avvantaggiarli.

Urge l'intervento del nostro Hercule Poirot.

Nel frattempo Cora, a cui pochi giorni prima di morire Abernethie aveva fatto visita, viene uccisa con un'accetta. E come se non bastasse la sua governante, l'impeccabile signorina Gilchrist, per poco non ci lascia le penne per via di una torta all'arsenico che si presume essere arrivata per posta.

Ci sono, infine, suore enigmatiche che appaiono e scompaiono nei momenti cruciali, attori di teatro veri e altri che la cupidigia, o un sogno inseguito da troppo tempo e mai potuto realizzare, rende più realistici del vero.

In tutto questo l'ineffabile Poirot si trova in alto mare: tutti sembrano avere alibi e vite irreprensibili. Ma qualcuno trama nell'ombra, e ciò diventa chiaro soprattutto quando l'acuta vedova Helen, che si è improvvisamente ricordata di un particolare fondamentale, per poco non viene uccisa con un pesante fermacarte.

A Hercule Poirot, del tutto insolitamente privo di appigli su cui modellare le sue brillanti intuizioni, non resta che mettersi in ascolto, convinto com'è che quando si parla, anche il più attento mistificatore, finisce per tradirsi.

A sugello di tutto, c'è un tavolo di malachite con dei fiori in cornice che vengono ricordati integri quando ormai non lo sono più.

Il gioco, a questo punto, è fatto. Partita vinta per Hercule Poirot.

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